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Liste d’attesa. Anaao diffida le Regioni a bloccare intramoenia: “Libera professione è un diritto dei medici e dei dirigenti sanitari”


Il sindacato contro una delle misure previste dal Piano nazionale delle Liste d’attesa che prevede la possibilità per le Regioni di sospendere l'attività intramoenia in caso di liste d'attesa troppo lunghe. “Blocco intramoenia è illegittimo in quanto limita il diritto soggettivo del dirigente medico all’esercizio della libera professione intramuraria al di fuori dei casi e delle condizioni stabiliti dalla legge e dalla contrattazione collettiva, costituendo un illecito contrattuale con conseguente obbligo risarcitorio per i danni patrimoniali subiti dai dirigenti”. LA DIFFIDA

09 MAG - L’Anaao Assomed scende in campo contro il blocco dell’intramoenia, previsto dal Piano nazionale delle Liste d’attesa che ogni regione sta recependo, in caso di superamento del rapporto tra l’attività in libera professione e in istituzionale sulle prestazioni erogate e/o di sforamento dei tempi di attesa massimi individuati dalle disposizioni regionali. E lo fa con una diffida formale firmata dal segretario Carlo Palermo e rivolta ai Presidenti delle Regioni, gli Assessori alla salute e i Direttori Generali delle aziende sanitarie.
 
“Di fronte ai tentativi di scardinare – rileva - questo diritto ad opera di alcune Regioni che, nel dare applicazione al Piano Nazionale per le liste d’attesa, hanno introdotto il potere per le Aziende sanitarie di sospendere unilateralmente l’esercizio della LPI abbiamo diffidato i Presidenti delle Regioni, gli Assessori alla salute e i Direttori Generali delle aziende sanitarie dal sospendere la LPI al di fuori dei casi indicati dalla legge nazionale e dal contratto. In caso contrario l'Associazione metterà in campo tutte le iniziative legali per tutelare i diritti dei colleghi iscritti”.
 
Per l’Anaao le “misure sono da ritenersi illegittime in quanto limitano il diritto soggettivo del dirigente medico all’esercizio della libera professione intramuraria al di fuori dei casi e delle condizioni stabiliti dalla legge e dalla contrattazione collettiva, introducendo arbitrariamente una fattispecie sanzionatoria, quale la sospensione dell’ALPI, non correlata a una specifica condotta colposa del dirigente, ma condizionata da possibili fattori esterni ed eteroimposti al rapporto di lavoro, come ad esempio la carenza di risorse umane per garantire le prestazioni istituzionali, le disfunzioni organizzative nella gestione delle liste d’attesa, la mancata programmazione e pianificazione dei fabbisogni in relazione ai volumi prestazionali richiesti per l’esecuzione delle prestazioni, ecc”.
 
Inoltre per il sindacato “le disposizioni inserite in un atto d’intesa Stato-Regioni costituiscono norme di rango secondario rispetto alla norma primaria di cui essi sono attuazione, per cui le stesse non possono limitare o ledere i diritti soggettivi riconosciuti dalla legge e, nel caso di specie, escludere il diritto all’esercizio della LPI in contrasto con la disciplina dettata dalla fonte superiore” e “per tali ragioni, l’attuazione in concreto delle disposizioni regionali sul blocco della LPI da parte delle singole aziende sanitarie, costituirebbe un illecito contrattuale con conseguente obbligo risarcitorio per i danni patrimoniali subiti dai dirigenti, anche a titolo di perdita di chance”.

09 maggio 2019
© Riproduzione riservata

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