Responsabilità medica: nessuna condanna se non c’è la “ragionevole, umana certezza”
La Cassazione (IV sezione penale, sentenza 37767/2019) ricorda come va valutato il nesso causale in tema di responsabilità medica, nel rispetto della regola della ragionevole, umana, certezza e annulla sia in sede penale che civile la sentenza di condanna della Corte di Appello verso un medico. LA SENTENZA.
23 SET - Come valutare il nesso causale tra il danno lamentato da un paziente e il comportamento di un medico: lo spiega la Cassazione (quarta sezione penale) con la sentenza 37767/2019.
Secondo i giudici va seguita la regola di giudizio della ragionevole, umana, certezza e questo principio vale anche se ci si trova nell'ambito della causalità omissiva (il nesso causale che collega una condotta omissiva, di
non facere, con la verificazione di un evento naturalistico).
La sentenza spiega anche le modalità con le quali compiere l’accertamento.
Il fatto
Un medico radiologo è stato accusato di omicidio colposo (art. 589 codice penale) – ed è stata chiesta anche la condanna dell’Asl, in solido tra loro, al risarcimento dei danni in favore delle parti civili - perché, quale radiologo presso l'ospedale dove era stato ricoverato il paziente, incaricato dal medico del pronto soccorso di effettuare la Tac torace-addome per una diagnosi di “ferita da taglio e punta regione base emitoracica anteriore a sx”, per negligenza e imperizia ha effettuato una erronea valutazione dell'esame radiografico in quanto, pur risultando un evidente emopericardio, ha omesso di rilevare la lesione cardiaca e il versamento ematico, condizionando in senso negativo l'ulteriore percorso diagnostico e terapeutico del paziente, che avrebbe dovuto essere sottoposto a intervento cardiochirurgico che gli avrebbe assicurato possibilità di vita, anche se non elevate. Il paziente invece è deceduto per shock cardiogeno, a seguito di lesione della parete ventricolare destra.
Secondo l’accusa se il medico avesse compreso il danno, il paziente avrebbe potuto essere trasportato entro un'ora e mezza in un ospedale specializzato, per affrontare l'intervento che avrebbe impedito l'esito infausto.
La lesione poteva essere riparata con un intervento di apertura del sacco pericardico, il vuotamento del coagulo e il tamponamento della lesione, cucendo e suturando, con probabilità di riuscita nell'ordine del 40/50%.
La giovane età della vittima, le buone condizioni di salute e l'assenza di patologie, aumentavano le probabilità di riuscita dell'intervento, non particolarmente complesso per un medico specialista del settore.
La Corte di Appello, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di primo grado, ha ridotto l'entità della provvisionale, ha rigettato la richiesta di sospensione della sua esecutività e ha confermato la condanna alla pena, sospesa con la condizionale, di un anno e sei mesi di reclusione.
La sentenza
La Cassazione però ha annullato la sentenza senza rinvio ai fini penali perché il reato è estinto per prescrizione e l’ha annullata anche ai fini civili con rinvio al giudice civile competente per valore in grado d'appello.
La Cassazione ha individuato due parametri a cui fare riferimento per valutare il nesso causale di responsabilità medica:
- occorre tenere conto delle informazioni di carattere generale che riguardano il coefficiente probabilistico;
- bisogna valutare le contingenze del caso concreto.
Bisogna adeguare al caso concreto cioè, le informazioni statistiche generalizzanti.
“Nei reati omissivi impropri – spiega la sentenza - la valutazione concernente la riferibilità causale dell'evento lesivo alla condotta omissiva che si attendeva dal soggetto agente, deve avvenire rispetto alla sequenza fenomenologica descritta nel capo d'imputazione, di talché, nelle ipotesi di omicidio o lesioni colpose in campo medico, il ragionamento controfattuale deve essere svolto dal giudice di merito in riferimento alla specifica attività (diagnostica, terapeutica, di vigilanza e salvaguardia dei parametri vitali del paziente o altro) che era specificamente richiesta al sanitario e che si assume idonea, se realizzata, a scongiurare l'evento lesivo, come in concreto verificatosi, con alto grado di credibilità razionale.
Nella fattispecie in esame tale apprezzamento non è stato correttamente compiuto”.
I giudici hanno poi aggiunto che la formula "al di là di ogni ragionevole dubbio" prevede che la condanna possa essere pronunciata solo se "il dato probatorio acquisito lasci fuori soltanto eventualità che, pur astrattamente formulabili e prospettabili come possibili
in rerum natura, siano remote". Cioè quando l'effettiva realizzazione di queste è priva di qualunque riscontro nei fatti che emergono dal processo.
Secondo la Cassazione “la Corte territoriale, nel compiere il necessario giudizio controfattuale, avrebbe dovuto indicare le ragioni tecnico-scientifiche, per le quali aveva ritenuto di elevare la percentuale di riuscita dell'intervento indicata dal consulente”.
“L'apparato argomentativo della sentenza impugnata – si legge ancora - non supera lo scrutinio demandato a questa Corte laddove fa proprie le conclusioni del consulente del pubblico ministero, previa una disamina soltanto sommaria dei rilievi formulati dal consulente tecnici) della difesa, in punto di incidenza causale della ritenuta condotta omissiva rispetto all'evento morte, senza congruamente indicare le ragioni per le quali detti rilievi sono stati disattesi”.
Secondo la Cassazione i giudici di appello non hanno fatto “buon governo della giurisprudenza costante di questa Corte”, secondo la quale il giudice - in virtù del principio del libero convincimento e di insussistenza di una prova legale o di una graduazione delle prove - ha la possibilità di scegliere fra varie tesi, prospettate da differenti periti, di ufficio e consulenti di parte, quella che ritiene condivisibile, “purché dia conto con motivazione accurata e approfondita delle ragioni del suo dissenso o della scelta operata e dimostri di essersi soffermato sulle tesi che ha ritenuto di disattendere e confuti in modo specifico le deduzioni contrarie delle parti”.
In sostanza, per la Cassazione per valutare l’eventuale responsabilità medica in sede di valutazione del nesso causale occorre individuare tutti gli elementi che concernono la causa dell'evento perché "solo la conoscenza, sotto ogni profilo fattuale e scientifico, del momento iniziale e della successiva evoluzione della patologia consente l'analisi della condotta omissiva colposa addebitata al sanitario per effettuare il giudizio controfattuale".
Solo così è possibile verificare se l'evento lesivo lamentato dal paziente sarebbe stato evitato “al di là di ogni ragionevole dubbio”.
23 settembre 2019
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