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Dentisti. Per la Corte di Giustizia Europea divieto assoluto di pubblicità va contro la normativa UE. Legittima anche quella sul web


I giudici europei danno ragione a un dentista belga, condannato in patria per aver pubblicizzato anche sul web la sua attività professionale. La normativa vigente in Belgio vieta infatti messaggi promozionali di ogni tipo per la cura del cavo orale. Ma la Corte europea, pur ammettendo che alcune pubblicità potrebbero risultare inadeguate alla professione, ha sentenziato che “un divieto generale e assoluto di ogni tipo di pubblicità per prestazioni dentistiche è incompatibile con il diritto dell’Unione”. LA SENTENZA.

09 MAG - I dentisti possono pubblicizzare la propria attività professionale. Con cartelloni, volantini, siti web. Nessuna restrizione sui mezzi attraverso i quali si veicola il messaggio promozionale. Attenzione solo al contenuto: sono da evitare “i messaggi promozionali aggressivi che possono indurre i pazienti in errore a proposito delle cure proposte”. È questa la decisione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, chiamata a decidere su una controversia che si è scatenata in Belgio tra un dentista e lo Stato.
 
Il diritto belga vieta in modo assoluto ogni tipo di pubblicità per prestazioni di cura del cavo orale e dei denti. Per l’Europa, invece, un divieto generale e assoluto di ogni tipo di pubblicità per prestazioni dentistiche è incompatibile con il diritto dell’Unione.
 
La storia del dentista belga
Protagonista della storia in questione è il signor Vanderborght, un dentista stabilito in Belgio, che ha pubblicizzato prestazioni di cura dei denti. Tra il 2003 e il 2014 ha apposto un pannello composto da tre superfici stampate, indicante il suo nome, la sua qualifica di dentista, il suo sito internet e il recapito telefonico del suo studio. Ha inoltre creato un sito internet per informare i pazienti sui diversi tipi di trattamento che egli effettua nel suo studio. Infine, ha inserito alcuni annunci pubblicitari in quotidiani locali.
 
La denuncia
Un’associazione professionale di dentisti del posto, il Verbond der Vlaamse Tandartsen, ha denunciato Vanderborght e, così, sono stati avviati alcuni procedimenti penali. Per discolparsi il dentista ha sostenuto che le norme belghe in questione sono contrarie al diritto dell’Unione, in particolare alla direttiva sul commercio elettronico e alla libera prestazione di servizi prevista nel Trattato Fue 1. Il Tribunale di primo grado di Bruxelles, sezione penale, ha deciso di rivolgersi alla Corte di Giustizia proprio a tale riguardo.
 
La sentenza della Corte europea
Ora la Corte ha emesso la sua sentenza: non può esistere un divieto generale e assoluto di ogni tipo di pubblicità. Ma per arrivare a questa conclusione bisogna precisare due presupposti. Innanzitutto, sebbene il contenuto e la forma delle comunicazioni commerciali possano validamente essere inquadrati da regole professionali, queste stesse regole non possono comportare un divieto generale e assoluto di ogni tipo di pubblicità on line avente lo scopo di promuovere l’attività di un dentista.
 
La Corte ritiene, infatti, che un divieto di pubblicità assoluto possa restringere la possibilità, per le persone che esercitano detta attività, di farsi conoscere presso la loro potenziale clientela e di promuovere i servizi che si propongono di offrire a quest’ultima. Un divieto di questo tipo costituisce pertanto una restrizione alla libera prestazione di servizi.
 
Nello stesso tempo, la Corte ammette anche che gli obiettivi della normativa belga, vale a dire la tutela della salute pubblica e della dignità della professione di dentista, costituiscono motivi imperativi di interesse generale idonei a giustificare una restrizione alla libera prestazione dei servizi. Infatti l’utilizzo intensivo di pubblicità o la scelta di messaggi promozionali aggressivi, addirittura tali da indurre i pazienti in errore a proposito delle cure proposte, può nuocere, deteriorando l’immagine della professione di dentista, alterando il rapporto tra i dentisti e i loro pazienti nonché favorendo la realizzazione di cure inadeguate o non necessarie, alla tutela della salute e pregiudicare la dignità della professione di dentista.
 
Ciò premesso, la Corte ritiene che “un divieto generale e assoluto di ogni tipo di pubblicità eccede quanto necessario per realizzare gli obiettivi perseguiti. Questi ultimi potrebbero essere raggiunti mediante misure meno restrittive che disciplinino, se del caso in maniera rigorosa, le forme e le modalità che possono validamente assumere i mezzi di comunicazione utilizzati dai dentisti”.

09 maggio 2017
© Riproduzione riservata

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