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L'appello di Aaroi-Emac, Siared, Siaarti e Siaatip. Stop alla denominazione “sedazione” per l'anestesia generale. “A rischio la salute dei pazienti”


In una lettera aperta inviata al ministro Lorenzin e ad altre istituzioni viene lanciato l'allarme: “Il solo classificare come ‘sedazione’ una procedura anestesiologica complessa come l’anestesia generale basta ad abbassare, a torto, i livelli minimi di diligenza e prudenza necessari per la sicurezza nei locali non classificati come sale operatorie". 

23 GIU - Le procedure operative mediche considerate “a bassa complessità” e/o “a bassa invasività” svolte in “Nora” (Non Operating Room), nelle quali sono chiamati a prestare la propria opera i medici specialisti in anestesia e rianimazione, prevedono un atto anestesiologico a tutti gli effetti che, in quanto tale, deve rispondere a tutti i requisiti di sicurezza previsti. A lanciare l’allarme, anche in seguito a recenti fatti di cronaca, sono l’Aaroi-Emac, la Siared, la Siaarti e la Siaatip in una lettera inviata oggi al Ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, al Sottosegretario alla Salute, Vito De Filippo e al Presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome, Sergio Chiamparino.

Tra le attività “a bassa complessità” e/o “a bassa invasività” che oggi risultano eseguibili in locali non classificati come “sale operatorie”, vi sono le procedure finalizzate alla procreazione medicalmente assistita, quelle finalizzate alle attività endoscopiche, a quelle radiologiche, ad alcune prestazioni nei Pronto Soccorso. Il problema, sottolineano l’Aaroi-Emac, la Siared, la Siaarti e la Siaatip, è che “tali prassi si basano sempre più spesso:
♦ su una distorta applicazione ‘per attrazione’ del falso concetto che ad attività individuate come “a bassa complessità” e/o “a bassa invasività” corrispondano prestazioni anestesiologiche di livello “poco specializzato”, che provoca una deregulation inaccettabile della sicurezza;
♦ su una distorta classificazione delle prestazioni anestesiologiche richieste per tali procedure, che provoca la tendenza a definirle come “sedazioni”, camuffando con tale termine quelle che invece sono vere e proprie “anestesie generali”.

Tale distorta classificazione di “anestesie generali” sotto le mentite spoglie di “sedazioni” è oggi sempre più “a rischio di essere strumentalizzata - si legge nella lettera -, a scapito della sicurezza, unicamente per poter incrementare il numero delle suddette attività, che devono comunque prevedere, ovunque siano svolte, percorsi organizzativi, oltre che requisiti anche strutturali, codificati e sicuri”.

L’effetto più deleterio di tale deriva è “un’inaccettabile aumento dei rischi per pazienti ed operatori - avvertono l’Aaroi-Emac, la Siared, la Siaarti e la Siaatip - Infatti, il solo classificare come ‘sedazione’ una procedura anestesiologica complessa come l’anestesia generale basta ad abbassare, a torto, i livelli minimi di diligenza e prudenza necessari per la sicurezza nei locali non classificati come ‘sale operatorie’, senza considerare che il confine tra ‘sedazione’ e “anestesia generale” è quantomai labile, se non inconsistente”.

Per fare chiarezza sulla questione l’Organizzazione Sindacale e le Società Scientifiche hanno deciso di rivolgersi alle istituzioni con tre richieste urgenti. In primo luogo chiedono di “vietare la denominazione ‘sedazione’ per tutti i casi in cui vengono utilizzati farmaci ‘ipnotici’, che per loro specifica farmacodinamica non sono deputati ad un effetto sedativo, ma che sono da riservarsi all’anestesia generale, cioè ad effetto ipno-induttore per indurre un’anestesia generale (p. es. propofol), o ad effetto analgesico maggiore (p. es. remifentanyl)”.

In secondo luogo richiedono di “vietare, e prevedere sanzioni in caso di abuso, l’utilizzo di farmaci riservati ai medici specificatamente individuati dalla farmacopea ufficiale a soggetti da essa non autorizzati”. Chiedono, infine, di “predisporre al più presto, e quindi vigilare adeguatamente sulla loro effettiva presenza e sul loro rispetto, adeguati requisiti minimi strutturali, tecnologici, organizzativi, di dotazioni farmacologiche, di personale, modulati sulle esigenze specifiche delle diverse categorie delle cosiddette ‘Non Operating Rooms’, ma che in ogni caso debbano prevedere l’eventualità di poter o di dover, in sicurezza, trasformare una “sedazione” (qualora effettivamente sia tale) in una ‘anestesia generale’, o gestirne l’evoluzione imprevista ma possibile per la stessa natura della prestazione specialistica anestesiologica”.
 

23 giugno 2015
© Riproduzione riservata

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