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Papotto (Cisl Medici): “La sanità pubblica non è una spesa. Stop ai tagli. Ora investiamo”


Il segretario in una nota interviene sullo status della sanità italiana e ribadisce che “la causa principale delle cattive condizioni attuali dell’offerta pubblica è in tutta evidenza nel susseguirsi di tagli lineari. Iniziamo a guardare al Ssn come un investimento”.

26 FEB - “Di fronte alle ultime luttuose notizie di neonati e anziani che, per i motivi più diversi, sui quali come sempre è doveroso attendere riscontri scientifici e giuridici che ne accertino le eventuali responsabilità, hanno perso la vita mentre erano affidati alle cure del SSN, non si può restare in silente attesa laddove pare che nessuno riesca a vedere la causa scatenante, limitando lo sguardo e l’attenzione alle sole conseguenze, mentre il saggio indica la luna, lo stolto guarda il dito…”. È quanto scrive in una lunga nota Biagio Papotto, Segretario Generale Cisl Medici commentanto gli ultimi fatti di cronaca ma più in generale lo status del Ssn.
 
 
“La sanità italiana – prosegue - è per qualità una delle migliori al mondo, meglio piazzata di molte altre realtà europee  o del resto del mondo. I nostri medici, e tutto il personale impegnato nella sanità, godono di preparazione di prim’ordine, lavorano con scrupolo e bravura inappuntabili, e gestiscono con perizia apparecchiature all’avanguardia.
La causa principale delle cattive condizioni attuali dell’offerta di sanità pubblica è in tutta evidenza nel susseguirsi di tagli lineari operati dai vari governi che, nel comprensibile tentativo di far ‘quadrare i conti’, hanno però di fatto squilibrato la delicata situazione del SSN. Se poi consideriamo anche l’avvento della partecipazione sempre più massiccia dei cittadini alle spese mediche, con i ticket a vario titolo introdotti, ecco che stride ancor di più, oggi, la mancanza di attenzione e di intelligenti investimenti nel sistema sanitario pubblico. E non a caso diciamo ‘investimenti’, perché la differenza tra essi e la semplice “spesa” consiste proprio nel fatto che quest’ultima è fine a se stessa, mentre l’investimento produce un valore aggiunto che va al di là della somma impegnata. La spesa, purtroppo, è quella relativa alle attrezzature comperate che poi non vengono mai usate, ai reparti pomposamente inaugurati e mai utilizzati, alle assunzioni non mirate ma politicamente barattate, alle consulenze, alle ruberie…”.
 
 
“La CISL Medici – continua Papotto - parla invece di un ‘piano di qualità’ della sanità italiana: medici e personale in numero sufficiente, attrezzature aggiornate e in efficienza, centri unici di acquisto per combattere gli sprechi, piani di razionalizzazione.
Dobbiamo essere noi a spiegare che il significato corretto della frase ‘spending review’ è “revisione della spesa” e che ‘revisione’ non significa riduzione, ma spendere meglio e non meno. La chiusura dei piccoli ospedali si è riverberata in una corsa generale verso le strutture più grandi rimaste, come dice il Ministro, vere e proprie ‘cattedrali nel deserto’.
Vero, ma il ‘deserto’ è metaforicamente quello dell’attenzione verso la “res publica”.
 
 
La soglia del 3 per mille imposta per il rapporto posti letto/abitante per gli “acuti” – sottolinea Papotto, è assolutamente insufficiente a garantire l’ordinario, figuriamoci in casi di emergenza di qualsiasi tipo. Basta una banalissima influenza a mandare in tilt ospedali di solida tradizione. Pochi giorni fa ci hanno segnalato, tra i tanti, il caso di ambulanze che non potevano ripartire perché la barella in dotazione era occupata da un paziente in astanteria, paziente per il quale il letto era un risultato da conquistare, non una garanzia che in qualsiasi nazione che si autoproclama civile e avanzata dovrebbe essere offerta a prescindere. Nella non sempre equa sanità dei paesi del Nord Europa il rapporto è comunque superiore al 5 per mille. Nella Germania che vorremmo “raggiungere e superare”, secondo le orgogliose frasi pronunciate dal Presidente del Consiglio, il rapporto supera l’8 per mille. E questo non ci deve far dimenticare che gli italiani non hanno certo una tassazione più benevola rispetto al resto d’Europa, anzi. Si evince chiaramente, perciò, che NON esiste un problema di disponibilità, ma di cattivo utilizzo delle risorse. E’ necessario quindi, prima di arrivare all’irreparabile crollo della sanità pubblica, intervenire con azioni mirate e coraggiose”.
 
“Il superamento del blocco del turn-over e la stabilizzazione dei precari – specifica - sono i primi ma non esaustivi passi da compiere con la maggiore celerità possibile per ovviare ai problemi del sistema. L’età media del Ssn è di 50 anni, dati Conto annuale Tesoro, e le mancate assunzioni di questi ultimi anni porteranno i loro perniciosi effetti negativi per molto tempo ancora. È del tutto ovvio che turni massacranti e carenze strutturali non possono produrre buona sanità a prescindere. I risultati che ancora si riescono ad assicurare sono dovuti esclusivamente alla preparazione del personale medico e sanitario e alla loro abnegazione. Si tratta di persone che sono state tacciate di assenteismo e ‘fannullonismo’. Parliamo di personale in assoluto e in percentuale molto inferiore di numero alle altre nazioni europee, di lavoratori senza contratto da molti anni, cittadini di serie B per uno Stato che non arriva neppure a comprendere il danno che arreca ai milioni di utenti che ogni giorno chiedono risposte alle proprie necessità sanitarie.
E l’invecchiamento della popolazione, benefico effetto delle migliorate condizioni di vita inciderà ancora di più sulla necessità di un Ssn efficiente”.
 
 
“La sanità pubblica – conclude il Segretario della Cisl Medici - è il primo e più importante settore del welfare in qualsiasi nazione. Assicurare un dignitoso livello di cura e assistenza ai cittadini è un dovere per qualsiasi governo. La CISL Medici offre come sempre il proprio contributo di esperienza e competenza al Ministro, ai governatori delle Regioni e alla politica tutta per questa sfida che l’Italia deve vincere, per noi stessi e per le generazioni future”.

26 febbraio 2015
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