Professioni sanitarie. Dopo il “comma 566” la necessità di un testo unico
di Luca Benci
Lo strumento è quello della legge delega che in modo meramente ricognitivo (e non certo abrogativo) porti a un unico articolato armonizzandolo con le varie norme che si sono succedute nel tempo e che superi le diverse aporie che, proprio nel sistema, si sono create. Di tutto questo e di altro si parlerà il prossimo 11 marzo in un convegno a Firenze
27 FEB - La recente approvazione del comma 566 della legge di Stabilità 2015 ha posto per l’ennesima volta alcune debolezze del sistema di abilitazione all’esercizio professionale delle professioni sanitarie e delle sue molteplici interpretazioni. L’unico dato certo riscontrabile è relativo all’intenzione del legislatore che, con alcuni ondeggiamenti, si è dimostrata univoca sulla chiara determinazione di investimento sulle professioni sanitarie. Questo dato è inconfutabile. Meno chiare, talvolta, son le norme di legge che risultano, in una certa parte, tra di loro contraddittorie, non risultando agevole capire la prevalenza dell’una o dell’altra.
Cerchiamo di fare luce in ordine cronologico e limitandoci alla normazione primaria. La legge 26 febbraio 1999, n. 42 è, senza ombra di dubbio, la principale delle leggi sulle professioni sanitarie e la più esaustiva. Determina, come è noto, il “campo proprio di attività e responsabilità” di ogni figura professionale ancorandolo alla tripartizione dei “criteri guida” del profilo professionale, degli ordinamenti didattici e dei codici deontologici” con il criterio limite delle competenze previste per le professioni mediche.
I problemi irrisolti sono tre:
a) il “campo proprio” non sfociato nel “campo esclusivo” per interpretazione della giurisprudenza di legittimità che lo tende a escludere, interpretando restrittivamente un dato letterale sufficientemente chiaro. Il campo proprio esclude l’invadibilità e quindi ne determinerebbe l’esclusiva;
b) la mancata istituzione degli ordini professionali – per le professioni prive di albo – determina la mancata estensione erga-omnes dell’osservanza del codice deontologico emanato da associazioni private, ancorchè riconosciute con decreto ministeriale, ma pur sempre private;
c) una previsione dei percorsi post/base previsti solo per infermieri e fisioterapisti e solo nel riconoscimento dei profili professionali e non riconosciuti, a distanza di venti anni, neanche dai contratti collettivi.
La legge 251/00 contiene più norme programmatiche che precettive, quanto meno sull’esercizio professionale. Di rilievo il riconoscimento che le varie professioni contribuiscono alla realizzazione del costituzionale “diritto alla salute”. Largamente inapplicata è invece la legge 43/2006 che però introduce e definisce i “professionisti specialisti” che sono coloro che sono “in possesso del master di primo livello per le funzioni specialistiche rilasciato dall'università”. Infine, il “comma 566” della recente legge di Stabilità. Su quest’ultimo, al netto delle numerose polemiche, sono emerse due interpretazioni: vi è chi, come il sottoscritto e il prof. Daniele Rodriguez, sostiene essere il nuovo sistema di abilitazione all’esercizio professionale superando le precedenti norme, vi è chi sostiene che il “comma 566” attenga esclusivamente alle funzioni specialistiche (Proia, Silvestro).
E’ curioso notare come in presenza di tutte queste norme – e prima del “comma 566” – in presenza di un costante investimento sulle professioni sanitarie dove non si contano più espressioni come “autonomia professionale”, “campo proprio di attività e responsabilità”, “autonomia tecnico-professionale”, “titolarità e autonomia professionale” il sistema resti debole proprio nell’interpretazione delle norme che sempre di più concedono alle professioni sanitarie: si pensi al caso di Marlia (per il solo fatto che sia esistito!), si pensi alle recenti pronunce sempre sui tecnici sanitari di radiologia medica e sui fisioterapisti proprio nel rapporto con la professione medica. Interpretazioni contraddittorie sul sistema della legittimità di esercizio e non anche sul sistema delle responsabilità che tendono a essere sempre più condivise.
Avanzo sommessamente una proposta che ha il solo fine di rendere chiarezza e rafforzare il sistema normativo che, in questo momento, presenta debolezze e contraddizioni giuridiche: approvare un testo unico. Lo strumento, è noto, è quello della legge delega - mi rendo conto del non sempre felice esito che questo strumento ha spesso mostrato – che in modo meramente ricognitivo (e non certo abrogativo!) porti a un unico articolato armonizzandolo con le varie norme che si sono succedute nel tempo e che superi le diverse aporie che, proprio nel sistema, si sono create. Le abbiamo accennate ma le ribadiamo e ne aggiungiamo alcune: definire se il sistema dei profili professionali rimane in vigore, definire in modo chiaro le funzioni specialistiche, definire se il titolo di specialista spetti solo a coloro che hanno un master universitario per le funzioni specialistiche, individuare il preciso canale della formazione post/base ecc. In questo momento nessuno si può permettere di avere un sistema debole proprio sulle categorie professionali più presenti nelle strutture sanitarie. La legge delega avrebbe anche il pregio di poter riaprire i termini dell’originaria delega sulla legge 43/2006 per superare la grave lacuna dell’assenza di albi e ordini professionali per le professioni che ne sono prive.
Un’ultima notazione è relativa alla – decisamente positiva! – previsione della regolamentazione delle “relazioni professionali” previste dal “comma 566” che supera un eccesso di isolamento normativo del sistema delle professioni che spesso privilegia la regolamentazione della singola professione avulsa dal contesto inteprofessionale di equipe. A questo proposito mi sia permessa una notazione critica sul documento pubblicato ieri a firma dell’Alleanza per la professione medica dove si introduce il misconosciuto concetto non di responsabilità di equipe ma di “equipaggio”. I concetti sulla responsabilità di equipe vedono una costante giurisprudenza degli ultimi decenni, conforme al nostro ordinamento giuridico, dove sempre più spesso vi sono riconosciute responsabilità convidise e paritarie, senza ovviamente nulla togliere alle diverse competenze.
Di tutto questo e di altro ne parleremo a
Firenze il prossimo 11 marzo nell’ottica di un confronto tra esperti e professioni sanitarie.
Luca Benci
Giurista - Firenze
27 febbraio 2015
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