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Intramoenia. Più di un miliardo di euro da trasformare in stipendi 

di Fabrizio Gianfrate

Sbagliato per far scomparire le liste d’attesa alimentare un sistema inefficiente coi soldi privati dei pazienti in commistione impura col sistema pubblico. Vanno invece riorganizzati i processi e adeguate le risorse del SSN, umane e finanziarie, al reale bisogno. Servirebbe una buona gestione ordinaria e niente rendite, mica la luna. Come succede negli altri Paesi. Quelli normali

21 MAR - “Meglio averli dentro la tenda che pisciano fuori, che averli fuori che pisciano dentro”. Chissà se Rosy Bindi sui medici SSN ha pensato a quell’inelegante ma efficace battuta dello sboccato Presidente USA Lyndon Johnson, istituendo per loro nel 1997 l’intramoenia, la libera professione di Stato. 
 
Per recuperare un po’ di di nero, consentire qualche entrata in più ai medici SSN, evitare fughe di massa al privato, soprattutto ridurre le liste d’attesa, sì a pagamento ma con prezzi calmierati. Forse anche accattivarsene il potente consenso (col senno di poi, impresa non tanto riuscita).
 
Oggi vale più di un miliardo di euro all’anno per i conti privati dei 55.000 medici dipendenti pubblici che la esercitano. Da qui le unanimi levate di scudi contro il Governatore Rossi, anche comprensibili (gli stipendi dei medici SSN sono tra i più bassi d’EU), ma talvolta mascherate da principi etici, nel consueto italico esercizio di scaltro adattamento delle convinzioni alle convenienze.
 
Come spiegarla, l’intramoenia? Al mio collega di un’università inglese (divertito): “fai conto che la Regina Elisabetta, nei sui uffici di Buckingam Palace, per un paio d’ore al giorno regnasse sulla Svezia, ovviamente ben retribuita dagli svedesi. Al mio meccanico (shockato): “come se Totti giocasse l’anticipo di sabato con la “maggica” e la domenica si facesse una ventina di minuti con la Lazio, ben remunerato da questa”.
 
Alla casalinga di Voghera (scandalizzata): “come un professore di una scuola pubblica che dà lezioni private nella sua scuola pubblica, usandone la stessa aula, i gessetti e la bidella brevilinea e irsuta. O un poliziotto che investiga pagato da quel marito geloso ma usando il suo ufficio del Commissariato, l’archivio e l’alfa con la luce blu. O quella moglie che, a casa sua e del marito e col suo beneplacito, s’intrattiene un paio di pomeriggi a settimana con i condomini maschi in età adulta”.
 
Insomma, non esiste azienda, pubblica o privata dove un dirigente svolga per propria attività libero professionale le stesse identiche attività nella stessa fabbrica, continuando ad utilizzarne macchinari ed attrezzature. Da far rabbrividire generazioni di teorici dottrinali dell’organizzazione aziendale, da Taylor in avanti.
 
Per non parlare dell’intramoenia extra muraria, studio privato pagato dall’ASL o dall’AO, un capolavoro di ossimoro (“intra” ma “extra”). Come se quel poliziotto di prima si facesse pagare dalla PS il suo ufficio privato e la parabellum. O che a Totti la maglietta biancoceleste gliela pagasse l’AS Roma. O a “The Queen” il riscaldamento di Buckingam Palace lo pagasse Stoccolma. O che quel marito fornisse ai gentili ospiti della moglie anche il Viagra.
 
Intramoenia extra muraria pure anticoncorrenziale: dura avere lo studio privato-privato vicino a quello del collega dell’intramoenia extra muraria che non ha costi e si porta i pazienti dall’ospedale (antitrust non pervenuto). Parla da sé, poi, l’iniquità dell’istituzionalizzazione SSN del principio della sanità “pay” e “free”. Come la televisione, davvero cattiva maestra, per dirla con Popper, a fare gli italiani degli individualisti facili all’accettazione di una tale distorsione del solidarismo del SSN.
 
E certo permane il rischio giustamente paventato da Enrico Rossi, magari tardivamente (prima di diventare Presidente della Toscana ne è stato una decina d’anni Assessore alla sanità), di “privilegiare” furbamente la visita privata su quella SSN. Di spostarvi furbamente i “mutuati” facendo leva sull’asimmetria informativa, rischio grosso nel Paese dalla moralità e dal rispetto delle regole come le nostre. “Moral hazard”, la tentazione che “fa l’uomo ladro”. O la stessa struttura pubblica, per alleviare le proprie liste d’attesa proprio spostando spesa e attività sulla tasca privata, se il manager è valutato sul bilancio e su certi parametri, liste d’attesa in primis.
 
Allora, sbagliato per far scomparire le liste d’attesa alimentare un sistema inefficiente coi soldi privati dei pazienti in commistione impura col sistema pubblico. “Pèso el tacòn del buso”, peggio la toppa del buco, direbbero in Veneto. Vanno invece riorganizzati i processi e adeguate le risorse del SSN, umane e finanziarie, al reale bisogno. Come accade in non poche ASL e AO dove il DG è bravo e, spesso, pure coraggioso ad opporsi ai calcificati interessi corporativi.
 
Revisione dei processi, macchinari utilizzati meglio, meno domanda inappropriata, prenotazioni meglio gestite, personale in più, stipendi più alti, pagamento degli straordinari, bonus e incentivi di produttività a medici e agli altri operatori coinvolti. Buona gestione ordinaria e niente rendite, mica la luna. Come succede negli altri Paesi. Quelli normali.
 
Prof. Fabrizio Gianfrate
Economia Sanitaria 

21 marzo 2016
© Riproduzione riservata

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