Orario lavoro e direttiva UE. Giovani Medici: “A nessuno venga in mente di sacrificare la formazione sull’altare della sostenibilità economica”
Per l'Associazione Italiana Giovani Medici (Sidm) è “diffusa la tentazione di risolvere i problemi strutturali di mancanza di organico e razionamento dei finanziamenti con il lavoro dei medici in formazione”. Nel complesso, però l'argomento “è complesso per essere trattato semplicemente con la scure del diniego, dello sciopero e dei ricorsi”.
05 NOV - L’Associazione Italiana Giovani Medici (SIGM) interviene nel dibattito in merito al recepimento della Direttiva Europea 2003/88/CE sul monte orario: “È necessario e urgente porre l’accento sul recupero di risorse interne alla sanità per fare spazio oggi ai giovani specialisti; fare il gioco dello scaricabarile con le Istituzioni o soffermarsi sulle interpretazioni dei metodi di calcolo dell’orario in questo momento non serve. E a nessuno venga in mente di sacrificare la formazione all’altare della sostenibilità di assetti non più giustificabili”.
Per i Giovani Medici la Direttiva “è importante perché dà fondamenta giuridiche all’esperienza accumulata in letteratura secondo cui periodi lavorativi prolungati producono effetti importanti sulla salute dei professionisti aumentando il rischio d’errore e che, in ultima istanza, mettono a rischio il paziente”. Tuttavia l’argomento “è complesso per essere trattato semplicemente con la scure del diniego, dello sciopero e dei ricorsi. Soprattutto in sanità, soprattutto in Italia dove il blocco del turnover tiene ormai da tempo alle porte del sistema centinaia di giovani specialisti vittima di equilibri organizzativo-professionali oggi non più sostenibili”.
Istituzioni e rappresentanza sindacale e istituzionale della Professione “hanno atteso passivamente questa data si voglia per disattenzione, si voglia per incapacità di previsione/prevenzione e oggi che il 25 novembre è dietro l’angolo si lanciano proclami e minacce di ricorso senza entrare nel merito del problema. In questo contesto, al cospetto di un Ssn pubblico, universalistico in difficoltà a causa della crisi di risorse e dell’aumento dei bisogni, il ruolo e l’atteggiamento dei professionisti sanitari è centrale almeno quanto quello dei decisori e della politica”.
“La stewardship delle risorse pubbliche – aggiungono i Giovani Medici - è parte integrante della responsabilità sociale della professione medica. Se è vero che mancano risorse e aumenta l’impatto dei tagli lineari è altrettanto vero che i giovani sono costretti a stazionare fuori dal SSN perché il sistema è incline a mantenere invariati i privilegi stratificatisi negli anni e si conferma allergico all’ incentivazione del merito, della trasparenza e dell’accountability”.
E mettono in guardia. “
A nessuno venga in mente di utilizzare la formazione per garantire la sostenibilità di assetti non più giustificabili. Il recupero di sprechi e inappropriatezze deve interessare sia la governance regionale sia la rappresentanza sindacale dei medici. Certamente – avvertono - evitando di confondere i piani della formazione e del lavoro che invece meritano un’integrazione chiara e coerente al servizio del sistema”.
Anche perché, fanno notare,
la Direttiva specifica che il limite del monte orario non è applicabile ai medici in formazione che “in tutti i sistemi sono, nel bene e nel male, chiamati a operare ben aldilà degli orari lavorativi di contratto per massimizzare le opportunità formative sia per risolvere i problemi strutturali di mancanza di organico e razionamento dei finanziamenti. Diffusa è però la tentazione di risolvere i problemi strutturali di mancanza di organico e razionamento dei finanziamenti con il lavoro dei medici in formazione”.
“Nel nostro Paese il necessario ampliamento delle attività delle scuole di specializzazione nelle reti integrate deve avvenire secondo criteri di misurabili in termini di qualità e performance delle strutture interessate – conclude l’Associazione Italiana Giovani Medici (SIGM). Ribadiamo che sono assolutamente da evitare soluzioni come quelle proposte dal Ddl ex art. 22 del Patto per la Salute in cui, senza soffermarsi sulle problematiche di lungo termine, veniva proposto l’inserimento di neolaureati senza specializzazione nelle piante organiche delle aziende. Una cura, come spesso capita, peggiore del male stesso”.
05 novembre 2015
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