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“La nostra protesta ha vinto. Il Governo ha finalmente riconosciuto che il medico è il motore del sistema salute. Ora via alla road map per rilanciare ruolo, carriere e governance”. Intervista a Costantino Troise

di Cesare Fassari

Ecco cosa si aspetta il sindacato dopo l’intesa. Su cosa lavoreranno i tavoli congiunti? Quali le soluzioni sul tappeto? Solo parole o c’è effettivamente quella svolta nell’approccio del governo alla questione medica e sanitaria che è alla base della vertenza salute che vede tutti i sindacati medici e della dirigenza uniti e determinati da mesi come non accadeva da tempo? “Ieri - dice il leader dell'Anaao - qualcosa è cambiato. E' stata stata sancita anche da questo Governo la centralità del Ssn e dei dirigenti medici e sanitari che ci lavorano”

10 MAR - Il giorno dopo l’intesa di Palazzo Chigi il segretario nazionale dell’Anaao Assomed Costantino Troise è soddisfatto. Nessun trionfalismo, non è nel suo Dna, ma una chiara affermazione di affermazione sul campo. Intendiamoci, adesso comincia il bello. Con i 6 punti dell’intesa che andranno sviscerati, metabolizzati e tradotti in atti e comportamenti tali da dare concretezza a quella svolta nelle politiche di Governo, Regioni e Asl che sta all’incipit del comunicato congiunto emesso al termine dell’incontro a Palazzo Chigi.
 
In primo luogo l’affermazione che il “SSN è prioritario” e poi la condivisione di un percorso comune per mettere a punto tutte quelle misure indispensabili per dare concretezza agli impegni su contratto e convenzione, precariato, governance, centralità del medico nei percorsi di diagnosi e cura, formazione e ridefinizione dei rapporti con le altre professioni sanitarie.
 
Insomma dottor Troise, si aspettava questo risultato?
Aspettarcelo proprio no, però la composizione della delegazione ci autorizzava ad essere un po’ ottimisti.
 
Soddisfatti quindi?
Sì, soprattutto per l’affermazione di tre principi sui quali abbiamo finalmente trovato ascolto e condivisione nel Governo e che dimostrano una forte unità dei medici e dei dirigenti sanitari italiani.
Il primo è che per la prima volta c’è il riconoscimento che il SSN è il modello più efficace ed efficiente per garantire la salute dei cittadini, il che non era affatto scontato.
Il secondo  è che in un documento condiviso con il Governo viene a chiare lettere posto come obiettivo quello della valorizzazione del ruolo e del lavoro dei medici, della loro centralità nei processi di cura della governance del sistema e della loro autonomia e responsabilità. Con queste affermazioni il Governo fa uscire finalmente da un limbo le nostre rivendicazioni e rompe quell’atmosfera di emarginazione totale nella quale i medici e gli altri dirigenti sanitari sono diventati quasi fantasmi incorporei che nessuno vedeva e di cui nessun parlava.
Il terzo elemento da sottolineare è che le tante sigle sindacali presenti hanno saputo riconoscersi nella delega unitaria a uno di noi nel farsi portavoce nell’incontro di Palazzo Chigi. Questo non è un fatto secondario. E’ la dimostrazione della reale unità di vedute e intenti che medici, pubblici e convenzionati, e i dirigenti sanitari del Ssn hanno ormai raggiunto su tutte le grandi questioni.
 
Teme che qualcuno possa dire che si tratta solo di impegni e promesse e che in realtà di fatti concreti ci sia ben poco?
Qualcuno dirà certamente che sono solo parole al vento e che di fatto non cambia nulla rispetto alla realtà che stiamo vivendo. Nella storia sindacale abbiamo sempre avuto due anime: una massimalista del “tutto e subito” e l’altra più propensa alla costruzione di obiettivi di avanzamento progressivi.  Non si è mai saputo chi avesse ragione perché alla fine sono sempre mancate le controprove. Per quanto mi riguarda ieri abbiamo vinto. Perché la nostra vertenza non puntava a questo o quell’obiettivo categoriale circonstanziato ma a una generale rivisitazione delle politiche del Governo nei nostri confronti. Per ottenere tale rivisitazione serviva aprire un confronto vero con dei presupposti condivisi. E questo è avvenuto. Quindi non ho timore a dire che la nostra vertenza ha segnato una prima importantissima affermazione.
 
Eppure le vostre manifestazioni andranno avanti e lo sciopero è solo rinviato…
E’ giusto che sia così. L’abbiamo deciso perché il percorso concordato con il Governo ha bisogno di essere costantemente sostenuto e monitorato anche dalle periferie. Le 100 assemblee avviate lunedì scorso e la manifestazione conclusiva che faremo a Firenze saranno occasione di confronto e verifica costante con i nostri iscritti e con tutti gli operatori che vorranno dire la propria.
 
E un bilancio dei vari tavoli che si avvieranno sui 6 punti dell’intesa, quando lo farete?
Penso a giugno, prima della pausa estiva. In quel periodo saremo in grado di fare un bilancio serio dell’impegno del Governo e delle Regioni che, anche se non presenti ieri a Palazzo Chigi, saranno anch’esse determinati per il raggiungimento dei nostri obiettivi. E che si fa sul serio lo dimostra il fatto che già lunedì prossimo si avvierà il primo dei tavoli concordati con Regioni e Governo, quello importantissimo per l’applicazione dell’articolo 22 del Patto per la salute che riguarda gli sviluppi professionali di carriera, la valorizzazione delle risorse umane e i rapporti con le altre professioni sanitarie.
 
Bene. Proviamo allora a entrare nel merito di questi 6 punti. Al primo l’intesa parla di valorizzazione della professione medica, riconoscendole il ruolo centrale nella prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione dei pazienti, nonché nella governance delle strutture sanitarie, ospedaliere e di medicina territoriale, assicurando l’autonomia tecnico-professionale e la correlata responsabilità. Come pensate di tradurre in pratica queste affermazioni?
Il nostro obiettivo è quello di trasformare e diffondere questi principi negli atti  di Governo e Regioni. Penso alla ripresa del confronto sul governo clinico, un tema centrale che dopo anni di dibattito parlamentare non ha però prodotto nulla. E invece oggi, con questa intesa, si riapre concretamente la possibilità di vederlo finalmente affermarsi o con una legge ad hoc o con altri atti normativi che stabiliscano il coinvolgimento e permanente dei medici e dei dirigenti sanitari nella governance del sistema. Poi c’è l’obiettivo di una ridefinizione dei rapporti con le altre professioni che, dopo l’intesa di ieri, vede affermarsi con chiarezza la centralità del medico nei processi di diagnosi e cura. Un punto, questo, sul quale abbiamo assistito negli ultimi tempi a una serie di attacchi diretti o indiretti che non possiamo accettare e che ora finalmente anche il Governo sancisce ufficialmente come un dato inequivocabile.
 
Requiem per il comma 566?
Non è questo il punto. Ieri si è deciso di ripartire e su questo tema, nel tavolo che si aprirà lunedì prossimo sull’articolo 22 del Patto per la salute, previsto dal secondo punto dell’intesa con Palazzo Chigi, è nostra intenzione trovare le soluzioni giuste per ridare armonia alle professioni, senza veti e senza preclusioni ma, lo ribadisco, a partire dalla centralità del medico nel processo di diagnosi e cura. Su questo nessun passo indietro.
 
Arriviamo al terzo punto. In sostanza l’impegno è quello di trovare finalmente una soluzione definitiva al precariato.
Siamo partiti prima di tutto dallo sblocco del turn over e abbiamo cercato di accelerare i processi di stabilizzazione del precariato storico. Abbiamo condiviso che la partita deve vedere un punto di coordinamento presso il ministero della Salute, di concerto con il Mef e le Regioni che hanno già dichiarato la loro intenzione di accelerare l’assunzione delle 5-6mila unità previste dalla legge di stabilità per rispondere al cambio di orario di lavoro (ndr. Vedi intervista a Saitta). Poi abbiamo chiesto un censimento rapido ed esaustivo del precariato e delle sue varie forme in cui si manifesta. Dobbiamo sapere di cosa si sta parlando per prendere le decisioni giuste. Al Governo abbiamo chiesto un jobs act per la sanità che si basi anche per il Ssn sul criterio del tempo indeterminato a tutele crescenti.
 
Come l’hanno presa?
Devo dire che al momento non abbiamo avuto né un sì né un no. Ma certo non capiamo perché quello che si può fare nel privato non si possa fare nel pubblico. I medici non possono essere pagati ad ore, come sta avvenendo in molte realtà, mettendo a rischio la continuità delle cure. Né si può pensare di consolidare le esternalizzazioni di un Pronto soccorso o della diagnostica, tanto per citare due esempi, che rappresentano rischi enormi per servizi e prestazioni delicatissimi sui quali il Ssn non può delegare all’esterno le proprie responsabilità. E gli esempi che ho citato non riguardano il sempre mal citato meridione, ma regioni come il Veneto e il Lazio, tanto per intenderci.
 
Veniamo alla formazione. Il quarto punto dell’intesa. Cosa vi aspettate?
A Palazzo Chigi ho posto questa domanda: pensate che possiamo permetterciil  lusso di formare a nostre spese medici per metà Europa. I due ministri presenti, Lorenzin e Madia, mi hanno detto di no. E allora, se non possiamo permetterci questo lusso dobbiamo fare qualcosa. Nel 2023 se non cambia la programmazione dei corsi di laurea e delle specializzazioni avremo 30mila giovani medici senza lavoro.  Un “prodotto” così costoso non può essere lasciato  a se stesso. Il tavolo che apriremo su questo punto dovrà indicare soluzioni precise e lavorerà ovviamente in sinergia con gli altri per quanto riguarda gli aspetti dell’immissione nel nostro specifico mercato del lavoro con nuove regole e nuovi paletti agli abusi di Co.Co.Co e Co.Co.Pro, e chi più ne ha più ne metta.
 
Al quinto punto dell’intesa si prevede l’avvio delle trattative per il rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro e delle convenzioni. A che punto siamo? Cosa impedisce di partire dopo la sentenza della Corte che ha sbloccato i contratti nella PA?
Il nodo resta ancora quello delle Aree contrattuali dove registriamo ostacoli all’accordo sulla proposta, da noi invece condivisa, del ministro Madia. Ma il problema non riguarda la sanità, quanto altre aree del Pubblico impiego dove da parte di alcuni sindacati si teme la perdita di specificità dopo le unificazioni proposte dal Governo. Per quanto ci riguarda a noi l’atto di indirizzo Madia sta bene così com’è e, se lo stallo non si supererà a breve, chiederemo al ministro di rompere gli indugi ed emanare il decreto. Poi ovviamente c’è la questione finanziaria. Fare un contratto al buio delle coperture disponibili non ha senso. Su questo attendiamo il Def che dovrebbe chiarire le poste disponibili. Vedremo.
 
Siamo arrivati alla fine. Con il sesto punto dell’accordo che prevede la verifica con le Regioni e col Mef in sede di Conferenza Unificata dell’ambito applicativo del comma 236 della legge di stabilità 2016, vale a dire il salario accessorio. Che è successo?
Il punto è di cercare di porre riparo all’ingiustizia fatta con la finanziaria che ha congelato anche i nostri trattamenti accessori in attesa dei decreti legati di cui alla  riforma  Madia che però riguardano il ruolo unico della dirigenza dalla quale come si sa quella medico sanitaria è esclusa. Una incongruenza che deve essere sanata e sulla quale il Governo si è impegnato a fare le dovute verifiche.
 
Cesare Fassari

10 marzo 2016
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