Luci e ombre sulla riforma del Terzo settore
di Silvana Zambrini
Nella attuale situazione una riforma è non solo auspicabile ma sicuramente necessaria. Il decreto legislativo in approvazione non è dunque cosa da poco. Il problema sorge quando la Riforma rischia di minare alla base l’identità e l’essenza del volontariato che è la gratuità. Va chiarito, ad esempio, il ruolo del capitale privato nel settore sociale.
20 MAG - Dopo la sua approvazione alla Camera ha preso il via anche al Senato, in Commissione atti Costituzionali, il dibattito sul DDL, Delega al Governo per la Riforma del Terzo Settore. La Legge Delega riguarda la riforma del Terzo Settore, dell’Impresa sociale e per la disciplina del Servizio civile universale. Nella attuale situazione una riforma è non solo auspicabile ma sicuramente necessaria e molte sono le istanze poste dal mondo del volontariato, prima fra tutte l’obiettivo di una chiara identificazione e la semplificazione della operatività. Il mondo del no-Profit si è fortemente ampliato in questi anni, soprattutto nel Nord e nel Centro Italia, fino a contare oltre 300.000 Organizzazioni, con 4,8 milioni di volontari e circa 1 milione di lavoratori dipendenti o esterni.
Il decreto legislativo in approvazione non è dunque cosa da poco. Infatti regolamenta il lavoro di un settore non marginale, impegnato nella soluzione di problemi di interesse pubblico, ma senza motivazioni economiche. I bisogni espressi dai cittadini riguardano la salute, l’assistenza, la cura dell’ambiente e del patrimonio culturale. Dunque la società civile assume responsabilità non assunte, o precariamente gestite, dal settore pubblico. E che vanno interpretate con una nuova cultura umanistica. È vero che il Paese ha bisogno di radicali cambiamenti innovativi ed è assolutamente vero che il variegato mondo del volontariato ha bisogno di entrare in una fase di modernizzazione per affrontare un nuovo ciclo operativo. E fin qui tutti d’accordo. Il problema sorge quando la Riforma rischia di minare alla base l’identità e l’essenza del volontariato che è la gratuità, non solo come totale assenza di lucro ma come capacità del ”dono” di sé verso l’altro bisognoso o verso specifici problemi ambientali e di mancata crescita culturale. La Legge Delega dovrà dunque essere chiara per ottenere una maggiore e diversa potenzialità delle forze impegnate, ma tenendo conto delle istanze espresse negli emendamenti proposti dal volontariato e dalla promozione sociale, anche se con voce e accenti diversi.
Va chiarito ad esempio il ruolo del capitale privato nel settore sociale, ricchezza che va certamente chiamata in causa, vista la scarsa potenzialità delle risorse dello Stato, ma eliminando ogni ambiguità. Infatti non si possono considerare sociali le imprese solo perché producono risultati sociali, mentre sicuramente per impresa sociale si intende quella che realizza il massimo utile cambiamento sociale. Nelle organizzazioni di volontariato non esiste ritorno finanziario o distribuzione degli utili o attività rivolte esclusivamente ai soci. Come si può allora accettare una completa uniforme assimilazione con le Associazioni di Promozione Sociale che, per organizzazione, contenuti e obiettivi si diversificano nettamente dalle O.d.V.? Ciò non vuol dire che questa diversa e ribadita identità non possa essere considerata nella Legge Delega con pari opportunità, per esempio sul piano fiscale e sul riconoscimento della attività da parte dello Stato.
D’altra parte è anche vero che, proprio perché questo riconoscimento sia valido e garantito, tutto il mondo afferente al Terzo Settore deve assoggettarsi a una fase di “pulitura” nel senso che le varie O.d.V., le OPS e lo stesso settore della Cooperazione sociale devono compiere uno sforzo di rinnovamento per poter entrare a buon diritto ma con le necessarie competenze e managerialità in un sistema pubblico-privato sociale capace di affrontare le grandi questioni morali e sociali del Paese in un’ottica rinnovata. Un altro obiettivo condiviso dallo stesso mondo del volontariato è la possibilità di un monitoraggio e controllo delle organizzazioni per evitare abusi e falsificazioni che umiliano gli onesti operatori del settore.
Esaminando gli articoli del testo riteniamo positivo l’art. 1 che definisce il Terzo Settore con particolare riferimento all’assenza dei fini di lucro, con un richiamo alla “sussidiarietà” orizzontale così come formulato dall’art.118 della Costituzione. Altrettanto positivo, se sarà attuato con urgenza, è l’art.2 dove al comma d) si parla di semplificare la normativa vigente, croce continua di tutte le O.d.V., specialmente le più piccole, estremamente meritevoli sul territorio, ma carenti di risorse umane ed economiche. Da esaminare con attenzione invece l’art. 4, alla lettera i) che prevede la riorganizzazione del sistema di registrazione degli Enti attraverso un Registro unico del Terzo Settore, materia variamente regolata dalle Regioni, con una diversità di previsione a livello nazionale. Come già accennato, pone notevoli dubbi l’attuazione dell’art. 5 che prevede l’ “armonizzazione” delle diverse discipline vigenti in materia di volontariato e di promozione sociale (lett.a). Ricordiamo che la definizione di volontario è incompatibile con qualsiasi forma di rapporto di lavoro subordinato o autonomo e con ogni altro contenuto patrimoniale con l’organizzazione di cui si fa parte. Ma è anche vero che tutte le Onlus costituiscono una categoria rilevante ai soli fini fiscali, alle quali è destinato un regime tributario di favore in considerazione delle finalità di solidarietà sociale perseguita.
Assolutamente positivo il giudizio sull’articolo che riguarda la promozione della cultura del volontariato tra i giovani, anche attraverso apposite iniziative da svolgere nella scuola (lett. b e c), come pure il riconoscimento delle reti associative di secondo livello (lett. d). Ma su questo obiettivo occorrerà un serio monitoraggio a causa dell’attuale insoddisfacente livello didattico-educativo negli istituti scolastici dove fino ad ora solo iniziative volontaristiche hanno proposto e gestito progetti di educazione alla solidarietà. Poiché Volontari non si nasce ma si diventa. Infine molta attenzione andrà posta all’articolo relativo alla revisione del sistema dei Centri di Servizio che si dovranno costituire nelle forme previste per il Terzo settore e acquisire la Personalità Giuridica (lett. e). Esiste, a questo proposito, una seria situazione di disparità nelle varie Regioni in alcune delle quali non risulta attuata completamente neanche la vecchia Legge 266/91.
Questa e altre disparità e inadempienze tuttora evidenti in un tutto il Paese renderanno probabilmente difficile l’applicazione della Legge Delega di Riforma del Terzo Settore, nella quale dovranno evitarsi situazioni di esclusione, specialmente a carico delle piccole Associazioni di sola consistenza locale, e ulteriori ambiguità di interpretazione in contrasto all’obiettivo stesso della Legge.
Silvana Zambrini
VicePresidente Favo
20 maggio 2015
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