Ottanta anni fa le leggi razziali. Una vergogna anche per i medici. Ecco cosa accadde a Firenze
di Antonio Panti
I Sindacati Fascisti dei Medici che, in grazia della L. 5/3/1935 n.184 avevano sostituito gli Ordini, avviarono le pratiche contro gli iscritti di razza ebraica, convocandoli perché potessero dimostrare la loro "arianità" totale o parziale e quindi non incorrere nel divieto dell'esercizio professionale mediante la radiazione dall'albo…
27 GEN - Oggi è la Giornata della Memoria e quest'anno ricorre anche l'ottantesimo anniversario della legge 17/11/38 n. 1728 con cui ha inizio uno dei momenti più bui della nostra storia, la persecuzione dei cittadini di "razza ebraica", italiani, apolidi o stranieri che fossero, in quanto diversi dai cittadini di "razza ariana".
La successiva L. 29/6/1939 n.1054, oltre ai precedenti divieti, di contrarre matrimonio con cittadini italiani, di accedere alla scuola o a cariche pubbliche, disciplinò l'esercizio delle professioni.
I Sindacati Fascisti dei Medici che, in grazia della L. 5/3/1935 n.184 avevano sostituito gli Ordini, avviarono le pratiche contro gli iscritti di razza ebraica, convocandoli perché potessero dimostrare la loro "arianità" totale o parziale e quindi non incorrere nel divieto dell'esercizio professionale mediante la radiazione dall'albo.
Mi è tornato alla mente un vecchio fascicolo, trovato frugando negli archivi dell'Ordine di Firenze, intitolato "radiazione medici di razza ebraica"; l'ho ripreso in mano e, senza fare opera di storico, ne traggo in sintesi i fatti significativi.
E' chiaro che lo stesso comportamento tennero tutti gli Ordini italiani. Il fascicolo contiene la corrispondenza tra il Segretario Provinciale del Sindacato Fascista e gli organi superiori del Sindacato stesso, della Prefettura e del Ministero degli Interni e i verbali delle sedute del 30.01, 28.03, 11.08 e 16.11, 1939, in cui sono deliberate le radiazioni di 49 medici ebrei, nonostante le opposizioni sollevate da alcuni; soltanto a 3 è concesso l'esercizio della professione a favore di cittadini di razza ebraica.
Vi è un lungo carteggio con le autorità per dirimere i dubbi che sorgono al Direttivo del Sindacato, risolti in genere a sfavore dei ricorrenti. Una documentazione agghiacciante perché si discute di quelli che fino a pochi giorni prima erano colleghi di studio e di lavoro. Ugualmente penoso è leggere le schede che ciascun medico ebreo era obbligato a compilare; in molte nazioni si richiede nei documenti ufficiali l'appartenenza religiosa, segno che i valori della tolleranza e della comune ascendenza umana sono ben lontani dall'essere patrimonio condiviso.
E' bene riportare per intero i nomi dei colleghi radiati in quanto di razza ebraica, perché si può perdonare (non spetta certamente a noi) ma dimenticare non è né giusto né possibile.
Firenze fu liberata l'11 agosto del 44 (ho ancora negli orecchi - avevo 7 anni - il suono della Martinella, la campana del Bargello, che si scioglie solo nelle grandi occasioni, e la gioia dei miei genitori e tutta la gente in strada, e finalmente, dopo mesi di piselli secchi, il corned beaf e la cioccolata).
Il 4 settembre il Comitato di Liberazione insediò una commissione medica, composta da medici appartenenti ai sei partiti del Comitato, che nella riunione del 25/9/1944 reiscrisse d'ufficio i 49 medici radiati, compreso l'ultimo, il dr.
Rosario Livatino, cui era stata negata l'iscrizione in quanto di razza ebraica nella seduta del Sindacato del 21.05.44, quando gli alleati erano già oltre Siena.
Nella seduta del 30.11.47 del Consiglio dell'Ordine ormai tornato alla normalità, furono cancellati per "irreperibilità" 14 colleghi. Alcuni erano riparati all'estero e non avevano più dato notizia di sé, altri erano deceduti in campo di concentramento e ancora non se ne aveva notizia.
Ne riporto i nomi dal registro dell'Ordine:
Emanuele Pekelis, Giacomo Feldmann, Alberto Arias, Abel Spruch, Oscar Levi, Martino Dreyfus, Levai Ludovica, Leopoldo Loshovitz, Gertrude Lauge Muller, Emanuele Ettinger, Erich Goldberg (nel verbale del 31.12.48),
Georg Pietrkowsky, Frumi Rubinstein, Nathan Cassuto, Noemi Susani.
Altri medici radiati riuscirono a rientrare a Firenze e esercitarono la professione. Tra i tanti ricordo il Prof.
Sergio Levi, fondatore della neuropsichiatria infantile italiana, che riprese il suo lavoro al Meyer (spesso studiavo col figlio Giulio, mio compagno di Università) e altri i cui figli furono spesso miei colleghi di studio.
Tra i morti a Auschwitz, ricordo
Nathan Cassuto, padre del futuro sindaco di Gerusalemme, che fu cancellato per irreperibilità; solo dopo diversi anni giunse la notizia della sua morte in campo di concentramento.
Altri riparano all'estero e vi rimasero costruendosi una nuova vita. Ricordo il dr.
Kinston che viveva in Australia e che ogni anno, fino alla morte, ha inviato la quota di iscrizione all'Ordine.
Gli scrissi per chiedergli perché lo facesse; mi rispose che nonostante le leggi razziali non serbava rancore, che i suoi anni più belli li aveva trascorsi a Firenze e che l'iscrizione rappresentava per lui un legame sentimentale che non aveva nessuna intenzione di interrompere.
Tra gli "irreperibili" ricordo
Guta Glukmann Meggiboschi che si iscrisse all'albo nel 1922, terza donna iscritta all'Ordine fiorentino dalla sua fondazione. Anche
Frumi Rubinstein, nata in Russia, si era iscritta nel 1932 e così
Noemi Susani, mentre nel 1934 si erano iscritte
Gertrude Lauge Muller e
Anna Maria Curth Murrey Ayusley che si era laureata a Pisa insieme al marito
Erich Goldberg e che forse si trasferì in Israele mentre il marito scompariva nella deportazione.
Infine anche di
Eugenia Jona si erano perse le tracce. La legge costringe l'Ordine a cancellare per morosità gli iscritti che non pagano la quota. In questo caso fu correttamente adottato il termine di "irreperibilità".
Tutti gli Ordini Italiani posseggono una documentazione simile. Migliaia di colleghi, tra i quali alcuni che avevano onorato la medicina italiana, furono radiati per ragioni razziali, gli fu vietato ogni diritto umano e, chi non riuscì a porsi in salvo, fu deportato e ucciso.
Ignoro se esista qualche opera storica, altrimenti ne varrebbe la pena. Forse la Federazione dovrebbe tenere un elenco di questi medici radiati per ragioni razziali e raccogliere i loro "fascicoli", che gli Ordini hanno in archivio così come li ha Firenze. I giovani colleghi debbono conoscere questa tristissima storia perché spetta a loro costruire sulla memoria un avvenire di tolleranza e di pace.
Antonio Panti
Componente Commissione Deontologica Nazionale della Fnomceo
Allego il facsimile della scheda personale che ogni medico di razza ebraica doveva compilare e uno dei tanti esempi di autocertificazione
27 gennaio 2018
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