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Riforma degli Ordini. Mandelli: “No alle ‘quote protette’”


In un’intervista rilasciata al Corriere della Sera del 4 aprile, il presidente della Fofi, Andrea Mandelli, risponde alla lettera di protesta inviata alla Fofi dai titolari di parafarmacia che chiedono quote protette di rappresentanza all’interno dell’Ordine e una revisione delle regole previdenziali.

01 GEN - “Non siamo un sindacato e pertanto non possiamo pensare a categorie protette o a quote garantite di rappresentanza”. A spiegarlo è il presidente della Fofi, Andrea Mandelli, che in un’intervista al Corriere della Sera affronta il tema della riforma degli Ordini professionali prevista dal Ddl Fazio e risponde alle proteste dei titolari di parafarmacia, che in una lettera inviata alla Federazione chiedono “che in ogni lista di potenziali eletti per li rinnovo dei rappresentanti degli Ordini dei Farmacisti, sia prevista una quota riservata alle figure professionali che si affiancano a quella dei titolari di farmacia, compresa la nostra, cioè quella dei titolari di parafarmaci”. Richiesta che non può essere accolta, risponde Mandelli. “Sono contrario a distinzioni all'interno di un unico Ordine. La nostra inoltre è una struttura nata, nel lontano '46, con lo scopo di garantire la tutela della qualità professionale a vantaggio del cittadino. Non siamo un sindacato e pertanto non possiamo pensare a categorie protette o a quote garantite di rappresentanza. Chi ha interesse a essere presente, si candidi e cerchi di essere eletto. Del resto – ricorda il presidente della Fofi - ci sono già molti presidenti di Ordini che, per esempio, non sono titolari di farmacie: penso a Crotone, Siena o Aosta, giusto per fare qualche nome”. Mandelli non è contrario a un processo di riforma dell’Ordine, ma ritiene che le priorità siano altre che non le “quote protette”. “Per esempio modulare meglio la capacità di intervento nei provvedimenti disciplinari”.
C’è poi un secondo aspetto che allarma i titolari di parafarmacia, che tuttavia esula dalla competenza della Fofi. Si tratta, infatti, del trattamento pensionistico. “Chi ha aperto gli esercizi commerciali prima del gennaio 2008 — scrivono i titolari di parafarmacia — ha iniziato pagando l'Inps come lavoratore autonomo e la parte di spettanza Enpaf” ma “nel gennaio 2008 arriva la famigerata circolare n. 8 che spiega in poche parole che bisogna cancellarsi dall'Inps e passare tra le braccia dell'Enpaf”. Il problema, per i titolari di parafarmacia, è che “molti di noi hanno versato per anni all' Inps la quale garantiva comunque una pensione ragionevole mentre quella dell'Enpaf è ridicola”. Secondo Mandelli, “se vogliamo introdurre la necessità di una riforma previdenziale, il tema diventa molto più ampio e non riguarda solo la nostra categoria. E probabilmente andrebbe affrontato in altre sedi”. Ma al momento, al problema si può rispondere solo osservando che “prima erano dei dipendenti e stavano all'Inps poi sono diventati imprenditori. È giusto che passassero all'Enpaf”.

 

01 gennaio 2011
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