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Autismo. Anche le ostetriche rivendicano un ruolo


"Come spiegano le Linee guida dell’Iss sull’autismo, questo disturbo si presenta in età molto precoce: entro i primi tre anni di vita. Ecco perché una diagnosi precoce e tempestiva fa la differenza nella presa in carico di queste persone. Questa fascia di età, peraltro, è quella in cui meglio si inserisce la professionalità dell’ostetrica/o che segue la donna nel puerperio, allattamento e ancor prima nel periodo della gravidanza e parto", spiega la Federazione.

19 APR - “I primi obiettivi su cui si deve lavorare sono sicuramente il superamento dello stigma sociale e il fare rete nel territorio tra professionisti sanitari, associazioni e agenzie di socializzazione scuola, chiesa e famiglia. Solo così infatti è possibile aiutare concretamente chi soffre di autismo e le loro famiglie. Anche la Categoria delle Ostetriche può e vuole avere un ruolo importante nell’intercettazione dei primi segnali di questo disturbo e aiutare i genitori a individuare i percorsi e i centri specializzati ai quali rivolgersi”. 
Così i vertici della Federazione Nazionale degli Ordini della Professione di Ostetrica intervenendo all’evento “Counseling familiare e scolastico per i disturbi dello spettro autistico. Modello integrato di formazione tra sanità e famiglia”, organizzato dall’Asl di Latina, dall’Istituto superiore di sanità e dal Vicariato di Roma Centro per la Pastorale per la Famiglia.

"Come spiegano le Linee guida dell’Iss sull’autismo, questo disturbo si presenta in età molto precoce: entro i primi tre anni di vita – continuano le componenti del Comitato centrale Fnopo -. Ecco perché una diagnosi precoce e tempestiva fa la differenza nella presa in carico di queste persone. Questa fascia di età, peraltro, è quella in cui meglio si inserisce la professionalità dell’ostetrica/o che segue la donna nel puerperio, allattamento e ancor prima nel periodo della gravidanza e del parto. In questi periodi si possono informare le donne e le coppie sulle false teorie “no vax” che propagandano la correlazione tra vaccini e autismo. Per tale motivo riteniamo fondamentale puntare su alcune tematiche determinanti: innanzitutto la formazione. Un corso di Laurea quinquennale al quale aspiriamo, anziché l’attuale percorso triennale, consentirebbe di inserire discipline specifiche che possano meglio formare le future professioniste nell’individuazione, ascolto, aiuto e accompagnamento di chi soffre di questo disturbo e delle loro famiglie. Altro punto su cui continuiamo a lavorare è la messa a regime, su larga scala, del modello di Ostetrica di famiglia e di comunità attivata già con la collaborazione di Mons. Manto, responsabile della Pastorale della famiglia Vicariato di Roma e l’associazione AOL della dottoressa Lombardi.”

Attualmente la Federazione fa parte della rete interprofessionale, già attivata, con pediatri e ginecologi per la corretta informazione alle famiglie con bambini prematuri oltre che sulla corretta pratica vaccinale. Componenti del Comitato centrale FNOPO, inoltre, sono presenti: al Tavolo tecnico dei primi 1000 giorni presso il Ministero della Salute, il cui obiettivo è la definizione di un documento trasversale ai 7 periodi dei primi mille giorni di vita per l’individuazione di azioni e interventi di implementazione di buone pratiche ed evidenze in salute pubblica nell’area materno infantile; Comitato tecnico sul “Sistema di sorveglianza sui determinanti di salute nella prima infanzia” (bambini 0-2 anni) presso il Ministero della Salute.

“Sebbene non sia possibile avere una stima esatta delle persone con spettro autistico, si può tuttavia affermare, supportati dalle testimonianze dei medici che hanno in carica questi casi, che sono sempre più in aumento i casi di chi soffre di autismo. Motivo per il quale non è pensabile continuare con una visione e organizzazione di assistenza sanitaria ospedalocentrica – spiegano le dirigenti Fnopo -. I grandi centri, sebbene centri di eccellenza, a causa delle grandi distanze fisiche corrono il rischio concreto di creare un vuoto nel territorio, lasciando le famiglie da sole nel loro bisogno di aiuto. Il modello di Ostetrica di comunità, invece, permette un’assistenza capillare e di qualità sul territorio grazie alla quale è possibile anche costituire delle équipe multiprofessionali che rispondano ai bisogni della comunità, aiutando non solo i bambini ma anche le donne, giovani e meno giovani, che soffrono di tale disturbo. Infine, in accordo con quanto detto dal professore Ricciardi, riteniamo indispensabile difendere il nostro sistema di assistenza sanitaria pubblica perché permette a tutti di potersi curare e dunque rappresenta il solo baluardo alla reale tutela della salute di tutti”.

19 aprile 2018
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