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Sicurezza e salute sul lavoro. Perché è importante coinvolgere le donne nei processi decisionali

di Domenico Della Porta

Il primo passo da fare per attivare un percorso di riorganizzazione aziendale è il coinvolgimento quanto più attivo possibile di tutte le risorse umane nella pianificazione e nel processo decisionale senza tralasciare il genere femminile. Occorre verificare se il personale possiede le capacità (incluse quelle significative per la salute) necessarie allo svolgimento della propria attività lavorativa, favorendo, in caso contrario, la possibilità di acquisire tali capacità

07 MAR - Coinvolgere le donne nel processo decisionale in materia di Sicurezza e Salute sul Lavoro è uno dei cinque punti indicati per i Datori di Lavoro dall’Agenzia Europea per la Sicurezza sul Lavoro per un approccio di genere che si traduce nel riconoscimento e nella considerazione delle differenze tra lavoratori e lavoratrici.
 
Gli altri punti sono puntare a rendere il lavoro più sicuro e più facile per tutti; inserire le problematiche legate al genere nella valutazione dei rischi; considerare il lavoro effettivamente svolto ed evitare di stabilire a priori quali sono le persone a rischio e perché; essere flessibili per quanto riguarda gli orari lavorativi. Emerge che l’organizzazione del lavoro è da considerarsi anch’essa rischio di lavoro e pertanto va sottoposta ad una attente valutazione del rischio.

Nell’organizzazione del lavoro, infatti, sono compresi fattori condizionati dai processi di lavoro quali lavoro in turni, lavoro in continuo, lavoro notturno, sistemi efficaci di gestione e accordi per la pianificazione, il monitoraggio e il controllo degli aspetti attinenti alla salute e alla sicurezza, la manutenzione degli impianti, comprese le attrezzature di sicurezza, gliu accordi adeguati per far fronte agli incidenti e alle situazioni di emergenza.

Tutte queste situazioni se non analizzate con attenzione possono creare una condizione lavorativa responsabile di una serie di disturbi soprattutto per le lavoratrici (ad esempio sindromi gastroenteriche, o sindromi ansioso-depressive).

Un altro aspetto dell’organizzazione del lavoro è quello relativo alla gestione dei rapporti interpersonali e gerarchici, la cui mancata soluzione può essere causa oltre che di sindromi da disadattamento con somatizzazioni a livello di diversi organi e apparati, anche del fenomeno dell’assenteismo.

Ancora, una erronea organizzazione del lavoro può determinare esposizioni professionali nocive agli agenti più diversi: basti pensare all’inosservanza delle norme che regolano l’utilizzo di particolari materie prime che potrebbero diffondersi nell’ambiente. L’inidoneo o semplicemente il prolungato usodi attrezzi, macchinari o mezzi ausiliari allo svolgimento delle mansioni costituisce un altro elemento su cui l’organizzazione del lavoro deve intervenire per evitare che divenga fonte di rischio.

L’assenza di corrette prescrizioni organizzative che possono, ad esempio, avere contenuto sia di tipo semplicemente tecnico che ergonomico e igienistico può essere causa di nocività. Si deve però tener presente che ciò può non essere dovuto a negligenza o impreparazione, ma alla reale mancanza di adeguate conoscenze che potranno essere acquisite in futuro anche sulla base di esperienze precedenti.

Il primo passo da fare per attivare un percorso di riorganizzazione aziendale è il coinvolgimento quanto più attivo possibile di tutte le risorse umane nella pianificazione e nel processo decisionale senza tralasciare il genere femminile. Occorre verificare se il personale possiede le capacità (incluse quelle significative per la salute) necessarie allo svolgimento della propria attività lavorativa, favorendo, in caso contrario, la possibilità di acquisire tali capacità.
E’ opportuno verificare se il lavoro viene organizzato in modo da impedire che il personale subisca un sovraccarico o al contrario si sente marginale all’interno dell’azienda.

Ulteriori elementi da considerare sono quelli di assicurare al lavoratore la possibilità di crescere in termini di carriera personale, di consultarli nelle attività significative per la salute sul lavoro, di intraprendere iniziative volte al reinserimento del personale (soprattutto personale disabile), che rientra in azienda dopo una lunga assenza per malattia e di adoperaresi per favorire una maggiore compatibilità tra la vita lavorativa e quella familiare.
 
Domenico Della Porta
Presidente Osservatorio Nazionale Malattie Occupazionali e Ambientali
Università di Salerno 


07 marzo 2018
© Riproduzione riservata

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