Violenza sui sanitari, serve repressione ma anche prevenzione e formazione
di Domenico Della Porta
Dalla Consulta Italiana Interassociativa della Prevenzione (CIIP) arriva un’analisi del fenomeno aggressioni sul posto di lavoro, una riflessione sulle motivazioni che portano ad una reazione così estrema da parte degli utenti/pazienti, nonché l’adozione di eventuali misure di prevenzione degli eventi.
07 GEN - Le aggressioni e violenze sul posto di lavoro non interessano solo il comparto Sanità e Servizi Sociali dove sono stati registrati nel quinquennio 2013-2017 ben 7.765 infortuni, ma anche altri settori lavorativi tra cui trasporti, attività commerciali, istruzione e ricerca, pulizia e nettezza urbana, ecc., dove nel medesimo periodo sono stati riconosciuti (dati INAIL) 22.251 casi.
Ecco perché la Consulta Italiana Interassociativa della Prevenzione (CIIP), ha inviato nella seconda decade di dicembre scorso una dettagliata nota con allegata relazione ai Ministri della Salute, del Lavoro, alla Conferenza Stato-Regioni e ai Sindacati maggiormente rappresentativi, in cui viene fatta una attenta analisi del fenomeno aggressioni sul posto di lavoro, una riflessione sulle motivazioni che portano ad una reazione così estrema da parte degli utenti/pazienti, nonché l’adozione di eventuali misure di prevenzione degli eventi.
Il problema delle aggressioni riguarda principalmente il settore della sanità, che comprende le strutture ospedaliere ma anche le altre strutture sanitarie, le strutture socio assistenziali, le attività di assistenza domiciliare e tutti i servizi di prevenzione (igiene pubblica, igiene e sicurezza alimentare, salute e sicurezza del lavoro, veterinaria), ha precisato
Susanna Cantoni, presidente della CIIP. E’ necessario istituire un osservatorio nazionale degli eventi, non limitati agli infortuni denunciati da INAIL, ha precisato la Cantoni, ma questo non può che essere l’aggregazione degli osservatori territoriali; occorre quindi incentivare la raccolta dei dati in tutte le realtà lavorative in cui più frequentemente si verificano episodi di aggressioni, che devono inserire questo tema nelle loro valutazioni dei rischi in materia di salute e sicurezza del lavoro (DLgs 81/08). Le misure per il contrasto a questo fenomeno devono sì comprendere azioni di repressione, ha aggiunto, quali quelle previste dal DL in discussione al Parlamento, ma devono essere indirizzate anche alla prevenzione e alla limitazione dei danni, devono quindi riguardare l’organizzazione del lavoro, gli aspetti strutturali dei luoghi di lavoro, la formazione del personale, l’assistenza post traumatica; devono inoltre essere accompagnate da campagne di comunicazione attraverso strumenti diversi.
Ovviamente gli episodi di violenza hanno un effetto negativo sull’organizzazione del lavoro (assenteismo, insoddisfazione e riduzione dell’impegno lavorativo), sulla salute fisica e mentale degli operatori, la qualità dell’assistenza e del lavoro in generale in molti settori chiave (scuola, assistenza sociale…). Anche il recente Documento europeo ESENER 2019 evidenzia la violenza sul lavoro come rischio emergente. Da tempo vi è un Disegno di Legge Governativo su questo tema, il Ministero della Salute ha allertato le Regioni, è stato istituito un Osservatorio istituzionale a marzo 2018, molte Regioni hanno organizzato iniziative: seminari, corsi delle Aziende Sanitarie, linee Guida e protocolli (Lombardia, Toscana, Veneto, Lazio, Sicilia…) iniziative a dimostrazione di una attenzione crescente. La bozza di Piano Nazionale Prevenzione 2020-2025, in fase di elaborazione, ne parla anche se in modo attualmente non adeguato. Ad importante premessa va ricordata la lungimirante attenzione che il Ministero della Salute poneva già nel 2007 (in un periodo tra i due D.Lgs. 626/94 e 81/2008). Alcuni elementi di riflessione Il problema non riguarda solo il mondo sanitario ma in generale i mondi del lavoro a contatto con utenti: sanità, scuola, servizi sociali, trasporti, lavori di cura, lavori di sportello, operatori delle carceri, servizi di vigilanza, 118, etc.
Il tema viene affrontato in modo un po’ affannato, precisano alla CIIP: ci sono state carenze delle Valutazioni del rischio (VdR) generali o almeno nell’occasione della VDR su stress Lavoro Correlato; se si fosse tenuto conto dell’esistenza del rischio di aggressioni e violenze, non solo quello da rapina in Banca, che da tempo è stato affrontato; se vi fosse stata una adeguata attenzione agli eventi sentinella che emergevano anche nei settori critici di cui sopra ….forse oggi saremmo più avanti nel monitoraggio, nella formazione e nelle soluzioni. Nelle valutazioni dei rischi è per lo più mancato, anche e soprattutto su questo tema, un atteggiamento empatico, l’ascolto dei lavoratori e del loro malessere. Sia nelle valutazioni dei rischi che nella ricerca di soluzioni si è indirizzata l’attenzione soprattutto alla carenza di vigilanza puntando al suo rafforzamento e ad offrire supporto psicologico ex post. La Valutazione dei rischi deve, invece, considerare tutti i fattori sia del contesto che dell’organizzazione del lavoro: carenze di personale e quindi difficoltà/malessere degli utenti (tempi di attesa dell’esame clinico o dell’autobus…), lavoro oggi in solitudine (tipico quello degli assistenti sociali), la inadeguata comunicazione nel rapporto con gli utenti, perdita del significato del lavoro, ,…. sino a “banali “ problemi quali l’illuminazione, la possibilità di segnalazione, il lay-out di alcune postazioni critiche, etc., sono tutti elementi da esaminare ed affrontare.
Tra le soluzioni indicate vengono sottolineate le azioni raccomandate dagli autori cinesi nella review pubblicata sul Journal of Occupational Environmental Medicine includono la mappatura sistematica del rischio, dove si sottolinea l’innalzamento del livello di priorità del rischio di aggressione nelle politiche di prevenzione e l’efficacia delle sanzioni, la revisione degli organici a partire dai servizi più esposti per limitare il ricorso a turni prolungati, la formazione degli operatori e la realizzazione di campagne pubbliche per rappresentare alla popolazione gli effetti negativi delle aggressioni sui servizi sanitari, ma anche nel settore scuola, servizi sociali, trasporti .
Viene poi rivolto l'invito ad INAIL a considerare le azioni per la prevenzione delle aggressioni agli operatori sanitari per un possibile sconto sui premi assicurativi alle aziende sanitarie, migliorando anche il sistema informativo di raccolta degli eventi.
Rimane aperto, infine, il problema di come conoscere, affrontare e prevenire la grande massa di eventi dei quali gli infortuni appena analizzati rappresentano solo la punta dell’iceberg. Sicuramente bisognerebbe istituire e definire procedure standardizzate di segnalazioni interne anche senza denuncia di infortunio. Queste potrebbero essere trattate come segnalazioni di eventi near miss ed essere indagate da specifici osservatori che dovrebbero essere istituiti nelle aziende in cui la valutazione dei rischi ha evidenziato il rischio specifico. Dati che poi dovrebbero confluire nell’Osservatorio nazionale in via di istituzione con l’approvazione dello specifico Disegno di legge attualmente in discussione in Parlamento.
Domenico Della Porta
Presidente Osservatorio Nazionale Malattie Occupazionali e Ambientali – Università di Salerno
Referente Nazionale Federsanità ANCI per l’Igiene, la salute e la sicurezza
07 gennaio 2020
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