Chirurgia. Ricerca Acoi. Quattro chirurgi su dieci “sommersi” dalle pratiche burocratiche
È quanto emerge da una ricerca dell’Associazione dei Chirurghi Ospedalieri Italiani su un campione di oltre 700 chirurghi, presentata al Congresso nazionale delle Chirurgie 2015 Genova. Piazza: “Tempo prezioso sottratto ai malati. Nessun è mai stato guarito dalla ‘chirurgia cartacea”. LA RICERCA
24 GIU - Altro che camera operatoria, quattro chirurghi su dieci sono costretti a passare più della metà della propria giornata lavorativa incollati alla scrivania per districarsi dalla enorme matassa di pratiche burocratiche. E tre chirurghi su dieci utilizzano tra il 40 e il 50% del tempo a combattere con la “penna” invece di dedicarsi alla propria attività medica. Sono pochissimi, vere e proprie mosche bianche (il 7,13%), quelli che invece dedicano meno del 25% della propria giornata ad attività burocratiche.
È quanto emerge da una ricerca Acoi, l’Associazione dei Chirurghi Ospedalieri Italiani, realizzata su un campione di oltre 700 chirurghi e presentata durante il Congresso Nazionale delle Chirurgie 2015 in corso a Genova.
“La burocrazia – ha dichiarato
Diego Piazza, presidente Acoi e capo dipartimento emergenza urgenza nell'azienda Policlinico Vittorio Emanuele di Catania – sottrae tempo non solo all’attività chirurgica, ma agli stessi malati che spesso avvertono la necessità di trascorrere più tempo con il proprio chirurgo per chiarimenti sulle scelte terapeutiche o anche solo per una parola di conforto. Nessun malato è mai stato guarito dalla ‘chirurgia cartacea’”.
Ma la ricerca Acoi ha anche indagato sullo stato dell’arte delle tecnologie in grado di assicurare al chirurgo il massimo delle garanzie nel corso di un intervento di media alta complessità. Se in circa il 63% degli interventi chirurgici le garanzie sono state massime per i chirurghi (nel 100% dei casi per circa il 19% dei chirurghi, quasi sempre nell’80% dei casi, per circa il 44% dei medici) in almeno un intervento su dieci (nel 12% dei casi), il chirurgo non ha potuto contare su tecnologie in grado di assicurare il massimo della garanzia per il paziente: il 2,7% dei chirurghi ha risposto che non ha mai avuto a disposizione tecnologie ad hoc, il 9,3% “quasi mai” nel 30% dei casi. E il 25,4% “spesso” nel 50% dei casi. Una carenza diffusa che talvolta ha determinato un cambio di strategia a causa dell’inadeguatezza dei presidi ospedalieri.
E ancora, su un campione di 100 pazienti, se la quasi totalità dei chirurghi, ha dichiarato di non aver mai dovuto cambiare strategie a causa dell’inadeguatezza dei presidi ospedalieri, circa un chirurgo su dieci (il 14%) ha affermato che nel 50% dei casi ha spesso dovuto cambiare rotta.
“I tagli lineari hanno depauperato le sale operatorie italiane di beni e servizi spesso indispensabili per la perfetta riuscita di un intervento chirurgico. Inoltre – ha aggiunto il presidente Acoi – aumentando la complessità tecnologica delle nostre sale operatorie i presidi devono essere calibrati per l’intervento, infatti basterebbe uno scarto di un millimetro per non poter utilizzare uno strumento. Se la precisione chirurgica viene mitizzata nella vita comune essa non può essere poi svilita al tavolo operatorio in nome di un risparmio il più delle volte inesistente perché – ha concluso Piazza – nel campo medico spesso corrisponde a verità il detto che chi spende meno compra due volte”.
24 giugno 2015
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