Responsabilità professionale. La nuova legge non riguarda solo i medici. Non dimentichiamolo
di Marcello Bozzi
Anche perché il richiamo della legge 24/2017 a tutte le professioni sanitarie è una grande occasione per tradurre in pratica i PDTA, per ripensare le organizzazioni. Tenuto conto sia dei nuovi percorsi formativi che hanno riguardato le 22 professioni sanitarie, sia dei nuovi bisogni dell’utenza. Per una vera integrazione multi-professionale, per un sereno confronto inter-professionale, per il superamento delle culture e dei dogmi del passato
14 GIU - I contenuti di tanti convegni, congressi e workshop, ed i relativi momenti di confronto e dibattito riguardanti la Legge Gelli / Bianco (l. 24/2017), possono portare a pensare che la norma di cui sopra interessi solo i medici (stante le tante citazioni specifiche fatte da cultori della materia e da giuristi, sempre con riferimento alla componente medica, ed i rari e sporadici riferimenti alle professioni sanitarie, quasi sempre sommarie e scarsamente esemplificative).
L’approfondimento dei contenuti della norma, di contro, evidenzia un coinvolgimento ed un interessamento diretto di tutte le professioni sanitarie.
Difficile comprendere se per i cultori della materia chiamati a relazionare sull’argomento di cui sopra si tratti di una “disattenzione”, di una “lontananza culturale”, di una “ignoranza” (nel senso di non conoscenza) dei cambiamenti che hanno interessato le professioni sanitarie negli ultimi 15/20 anni … o di atteggiamenti e comportamenti profondamente radicati ed autoreferenziali, legati a consuetudini e percorsi concettuali del passato.
Strano! Perché chi è “sul pezzo” non può non conoscere! Magari finge distrazione.
Il contenuto della norma è chiaro ed inequivocabile, in particolare:
• l’
art. 1 - sicurezza delle cure in sanità - evidenzia chiaramente il diritto alla salute dell’individuo e della collettività (con chiaro richiamo all’Art. 32 della Costituzione), da garantire con attività finalizzate alla prevenzione e alla gestione dei rischi connessi all’erogazione di prestazioni sanitarie, con l’utilizzo appropriato delle risorse strutturali, tecnologiche e organizzative (per la prima volta che il legislatore prende in considerazione l’appropriatezza organizzativa), con il coinvolgimento diretto di tutti gli operatori.
• l’
art. 3. - Osservatorio nazionale delle buone pratiche sulla sicurezza nella sanità - evidenzia la necessità di attivare un osservatorio nazionale relativamente al monitoraggio degli eventi avversi e la catalogazione delle buone pratiche sulla sicurezza nella sanità (a cura di AGENAS), la definizione, con l’ausilio delle società scientifiche e delle associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie, di specifiche linee di indirizzo, nonché la formazione necessaria per l’adeguamento e la manutenzione dei saperi degli operatori (tutti!). In questo “passaggio” il legislatore utilizza due “parole chiave” (linee di indirizzo e buone pratiche). Ad evitare fraintendimenti e/o interpretazioni individuali potrebbe essere opportuna l’elaborazione di un glossario, al fine di definire chiaramente i significati di: - indirizzi - linee guida – raccomandazioni - buone pratiche, pensando, per ogni singola situazione, i relativi coinvolgimenti (livello centrale / livello regionale / livello aziendale).
• l’
art. 5. - Buone pratiche clinico-assistenziali e raccomandazioni previste dalle linee guida – evidenzia l’attenzione che devono porre gli esercenti le professioni sanitarie, nell’esecuzione delle prestazioni di competenza, alle raccomandazioni previste dalle linee guida pubblicate ed elaborate da enti e istituzioni pubblici e privati nonché dalle società scientifiche e dalle associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie iscritte nell’apposito elenco istituito e regolamentato con decreto del Ministro della salute. Il legislatore evidenzia ulteriormente che, in mancanza delle raccomandazioni di cui sopra, gli esercenti le professioni sanitarie si devono attenere alle buone pratiche clinico-assistenziali.
Senza entrare negli ulteriori e successivi dettagli della norma, vengono estrapolati i primi elementi caratterizzanti che danno forma e sostanza alla stessa norma e che fissano i seguenti principi:
a. la risposta ai bisogni di salute delle persone deve essere garantita attraverso approcci e processi multi-professionali e multi-disciplinari (in linea con quanto già definito nel PSN, nei Piani Sanitari Regionali e negli Atti Aziendali);
b. le strutture, le tecnologie e le organizzazioni devono essere adeguate ed appropriate alla risposta diagnostica, clinico-assistenziale e riabilitativa della popolazione interessata;
c. le attività e le prestazioni devono essere assicurate nel rispetto degli indirizzi, delle raccomandazioni, delle linee guida e delle buone pratiche, con riferimento ai dati tratti dalla letteratura più recente e alle evidenze metodologiche e scientifiche (a prescindere da chi debba occuparsi della loro definizione e diffusione).
Il richiamo del legislatore a tutte le professioni sanitarie trova fondamento nell’evoluzione normativa di grande rilevanza che ha riguardato le professioni sanitarie, a partire dalla emanazione di 22 Decreti Ministeriali riguardanti un pari numero di Profili Professionali, alla legge 42/99 che ha chiaramente riconosciuto le 22 professioni sanitarie (eliminato il concetto di “ausiliarità”, abrogato i mansionari, equiparazione ed equipollenza dei vecchi titoli ai nuovi percorsi formativi, attivazione dei Corsi di Laurea di I livello (22 Corsi attivati) e di II livello (4 Corsi attivati), alla legge 251/2000, alla legge 43/2006 che ha definito la filiera professionale ed i percorsi curricolari di riferimento per l’accesso ad ogni singolo livello.
Le conseguenze di tali evoluzioni hanno generato cambiamenti enormi nel funzionamento del sistema sanitario, a volte “guidati” da amministrazioni, donne e uomini illuminati ed “aperti”, a volte in maniera più o meno spontaneistica, senza particolari entusiasmi … ma nemmeno ostruzionismi, più spesso con forme molto forti di resistenze al cambiamento (o forse è meglio parlare di “resilienze”), a difesa di un “territorio” ormai senza più confini, in maniera variamente diffusa sul territorio nazionale (a macchia di leopardo).
In realtà l’evoluzione normativa ha profondamente modificato lo status ed il ruolo degli operatori afferenti alle 22 professioni sanitarie (tutti contrattualmente inquadrati in cat. “D” – primo livello dei laureati in tutta la P.A.) ed i livelli di responsabilità, cui non ha fatto seguito, nella maggior parte dei casi, un cambiamento nell’organizzazione.
Alla luce di quanto riportato, il richiamo della legge 24/2017 a tutte le professioni sanitarie è una grande occasione ed opportunità per un ripensamento dei modelli organizzativi e dei sistemi di diagnosi, cura, assistenza e riabilitazione, con il coinvolgimento di tutti gli operatori, nel rispetto delle autonomie e responsabilità individuali (così come definito dalle norme).
È una occasione per tradurre in pratica i PDTA, troppo spesso rimasti “enunciazioni teoriche”.
È una occasione per ripensare le organizzazioni, tenuto conto sia dei nuovi percorsi formativi che hanno riguardato le 22 professioni sanitarie, sia dei nuovi bisogni dell’utenza, sia delle diverse necessità di funzionamento delle strutture sanitarie.
È una occasione per una vera integrazione professionale e multi-professionale, privilegiando i modelli sistemici ed “a matrice”, con pieno coinvolgimento e riconoscimento dei ruoli e delle responsabilità individuali.
È una occasione per un sereno confronto inter-professionale, per il superamento delle culture e dei dogmi del passato, a favore di modelli moderni ed avanzati, dove prevale il “gioco di squadra” e l’integrazione al più alto livello possibile, dove il concetto di “responsabilità” viene superato dalla “corresponsabilità”.
Serve l’impegno di tutti, dalle Direzioni Aziendali alle “linee di produzione”.
I possibili risultati:
• un maggiore livello di tutela e garanzia per gli utenti, per gli operatori e per la stessa azienda;
• un ripensamento dell’organizzazione, più funzionale alle nuove esigenze;
• una maggiore motivazione e gratificazione degli operatori (non è possibile pensare ad un professionista formato con le regole di oggi, che lavora con le regole del passato);
• nuovi entusiasmi in tutti gli operatori (e non è cosa da poco … nel sistema sanitario di oggi).
L’autore del libro
“Ripensare l’Azienda” inizia e chiude il libro con la frase “ciò che ci vuole è la volontà di riuscire e il coraggio di cominciare” … e sicuramente è una grande attualità per i cambiamenti che riguardano il nostro sistema sanitario.
Provarci e crederci!
Marcello Bozzi
Infermiere, Azienda sanitraia Città di Torino
14 giugno 2017
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