Libertà prescrittiva del medico: fin dove arriva realmente?
di Maria Rita Montebelli
In un incontro ospitato da Roche, esperti del mondo politico, universitario e amministrativo si sono confrontati su vincoli e attualità del principio di autonomia del medico. Tante le criticità esistenti ma anche tante buone idee e proposte su come superarle in maniera costruttiva, senza ricorrere ad atti di imperio o a sanzioni. Ribadita la necessità di un’attenta raccolta dei dati per poter effettuare un’adeguata riflessione su eventuali anomalie e trovare i correttivi più adeguati.
18 MAG - Quanto è realmente libero un medico di prescrivere in scienza e coscienza farmaci ed esami diagnostici? La libertà professionale, all’articolo 4 del Codice Deontologico viene definita come un “diritto inalienabile del medico” esplicitando che “l’esercizio professionale del medico è fondato sui principi di libertà, indipendenza, autonomia e responsabilità… senza sottostare a interessi, imposizioni o condizionamenti di qualsiasi natura”. Ma nella pratica clinica è realmente così? E anche, è sempre vero che questa libertà non abbia alcun vincolo?
Secondo gli esperti riuniti a Roma in occasione dell’incontro ‘
Il principio di autonomia del medico tra legislazione, vincoli finanziari e tutela del paziente’ della serie ‘TETRIS: mosaici di salute’, organizzato in casa Roche, i vincoli alla libertà prescrittiva del medico rappresentano in qualche modo un falso problema, nel senso che i limiti sono (o dovrebbero essere) solo quelli dell’appropriatezza. La libertà prescrittiva insomma finisce laddove si incorra in una franca inappropriatezza.
Tutto risolto dunque? Non proprio. Perché la strada da fare verso l’appropriatezza è ancora davvero tanta e comporta un processo di crescita e di maturazione che potrebbe non essere di breve durata e che va costruito a cominciare dall’individuazione di figure in grado di fare formazione e di gestire degli audit interni, all’interno di singole ASL e ospedali.
Ma qualcosa si sta muovendo e un esempio importante della direzione da prendere, che è di condivisione tra pari, più che di atti di imperio dettati da decreti legislativi (l’ultimo, quello sull’appropriatezza degli esami diagnostici ha avuto vita breve) viene dalla Toscana.
“E’ arrivato il momento – afferma sicuro
Andrea Vannucci, Direttore Generale Agenzia Regionale di Sanità della Toscana, forte anche della sua esperienza sul campo (i primi vent’anni della sua carriera sono stati dedicati alla cardiologia interventistica) di introdurre elementi di
governance clinico-assistenziale per rispondere al tema della spesa per i farmaci, nell’ottica dell’appropriatezza, che non significa naturalmente solo prescrizione in eccesso ma anche in difetto. Ma alla base di qualunque ragionamento devono esserci i numeri”.
E sono i dati a parlare. Da una ricognizione fatta dalla Regione Toscana in merito alle prescrizioni di farmaci e di esami è emersa una grande variabilità di comportamenti da parte dei medici prescrittori.
“Da questi dati è nata l’idea di organizzare degli audit interni, ispirati alla logica di introdurre la logica della
governance clinica – prosegue Vannucci – facendo delle revisioni ‘tra pari’ dei comportamenti”.
Medici che parlano ad altri medici insomma per far ragionare sull’appropriatezza di certi comportamenti prescrittivi, eliminando l’elemento del giudizio e facendo parlare solo la ragione, quella supportata da solide evidenze scientifiche. Un momento di confronto che dovrebbe portare ad una crescita professionale e alla correzione di comportamenti prescrittivi migliorabili, ad una responsabilizzazione del medico. Con la ragione e non con le imposizioni dall’alto.
Ed è forse l’unica via da percorrere, visto che anche a livello di popolazione la legge non basta; l’ultimo esempio viene dalle vaccinazioni obbligatorie per accedere a scuola. “Da persona assolutamente a favore delle vaccinazioni – commenta Vannucci – ritengo che sia necessario far sempre leva sul consenso e sulla ragionevolezza”.
Ma questa è solo una parte del problema. Altrettanto importante e, molto spesso elemento condizionante la libertà prescrittiva del medico, è il suo rapporto col paziente. Con un paziente sempre più informato ed esperto al quale – ricorda l’
On. Paola Binetti, Membro XII Commissione Affari Sociali Camera dei Deputati – “con il recente DL sulle dichiarazioni anticipate di trattamento, è stata riconosciuta al paziente un’autonomia decisionale molto importante, che deve trovare accoglienza da parte del medico, esonerandolo anche da responsabilità penali).
In questo nostro tempo, in cui i diritti umani rappresentano l’asse portante di numerose battaglie che hanno come punto di riferimento la giustizia, declinata a 360 gradi – prosegue l’On. Binetti - il principio di autonomia del medico, tra legislazione, vincoli finanziari e tutela del paziente, costituisce la cerniera lungo la quale si attestano responsabilità personale e determinazione ad agire sempre in scienza e coscienza”.
Un principio importante quello dell’autodeterminazione del paziente, che purtroppo a volte si scontra con una realtà diversa da quella alla quale si è ispirato il legislatore. L’esempio più eclatante viene dal caso Stamina. “La norma – commenta l’On. Binetti – è stata scritta tutta stando dalla parte del paziente. Va tuttavia sottolineato che mettersi al servizio del paziente, non significa necessariamente accontentarlo in tutto ciò che chiede”.
Il nodo vero dunque è come bilanciare questi due principi, la libertà del medico e quella del paziente. “Costruire una buona relazione col paziente – riflette Vannucci – è la vera soluzione; tutto parte da lì”.
E la libertà prescrittiva del medico, deve naturalmente dare i conti anche con le linee guida. “Ad oggi – commenta il
Prof. Robin Foà, Direttore Ematologia, Università Sapienza di Roma – rimane indiscussa l’autonomia del medico di prescrivere in scienza e coscienza. Ma la libertà prescrittiva non può mai essere disgiunta dall’appropriatezza. In ematologia, come in altre specialità, esistono delle linee guida di diagnosi e di trattamento, alle quali bisogna sempre fare riferimento, altrimenti si rischia di deragliare e di andare verso una libertà indiscriminata. Quando si fanno discorsi di appropriatezza inoltre sarebbe bene tenere presente tutto quel che ruota intorno al paziente,
in primis la figura del
care giver e delle giornate lavorative perse (da parte del paziente e del
care giver) per fare una terapia piuttosto che un’altra”.
“E’ importante che una problematica così rilevante come la libertà prescrittiva – conclude il professor Foà - sia ben conosciuta nell’ambito della classe medica e, contestualmente, nei rapporti tra i medici e le istituzioni. E ancora, che si possa arrivare una armonizzazione delle procedure sull’intero territorio nazionale”.
“Il tema oggetto del confronto di oggi è cardine rispetto allo svolgimento della professione medica da un lato e alla garanzia di tutela della salute sancita dalla nostra Costituzione dall’altro – afferma
Dario Scapola, Market Access Director di Roche Italia. Per questo come Roche, azienda che ha fatto della salute la sua missione in Italia per ben 120 anni, portando innovazioni dirompenti e nuove speranze ai pazienti, ha voluto dare il via a questa serie di incontri ristretti come occasioni per stimolare il confronto e creare sinergie tra autorevoli esponenti del Sistema Salute, a fianco dei quali cercheremo di capire meglio cosa sta accadendo oggi per identificare insieme le migliori soluzioni sia a livello centrale sia nelle regioni”.
Maria Rita Montebelli
18 maggio 2017
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