Carenza medici. Amsi: “Nel 2026 tra pubblico e privato ne mancheranno 100 mila”
Una stima dell’Associazione dei medici stranieri rilancia l’allarme sulla futura carenza di professionisti. Aumentate del 40% le richieste di medici stranieri. Inoltre mancheranno secondo l’analisi sempre entro il 2026 60.000 infermieri e 30.000 fisioterapisti.
24 GIU - “Nel 2026 tra pubblico, privato e convenzionata ne mancheranno 100mila”. La stima è dell’Associazione Medici Stranieri in Italia (Amsi) ed il Movimento internazionale “Uniti per Unire”.
“Si tratta – si legge in una nota - di un fenomeno alquanto preoccupante, dato che si sta sviluppando, contemporaneamente, ad un altro problema abbastanza grave: la sempre più crescente richiesta di medici italiani di trasferirsi all’ estero. Un argomento di ineludibile importanza, dato che entro il 2026 saranno circa 100.000 i medici di cui si avrà bisogno sia nel settore pubblico quanto privato in base alle richieste giunte all’Amsi, il numero delle strutture e le condizioni socio-economiche di ogni regione. Cosi il fabbisogno di ogni regione di medici entro il 2026: Lazio (15.000), il Veneto (10.000), Piemonte (10.000), Lombardia (9.000), Emilia Romagna (8.000), Puglia (7.000), Toscana (4.000), Campania (4.000), Sicilia (4.000), Molise (4.000), Abruzzo (3.000), Liguria (3.000), Umbria (3.000) , Marche (3.000), Calabria (3.000), Friuli Venezia Giulia (3.000), Sardegna (2.000) , Basilicata (2.000), Valle d'Aosta (2.000) e Trentino Alto Adige (1.000). Inoltre mancheranno sempre entro il 2026 60.000 infermieri e 30.000 fisioterapisti”.
Per quanto riguarda la grande mole di richieste pervenute all’ Amsi da parte di strutture sanitarie pubbliche e private ( cliniche, studi medici, poliambulatori, centri di fisioterapia per analisi, località turistiche, guardia medica e per assistenza scolastica e sportiva) di offerte di lavoro per medici stranieri che “ha avuto un incremento del 40 per cento nei primi mesi del 2019 dopo la campagna mediatica nazionale da parte della nostra associazione. Dal 1 gennaio 2018 sono stati, infatti, richiesti all'Amsi 8000 professionisti della sanità: in particolare, 4400 medici, 2800 infermieri e 800 fisioterapisti. Per quanto riguarda i medici, la Regione che ha avanzato le richieste maggiori è il Veneto (500), seguita dal Piemonte (500), Lombardia (450), Puglia (400), Lazio (400), Toscana (300), Campagna (300), Emilia Romagna (350), Sicilia (150), Molise (200), Abruzzo (100), Liguria (100), Trentino Alto Adige (60), Umbria (200), Marche (100), Calabria (70), Basilicata (60), Valle d'Aosta (60), Friuli Venezia Giulia (50) e Sardegna (50). Le specializzazioni maggiormente richieste sono inerenti al campo dell’ Anestesia , Ortopedia, Medicina d'urgenza, Radiologia, Chirurgia, Neonatologia, Ginecologia, Pediatria, Cardiologia, Neurochirurgia, Geriatria , Medicina sportiva, Medici nelle località turistiche ed anche Medici di famiglia”.
“Inoltre – rileva l’Amsi - negli ultimi 5 anni, infatti, vi sono stati fra loro oltre 5000 professionisti che hanno chiesto apertamente di poter lavorare al di fuori dei nostri confini nazionali. Le motivazioni da loro avanzate sono state molto varie: dal fatto di voler acquisire esperienza e pratica nell'ambito chirurgico, da quelle di voler lavorare in ambienti con aspetti culturali e religiosi per loro più affini, sino ad arrivare al desiderio di approfondire il proprio interesse scientifico, in particolare per compiere ricerca nelle branche di ginecologia, pediatria diabetologia, pneumologia, oculistica, dermatologia e malattie infettive”.
Le 5000 richieste sono “arrivate per il 65% da persone molto giovani, per il 25% da pensionati, per il 15% da medici in attività e per il 5% da appartenenti ad associazioni e comunità che si occupano di cooperazione. Le richieste hanno avuto un’impennata del 40% a partire dal primo gennaio del 2018, e sono principalmente giunte da Lombardia, Veneto, Piemonte, Lazio, Puglia, Campania, Emilia Romagna ,Umbria e Sicilia. E’ stato anche possibile stilare un elenco delle mete più desiderate : il 25% verso Paesi europei (Inghilterra, Belgio, Scozia, Germania), 10% Paesi dell'Est (Albania, Romania, Polonia, Ucraina, Russia), il 30% verso Paesi Arabi (Arabia Saudita, Qatar, Giordania, Libano, Tunisia, Egitto, Somalia, Marocco, Palestina, Libia, Sudan, Iraq e Kuwait); il 15%, invece, chiede i Paesi africani ed il Corno d'Africa (Nigeria, Congo, Camerun, Eritrea e Etiopia ), il 10% i Paesi sud America (Ecuador, Brasile, Argentina, Messico, Perù e Colombia), il 5% Cuba e Nord America, mentre il restante 5% desidera trasferirsi nei paesi asiatici ed Israele”.
L’ Amsi ha anche registrato un “incremento del 25% negli ultimi 3 anni, di domande da parte di medici stranieri, già residenti in Italia, che chiedono di poter tornare nei loro paesi di origine, o per i motivi sopra indicati o a causa dell’ impossibilità di poter svolgere concorsi pubblici, perché privi della cittadinanza italiana. Anche le paghe basse sono motivo di malcontento ( a volte è di sole 7 euro l’ora il compenso nella sanità privata). Da questi dati si evince con chiarezza che è necessario ricercare soluzioni urgenti per contrastare la cosiddetta “fuga dei cervelli” che si stima circa 2500 professionisti della sanità italiani lasciano l’Italia per una meta più vantaggiosa, ovvero l’afflusso dei medici e dei professionisti della sanità verso l’estero, in modo da rafforzare il S.S.N. italiano, il quale potrebbe trovarsi , nel giro di poco tempo, ad essere inghiottito dall’annoso problema della carenza di medici, con un conseguente grave danno all’assistenza sanitaria da fornire alla popolazione”.
“Bisogna – analizza l’Associazione - creare le condizioni favorevoli nell’ ambito lavorativo e della ricerca universitaria (urgono 10 mila borse di specializzazione) per portare in controtendenza questi dati, contrastando i bassi salari, lo sfruttamento lavorativo e la dilagante burocrazia che, purtroppo, si espande sempre più nell'ambito dell'esercizio della professione medica, abbreviare il periodo del riconoscimento dei titoli di studio esteri e consentire ai medici stranieri, i quali hanno esercitato la professione in Italia da più di 5 anni e non possiedono la cittadinanza italiana, di poter sostenere concorsi pubblici e stipulare contratti a tempo indeterminato almeno per 5 anni. E’ un passaggio necessario per integrare in pieno gli stessi medici stranieri nel SSN e nella sanità pubblica e per non farli sentire “medici di serie B”. Noi tutti, uniti, ribadiamo il nostro netto no alla “guerra tra poveri” e non accettiamo più metodi di sotto-pagamento , compensi compiuti in ritardo e la discriminazione nell’ambito lavorativo per tutti i professionisti della sanità sia di origine straniera quanto italiana”.
24 giugno 2019
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