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Responsabilità singola o d’équipe? Un’altra sentenza controversa dal Tribunale di Lecce

di Luca Benci

Questa volta il pendola oscilla verso la responsabilità del singolo medico ritenuto il solo responsabile del decesso di un paziente dopo un'errato posizionamento della piastra del bisturi elettronico utilizzato in un intervento chirurgico. Una sentenza in controtendenza rispetto agli orientamenti più recenti della Cassazione che identificano la responsabilità “corale” e “plurale”, come l’unica idonea a garantire la sicurezza. LA SENTENZA

20 OTT - Durante un intervento chirurgico un paziente subisce una grave "ustione da contatto a stampo faccia laterale e mediale collo piede sn", con ipoestesia e deficit motorio del piede sinistro e complicazioni nel decorso clinico della lesione, il tutto a causa dell'erroneo posizionamento della piastra del bisturi elettronico” utilizzato dal chirurgo urologo nel corso di un intervento di resezione prostatica (T.U.R.P.).
 
Viene accertato che il posizionamento dell’elettrodo è stato scorretto (applicato al piede anziché al polpaccio e malamente fissato.) Durante l’intervento, a fronte della dispersione di corrente nel circuito, si è aumentata la potenza causando l’ustione nella parte dove era posizionata la placca.
 
L’effetto lesivo si è dunque verificato per un triplice meccanismo:
- cattiva ed errata applicazione della placca;
- placca usurata dall’uso;
- non adeguato fissaggio della stessa.
 
Viene condannato in primo grado per le lesioni il chirurgo, unitamente all’azienda sanitaria, in quanto il Tribunale di Lecce ha ritenuto sussistente la responsabilità per colpa omissiva del medico in quanto avrebbe dovuto controllare l'operato del personale sanitario e parasanitario che lo assisteva nel corso dell'intervento", tanto più in considerazione della sua posizione apicale di primario, in forza della quale "era di certo esigibile un controllo analitico delle attività del predetto personale".
 
In particolare, ha rimarcato il primo giudice, "il suo dovere di vigilanza sull'attività del personale sanitario e parasanitario imponeva, quantomeno, che egli si procurasse informazioni precise sulle iniziative intraprese dagli altri sanitari, con riguardo a possibili, e non del tutto imprevedibili, eventi che potevano intervenire. Nel caso di specie, era pertanto preciso dovere del F. accertarsi della corretta applicazione della placca, del suo adeguato fissaggio ovvero dell'usura della stessa, prima di procedere all'intervento chirurgico".
 
Il medico propone appello sulla base di una pluralità di motivi:
-  intervento chirurgico eseguito per via endoscopica con diligenza e perizia tecnica, secondo le linee guida;
-  i danni erano riconducibili al cattivo stato dell’elettrodo e al non corretto posizionamento dello stesso. Quest’ultimo è riferibile al comportamento del personale infermieristico in quanto “manovra delegata al personale di sala operatoria”;
- il chirurgo non era nelle condizioni di verificare eventuali anomalie del funzionamento dell’elettrobisturi;
- che il funzionamento dell’elettrobisturi fosse riservato in via esclusiva all’infermiere “ferrista”;
- la responsabilità del chirurgo in qualità di capo equipe si estende solo all’attività strettamente chirurgica e non anche all’attività di sala operatoria.
 
La Corte di appello di Lecce condivide la decisione del giudice di primo grado operando una serie di ragionamenti sul “principio di affidamento” interessanti. Nella responsabilità del lavoro di equipe agisce, come è noto, proprio il principio in questione: ognuno si concentra i compiti spettanti confidando (fidandosi!) della professionalità e dell’agire altrui. Tale principio, sostengono i giudici pugliesi, deve però essere contemperato con l’obbligo di garanzia verso il paziente in quanto la mera applicazione del principio dell’affidamento “consentirebbe ad ogni operatore di disinteressarsi completamente dell'operato altrui, con i conseguenti rischi legati a possibili difetti di coordinamento tra i vari operatori”. Specifica inoltra la sentenza che la posizione di garanzia, in questi casi, è riferibile sia alla posizione di controllo che a quella di protezione. In virtù della prima  il medico apicale – si continua a citare come riferimento l’abrogato DPR 761/1979… - non risponde del fatto lesivo se l’inosservanza non poteva essere prevista altrimenti “il suo ruolo di garante” lo espone a responsabilità.
 
Dopo avere citato una norma abrogata i giudici leccesi analizzano i rapporti tra chirurgo, personale infermieristico e principio di affidamento arrivando a sostenere che tale principio non si applica  nei rapporti tra chirurgo e infermiere in quanto il personale infermieristico negli interventi chirurgici ha il mero compito di “assistenza del personale medico”, citando inconsapevolmente, l’abrogato mansionario infermieristico ex DPR 225/1974.
 
In sintesi il chirurgo è responsabile in quanto per la sua posizione apicale – che non è riferibile solo al suo essere “primario” (l’aggiornamento della normativa e dei termini, abbiamo visto, non è proprio la prerogativa principale dei giudici pugliesi) -del mancato controllo del posizionamento della placca in quanto è lui ad avere azionato lo strumento operatorio e di conseguenza le modalità di funzionamento ricadono nell’ambito delle sue conoscenze e dei suoi obblighi di controllo con la conseguenza dell’inosservanza,  nel caso di specie, dell’obbligo di “controllare che la placca neutra fosse stata correttamente posizionata e fissata, al fine di evitare spostamenti nel corso dell'intervento”.
 
Inoltre la perdita di potenza dell’elettrobisturi durante l’intervento avrebbe dovuto indurre il chirurgo a “verificare ulteriormente il regolare posizionamento della placca neutra, poiché, come segnalato anche dal C.T.U., è stato proprio il precario contatto della placca con l'arto del paziente a far scaricare parte della corrente sul piede sinistro diminuendo l'intensità della stessa sulla loggia prostatica".
 
Quello che stupisce in queste motivazioni della Corte di appello di Lecce è non soltanto il riferimento a un capo equipe che nelle attività legate alle attività di sala operatoria (e quindi non legate strettamente all’esecuzione della corretta tecnica di intervento chirurgico che, ovviamente, è esclusivamente medica) il ruolo del capo equipe si è nel corso dei decenni necessariamente affievolito proprio per le misure di sicurezza che non possono, in alcun modo, essere garantite da un “uomo solo al comando”. La Cassazione penale ha parlato, in questi casi, nella sua giurisprudenza più recente, di responsabilità “corale” e “plurale”, l’unica idonea a garantire la sicurezza.
 
Si rischia di caricare di eccessive responsabilità – sarebbe meglio dire di eccessive competenze – un primo operatore che per ruolo, funzioni e tecnica è spesso impossibilitato a operare controlli come quelli richiesti dalla Corte di appello di Lecce. Sostenere che, all’interno dell’equipe operatoria, il primo operatore abbia il dovere di procurarsi “informazioni precise sulle iniziative intraprese dagli altri sanitari” e “accertarsi della corretta applicazione della placca” del fissaggio e dell’usura è francamente eccessivo, carica di responsabilità di fatto oggettive il primo operatore e deresponsabilizza l’equipe chirurgica restante.
 
Per altro, da quanto si comprende, il sistema placca-elettrobisturi appare decisamente datato per la mancanza evidente di sistemi di sicurezza che avrebbero permesso di evitare l’evento lesivo.
 
Una sentenza in controtendenza rispetto agli orientamenti più recenti della Cassazione.
 
Luca Benci
Giurista

20 ottobre 2015
© Riproduzione riservata

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