Ospedali troppo vecchi e a rischio. “Serve un Piano nazionale, ma tra regole che cambiano e pochi investimenti è difficile”. Intervista a Daniela Pedrini (Architetti e Ingegneri per la sanità)
di Luciano Fassari
“Servirebbero più risorse, anche per investirle sul personale” ma occorre anche “studiare possibilità di trovare nuovi modi di finanziamento come le partnership pubblico-privato o i fondi europei”. E poi la burocrazia: “Cambiare continuamente regole non aiuta il lavoro”. Da domani a L'Aquila il X Congresso dell'associazione che riunisce architetti e ingegneri che si occupano di edilizia sanitaria
14 SET - “Una volta che si avrà una mappa completa del patrimonio” delle strutture ospedaliere “si dovrà avere il coraggio di fare delle scelte: dove investire sul nuovo o dove conviene fare una riconversione. È ovvio che ciò è facile a dirsi e difficile a farsi. Com’è ovvio che investire sulle vecchie strutture in chiave antisismica comporterà sempre e solo un miglioramento, ma non saranno mai come quelle nuove”.
A parlare è
Daniela Pedrini presidente della Siais, Societa italiana dell'Architettura e dell'ingegneria per la Sanità che ci anticipa alcuni temi in vista del X Congresso che si aprirà a L'Aquila dal 15 al 17 settembre (
scarica programma), dove per tre giorni architetti, ingegneri e tecnici esperti di progettazione per la sanità dibatteranno dall’evoluzione architettonica e tecnologica dell’ospedale, fino alle norme sismiche e antincendio. Sono circa 2.000 le professionalità impiegate nel Ssn.
Presidente, vi attende una tre giorni intensa. Quali saranno i temi del congresso?
Il nostro ruolo è quello di lavorare per mettere in sicurezza le strutture con l’obiettivo di offrire un ‘involucro’ in cui i cittadini devono sentirsi sicuri. Partendo da questo assunto le questioni principali saranno la formazione, l’evoluzione architettonica e tecnologica dell’ospedale, le nuove strategie per controllare i costi, il nuovo Codice degli appalti e le centrali di committenza, le norme sismiche e antincendio, l'HTA.
Come sarà l’ospedale del futuro?
I capisaldi sono lo sviluppo della sicurezza (antincendio, sismico, etc.), ma anche un ospedale che sia in grado di lavorare in rete. E poi c’è tutto il tema dell’energia: obiettivo è costruire strutture a basso impatto ambientale e in grado di autoalimentarsi. E poi con le riorganizzazioni in atto andrà anche modernizzata l’organizzazione del lavoro e dei luoghi stessi che non possono essere più quelli concepiti nel ‘900.
Ma le risorse non sembrano essere molte.
In Italia Agenas stima una spesa di 2 mld di euro per le manutenzioni edili ed impiantistiche del patrimonio immobiliare sanitario, a cui si aggiungono circa 1,3 mld di consumi elettrici e termici. È chiaro che ne servirebbero di più, anche per investirle sul personale. Ma il nostro spirito non è quello di essere negativi o lamentarci.
In che senso?
Credo che occorra anche studiare delle possibilità di trovare nuovi modi di finanziamento come le partnership pubblico-privato. E poi ci sono i Fondi europei su cui abbiamo un paio di progetti in ballo. Insomma, bisogna anche saperle sfruttare le risorse.
Altro tema è la burocrazia che rende spesso lento e farraginoso ogni intervento. Tra i temi del congresso anche le centrali uniche d’acquisto e il nuovo codice degli appalti. Che impatto avranno le misure?
È evidente che cambiare continuamente le regole non rende sempre facile il lavoro. Sul Codice degli appalti siamo in attesa delle linee guida. Ora siamo in stand by con tanti bandi pronti ad uscire e bloccati. Insomma, c’è incertezza. Per quanto riguarda le centrali uniche esse danno grandi opportunità. Certo poi è ovvio che bisognerà vigilare per fare in modo che il risparmio non vada a scapito della qualità.
Purtroppo il sisma del Centro Italia dello scorso 24 agosto ha riproposto il tema della sicurezza sismica degli ospedali con strutture che sono risultate inagibili. Gli ultimi dati del 2013 parlavano di circa 500 ospedali a rischio. È cambiato qualcosa?
Dobbiamo completare questa mappatura per conoscere lo stato delle strutture, come le dicevo prima la situazione è veramente a macchia di leopardo in tutto il Paese. In alcune regioni è stata completata, in altre no. Certo poi bisogna considerare che gli ospedali risentono delle normative con cui sono stati costruiti.
Che proposte avete per invertire la rotta?
Mi faccia dire che non siamo indietro rispetto all’Europa. Abbiamo sia ospedali nuovi che rispettano le normative recenti ma pure parecchie strutture vetuste costruite cento anni fa, magari vincolate per interesse storico. Ecco, una volta che si avrà una mappa completa del patrimonio si dovrà avere il coraggio di fare delle scelte: dove investire sul nuovo o dove conviene fare una riconversione. È ovvio che ciò è facile a dirsi difficile a farsi. Com’è ovvio che investire sulle vecchie strutture in chiave antisismica comporterà sempre e solo un miglioramento, ma non saranno mai come quelle nuove.
Luciano Fassari
14 settembre 2016
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