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Fisici medici. Troppo pochi al Sud e qualità prestazioni radiologiche ne risente. Intervista a Gori (Aifm)


Vi sottoporreste a un ciclo di radioterapia senza essere sicuri che la dose di radiazioni indirizzate sul vostro corpo sia funzionale a distruggere le cellule tumorali senza danneggiare quelle sane? È partendo da questa domanda che Cesare Gori, socio fondatore dell’Associazione italiana fisici medici (Aifm), denuncia i rischi, in termini di qualità delle cure, del mancato impiego di fisici medici nelle strutture del Ssn. Giovedì si apre a Perugia il IX Congresso Aifm.

23 FEB - Comunicare e valorizzare la figura dei fisici in Medicina e rafforzare i rapporti di sinergia culturale e professionale con i medici radiologi, nucleari e radioterapisti per ottenere l’ottimizzazione in termini di qualità e sicurezza delle prestazioni sanitarie con l’impiego delle radiazioni. Sono questi gli obiettivi principali a cui punta Cesare Gori, socio fondatore dell’Associazione italiana fisici medici (Aifm) e presidente del Comitato Scientifico del Congresso dell’Associazione che si terrà dal 25 al 28 febbraio a Perugia. Se il fisico (vedi il profilo professionale), con le sue competenze di calcolo di distribuzione della dose radiante e di elaborazione delle immagini, può infatti fare la differenza per la salute del paziente, purtroppo nell’opinione pubblica questa figura è pressoché sconosciuta e da alcune Regioni ancora sottovalutata, come dimostra la mappatura dei fisici medici impiegati in Italia, che mostra una grave carenza in tutte le Regioni del Sud (ma anche in Veneto).

In questa intervista, alla vigilia dell’apertura del IX Congresso dell’Aifm, Cesare Gori illustra al nostro giornale le sfide che la categoria si prepara ad affrontare.

Dott. Gori, il programma del Congresso è molto ricco. Sarà anche l’occasione per valorizzare l'apporto in tutti gli ambiti di intervento dei fisici in medicina?
Assolutamente. In una medicina in continua evoluzione, e sempre più personalizzata, il ruolo e il contributo che il fisico può portare all’interno delle strutture sanitarie è sempre più importante. Facendo l’esempio della Radioterapia, trattamento noto al grande pubblico, sono in gioco tecnologie notevoli che oggi permettono di seguire la modificazione del tumore durante il trattamento radioterapico così da modificare contestualmente l’irraggiamento sul paziente. Come può notare, si tratta di ambiti di azione importanti, dove la presenza del fisico con le sue competenze di calcolo di distribuzione della dose radiante e di elaborazione delle immagini può fare la differenza per la salute del paziente. Purtroppo nell’opinione pubblica siamo una figura molto sottovalutata. I pazienti giustamente vedono il medico, che resta il principale referente della salute complessiva dell’assistito, ma non vedranno mai il fisico, così come non vedranno mai il farmacista ospedaliero, di conseguenza ne ignoreranno o sottovaluteranno il contributo. Ma non vogliamo fare alcuna battaglia di notorietà. Per noi è più importante stabilire rapporti di sinergia culturale e professionale con i medici radiologi, nucleari e radioterapisti per ottenere l’ottimizzazione in termini di qualità e sicurezza delle prestazioni sanitarie con l’impiego delle radiazioni.

Anche le istituzioni sottovalutano il vostro contributo?
No, in generale, ma in alcune aree del Paese probabilmente è così. O comunque il sistema è in difficoltà e tra i professionisti che ne fanno più le spese ci sono i fisici medici. Basta guardare alcuni dati, che saranno presentati al Congresso, che mettono a confronto il numero di medici con il numero di fisici. Sono soprattutto le Regioni in piano di rientro a essere a corto di fisici. In Campania, ad esempio, per una popolazione di 5,7 milioni di abitanti si contano 20.441 medici nel 2013 contro 11 fisici.
Tuttavia credo che le istituzioni, anche regionali, si stiano rendendo sempre più conto del nostro ruolo. Non a caso sono proprio delegati dalle Regioni i fisici che siedono nella Commissione ministeriale che sta lavorando al recepimento della direttiva europea per la protezione contro i pericoli derivanti dall'esposizione alle radiazioni ionizzanti.

Che aspettative avete dai lavori della Commissione?
I fisici intendono coordinarsi con i medici dell’area radiologica per una normativa che sia organica e quanto meno farraginosa possibile. La direttiva europea pone il fisico medico in un ruolo centrale in molte questioni: dalla garanzia della qualità delle apparecchiature radiologiche alla garanzia della quantità di dose radiante erogata al paziente. Ma intendiamo dare il nostro contributo anche in termini organizzativi. Al Congresso saranno presenti anche il presidente della Commissione, Paolo Rossi, e i rappresentanti di altri profili con cui i fisici lavorano braccio a braccio. Sarà dunque l’occasione per fare il punto sui lavori e ribadire gli obiettivi condivisi.

Come accennava, dai numeri dell’Afim emerge una forte disomogeneità rispetto all’occupazione dei fisici medici nelle Regioni italiane, si va dai 25 per milioni di abitanti in Friuli ai 2,4 in Campania. La mancanza si registra soprattutto al Sud. Considerata l’importanza del vostro ruolo in determinate prestazioni, si può affermare che la carenza di fisici medici si traduca in una carenza di prestazioni per i cittadini del Sud?
Non in termini quantitativi, ma in termini qualitativi sicuramente sì. La disponibilità di strumentazioni rende infatti possibile l’erogazione della prestazione, ma il mancato contributo del fisico medico nei trattamenti terapeutici e diagnostici con le radiazioni può rendere la prestazione più rischiosa o meno efficace. I fisici, infatti, all’interno delle strutture del SSN sono portatori di saperi non fungibili da altri professionisti, che consistono, per semplificare, nella misurazione delle grandezze fisiche. Ad esempio, il fisico collabora con il medico per garantire la sicurezza e l’efficacia della diagnosi e della terapia, con specifiche responsabilità sulla valutazione preventiva e consuntiva della “dose” di radiazione assunta dal paziente. Sono prestazioni che seguono dei protocolli, ma la presenza del fisico permette la valutazione dei fattori specifici del caso, assicurando maggiore sicurezza per il paziente. Per tornare alla sua domanda, si può sicuramente dire che la mappa della presenza dei fisici medici nelle diverse Regioni sia del tutto congruente con la qualità delle prestazioni comunemente percepita per quelle Regioni. E i dati sulla mobilità sanitaria lo confermano.

La carenza di fisici medici nelle strutture del Ssn potrebbe essere determinata anche dalla mancanza di un adeguato numero di specialisti del settore?
È una questione di cultura del sistema. Ci sono Regioni in cui l’apporto del fisico medico non è considerato essenziale e Regioni in cui l’importanza di tale sapere è riconosciuta. Ed è proprio in queste ultime Regioni che si ha anche l’eccellenza del sistema sanitario.

I bandi per le scuole di specializzazione di area non medica sono bloccati da due anni…
E nonostante questo, non c’è ancora stato il completo assorbimento degli specialisti già formati. Ovviamente anche a causa della crisi e dei tagli alle risorse, assunzioni comprese.
Il problema della mancata attivazione delle scuole di specializzazione in fisica medica non potrà non avere una soluzione unitaria assieme a quello di tutte le altre specializzazioni non mediche, ma comunque di area sanitaria, come ad esempio quelle in Farmacia Ospedaliera. I Rettori delle Università non attivano le scuole di specializzazione non mediche per timore di ricorsi da parte degli specializzandi per rivalsa economica che graverebbe sui bilanci dell’Università. D’altra parte l’erogazione da parte del Ministero della Salute dei contratti di formazione analoghi a quelli attuali per i medici dovrà passare attraverso  un accordo con il MIUR che preveda l’adeguamento dell’offerta formativa dell’Università alla programmazione regionale.  Auspico fortemente un tale accordo: non solo ne risentirà positivamente la preparazione degli specializzati, ma soprattutto si ridurrà il precariato. Un importante e insostituibile servizio che l’Università potrà fornire al paese.

Che aspettative ci sono, per il futuro, per i fisici medici?
L’auspicio è che si riconosca l’importanza del nostro sapere e di conseguenza sia valorizzata la nostra presenza nelle strutture sanitarie.

Lucia Conti

23 febbraio 2016
© Riproduzione riservata

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