“Contratti e programmazione formazione post laurea dei medici passino sotto l’ombrello del ministero della Salute. Al Governo per ora do la sufficienza ma sulla sanità rischia grosso. Scioperi e proteste a oltranza fino alle europee”. Intervista al leader Anaao, Carlo Palermo
di Luciano Fassari
Il segretario del sindacato della dirigenza medica e sanitaria a tutto campo: dal bilancio del 2018 per il settore e la categoria passando per le sifde sul tappeto per l’anno venturo. “Priorità contratto, formazione e più risorse per il Ssn”. E poi affondo contro il regionalismo differenziato: “Auspico una grande manifestazione a Roma di tutto il mondo sanitario a difesa della unitarietà del Ssn”. Sui primi sei mesi di Governo: “Il tempo è ancora poco per giudicare. Per ora darei una sufficienza in attesa di vedere i provvedimenti principali come il cambio delle politiche sulle assunzioni, contratti (su cui ci vorrebbe più impegno dal Ministro Grillo) e la formazione post laurea”
11 GEN - “Il Governo evidentemente non si rende conto che il contratto è fermo da 10 anni. Solo così si può spiegare la follia del comma 687 della manovra che rimette in discussione l’accordo quadro per la definizione delle aree e dei comparti di contrattazione della dirigenza del Ssn. Quel comma rischia di far slittare ancora qualsiasi ipotesi di chiusura dei nostri contratti. Ma ci rendiamo conto?”.
E’ fuori dalla grazia di Dio il segretario nazionale dell’Anaao Assomed
Carlo Palermo che a sei mesi dalla sua nomina al vertice del sindacato più rappresentativo della dirigenza medica e sanitaria conferma in questa intervista, che sarà pubblicata anche sul prossimo numero di
Dirigenza Medica, un inizio anno molto caldo sul lato della vertenza sindacale della categoria.
Non solo gli scioperi già annunciati a gennaio ma anche proteste e altri scioperi da qui fino alle elezioni europee.
E il fronte non è solo quello strettamente contrattuale. In ballo ci sono questioni dirimenti per il futuro della sanità pubblica a partire dalla nuova spinta verso l’autonomia, compresa quella sanitaria, che Palermo boccia senza alcun dubbio, fino al problema della carenza di specialisti, considerando che da qui al 2025 ne mancheranno 16.500 con il rischio di mandare in tilt ospedali e servizi.
E poi una proposta che farà discutere: “I contratti della sanità dovrebbero passare sotto la responsabilità e il coordinamento del ministero della Salute così come la programmazione della formazione post laurea”.
E infine un giudizio sul governo in carica, anch'esso da sei mesi, come il suo mandato da segretario: “Per ora la sufficienza se la sono guadagnata, ma saranno le prossime mosse a qualificarne l’operato nel nostro settore”.
Dottor Palermo, sono passati sei mesi dalla sua nomina ai vertici dell’Anaao. Un battesimo del fuoco vista la situazione per la professione…
Sì siamo in un momento molto complicato per la categoria: contratto bloccato dal 2010, ruolo professionale svilito nelle aziende sanitarie, oramai perse in una deriva prettamente economicistica, la carenza di specialisti, disagio lavorativo crescente fatto di straordinari senza limiti, turni di lavoro notturni e festivi massacranti, ferie non godute, carriere bloccate, aggressioni fisiche, legali e perfino mediatiche. Insomma, il nostro è diventato un mestiere difficile, faticoso e rischioso e i medici del Ssn incominciano ad abbandonarlo per preferire attività nel privato. Il compito che mi sono prefisso è quello di cercare di renderlo nuovamente attrattivo e per questo come Anaao ci stiamo battendo con forza per il rinnovo del contratto che rappresenta il primo passo per raggiungere l’obiettivo.
Contratto però che, col comma 687 dell’ultima manovra, rischia di diventare una chimera.
Questo inaspettato comma blocca, di fatto, il rinnovo contrattuale per un lasso di tempo che potrebbe essere molto lungo non solo per la dirigenza medica e sanitaria ma anche per quella degli Enti locali. Noi abbiamo chiesto che nell’ambito del Dl Semplificazioni in discussione al Senato questa norma venga abrogata o profondamente modificata perché è politicamente scellerata, irrispettosa delle prerogative sindacali, accettabile, forse, per il contratto futuro ma non per quello in corso.
Ma perché quanto previsto da questo comma della manovra è così negativo? E cosa accadrà se non verrà eliminato?
Come le dicevo, i tempi per i rinnovi si dilaterebbero ulteriormente. Significa rifare completamente l’accordo quadro per le aree e i comparti. Poi bisogna ricalcolare la rappresentatività sindacale secondo le nuove aggregazioni delle categorie, cui dovrà seguire un nuovo Atto d’indirizzo e solo dopo potrà ripartire la trattativa. Insomma stiamo parlando di tempi che potrebbero essere di moltissimi mesi. Si sono dimenticati che sono quasi 10 anni che il nostro contratto è fermo? Pensano di uscirne senza pagare prezzi politici con le elezioni che si avvicinano? La situazione è certamente delicata e richiede una buona dose di ragionevolezza per essere superata.
E alle Regioni che hanno respinto al mittente le vostre accuse?
Ma come facevano le Regioni a non sapere? È possibile che questa misura, che riguarda da vicino le competenze delle Regioni, visto che noi siamo dipendenti delle aziende sanitarie, sia stata fatta a loro insaputa? Certo, è verosimile, come affermano i ben informati, che dietro tutta l’operazione ci sia una ‘manina gelida del Nord’ ma mi sembra strano che le Regioni non sapessero, perché, se così fosse, sarebbe ancora più grave. E poi mi faccia dire, la critica più dura nel
nostro comunicato era per l’azione di Governo non tanto a loro nello specifico.
Nel 2015, secondo il vostro nuovo studio, mancheranno 16.500 specialisti. Vede una via d’uscita al rischio di restare senza medici?
È ormai sotto gli occhi di tutti che in questi anni i governi e l’università hanno sbagliato totalmente la programmazione della formazione specialistica. Sono anni che ormai diciamo che occorre mettere mano al fallimentare sistema di formazione post laurea. Bisogna andare verso un sistema europeo con contratti di formazione-lavoro per cui gli specializzandi vengono immessi in una rete formativa, che non è solo universitaria, ma è mista (Università-Ssn) in modo che possano imparare lavorando sul campo. Inoltre è necessario incrementare i contratti di formazione portandoli ad almeno 9.500/10.000. Lo ripeterò fino alla nausea: mancano specialisti, non mancano laureati in Medicina e Chirurgia.
Come pensate di uscire dall’impasse sulla Retribuzione individuale di anzianità?
La Ria rappresenta un patrimonio economico storico della categoria oltre che una partita contrattuale importante per risolvere il disagio lavorativo e progressioni di carriera. Non capisco come mai la Lega e in particolare il M5S, che occupa ruoli rilevanti nel governo della sanità, sia nell’esecutivo che in Parlamento, non vogliano sbloccare l’utilizzo di queste risorse, che sono già presenti nel Fondo sanitario nazionale e negli stipendi dei medici che vanno in pensione, per poterle destinare alla retribuzione degli straordinari, dei turni festivi, delle guardie notturne, cioè in servizi ai cittadini. E poi c’è anche il grande problema che riguarda le carriere dei medici. Ci sono 80mila dirigenti medici e sanitari che, di fatto, sono bloccati senza possibilità di progressione economica e professionale. Anche qui è importante intervenire per rendere attrattiva la nostra professione. Peraltro con una partita a costo zero per lo Stato.
E su quota ‘100’ come la mettiamo? Avrà un effetto di accelerazione della curva di pensionamento già prevista.
Stimiamo un 15% in più di uscite, per cui nei prossimi anni potremmo avere da 7.000 a 8000 uscite per pensionamento ogni anno, rispetto ad una attesa di 6000/7000. Tutto ciò produrrà importanti ripercussioni nella gestione dei servizi dove abbiamo già carenze. Insomma si rischia di entrare in condizioni organizzative drammatiche.
Che bilancio di questo 2018 per la sanità?
È stato un annus horribilis. Continua il sottofinanziamento del sistema. Il miliardo d’incremento per il 2019, ribadisco, è assolutamente insufficiente ed è anche inferiore all’inflazione standard. Siamo al solito definanziamento, niente è cambiato e non vedo politiche di cambiamento sulle assunzioni. Già in molte strutture periferiche si chiudono i servizi. Il sistema insomma arranca e non vedo un colpo di reni per invertire la rotta.
Quale giudizio invece su questi primi mesi di Governo gialloverde?
Il tempo è ancora poco per giudicare. Per ora darei una sufficienza in attesa di vedere i provvedimenti principali come il cambio delle politiche sulle assunzioni, contratti (su cui ci vorrebbe più impegno dal Ministro Grillo) e la formazione post laurea. E poi, dal mio punto di vista, riformerei profondamente il sistema della contrattazione portando il settore sanità sotto l’ombrello del Ministero della Salute in modo da raccordare e integrare meglio i contratti della dipendenza con quelli della convenzionata. E così anche per la formazione post laurea la cui programmazione dovrebbe passare al Ministero della Salute.
Cosa pensa del regionalismo differenziato?
Una delle criticità più forti del nostro Ssn è rappresentata dalle disuguaglianze nell’accesso e nella qualità delle cure. In questo quadro un regionalismo differenziato così come proposto da Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna, rischia di far saltare il banco e acuire ancora di più le disuguaglianze. Va fatta assolutamente una riflessione perché la nostra costituzione tutela il diritto alla salute dell’individuo in modo egualitario su tutto il territorio nazionale essendo un interesse fondamentale della collettività. Qui bisogna riaccentrare e riqualificare il controllo delle politiche sanitarie e non decentrarle ulteriormente. E in questo senso non escludo, e anzi auspico, si possa organizzare una grande manifestazione a Roma di tutto il mondo sanitario a difesa della unitarietà del Ssn e del diritto alla salute che è uno e indivisibile.
Entro marzo dovrà essere sottoscritto il Patto per la Salute. Credete ancora che possa essere uno strumento utile?
L’esperienza del passato ci dice di no. In ogni caso se c’è la volontà politica alcune questioni, vedi formazione post laurea ed assunzioni, potrebbero trovare nel Patto un valido strumento. Certo, non s’inseriscano clausole, come nel passato, che tagliano le risorse dopo la sottoscrizione del Patto.
Tinte fosche quindi segretario, avete finito il 2018 con uno sciopero e allo stesso modo aprite il 2019 con uno sciopero. Cosa serve per calmare la protesta?
Tra regionalismo differenziato, contratto e tutti i problemi insoluti di cui parlavo prima, siamo di fronte ad una stagione di protesta che potrebbe proseguire anche sotto le elezioni europee e regionali. Noi ci stiamo battendo a difesa del Ssn e dei professionisti che vi lavorano. In fondo noi non chiediamo la luna ma il rispetto della nostra dignità economica e professionale.
Alla fine se mettiamo insieme tutte queste criticità pensa si possa mantenere in piedi il nostro sistema sanitario o dovremmo pensare che sia giunto il momento di rinunciarci?
Assolutamente no, il nostro Ssn è il più efficiente nell’utilizzo delle risorse e con ottimi esiti di cura, dobbiamo preservarlo e investirci sopra, non smantellarlo. Ne va della coesione sociale e della democrazia del nostro Paese.
Luciano Fassari
11 gennaio 2019
© Riproduzione riservata
Altri articoli in Lavoro e Professioni