Medici di famiglia in stato di agitazione. Intervista al vice segretario Fimmg Bartoletti: “Non siamo disposti a farci rottamare. Ecco le nostre idee per cambiare la sanità”
di C.F.
“Alla Sisac abbiamo detto che non si può avviare il negoziato senza un indirizzo politico chiaro”. "Le cure primarie possono cambiare e lo stiamo facendo". "La sostenibilità del Ssn è a rischio. Prendiamone atto con serietà senza fare gli struzzi". E sui vigili urbani romani assenti in massa a Capodanno? “Qualche cattivo pensiero viene"
11 GEN - Eletto all’ultimo Congresso di ottobre,
Pier Luigi Bartoletti è uno dei vice segretari nazionali della Fimmg entrato nella squadra dell’esecutivo nazionale che affianca
Giacomo Milillo nella direzione del più grande sindacato italiano della medicina generale. Al Consiglio nazionale del 13 dicembre la Fimmg ha dichiarato lo stato di agitazione contro l’immobilismo della Sisac nella gestione delle trattative per il rinnovo della convenzione e con Bartoletti siamo partiti proprio da qui. Ma abbiamo parlato anche di molte altre cose.
Della realtà applicativa della riforma delle cure territoriali nelle diverse regioni e dell’emergenza economica per la sanità pubblica che ha spinto il segretario Milillo a chiedere alla politica un maggior impegno per la sanità integrativa e l'adozione formale di Livelli integrativi di assistenza che affianchino gli attuali Lea: "Non è una bestemmia - ha detto Bartoletti - ma una proposta sensata e seria".
E ancora, dell'attualità della forma convezionale di lavoro per la medicina generale e dell'esperienza con Zingaretti per riformare la sanità laziale. Non è mancato infine un accenno alla vicenda dei vigili urbani romani assenti in massa per Capodanno attestando un certificato di malattia come giustificazione.
Su quest’ultimo punto, Bartoletti, che è stato per anni segretario del Lazio ed è tuttora segretario Fimmg della Provincia di Roma, è molto chiaro: “A vedere i numeri qualche cattivo pensiero viene, troppi malati per il 31. Ma non dimentichiamo che la certificazione di malattia, grazie anche e soprattutto alla medicina generale, è forse il sistema informativo più efficiente che abbiamo nel Paese e che consente in tempo reale di poter disporre di tutte le informazioni necessarie non solo a misurare il fenomeno ma anche, grazie all’analisi dei dati, a proporre soluzioni sempre migliori per la piaga dell’assenteismo”.
Dottor Bartoletti, la legge di stabilità conferma il blocco nel rinnovo della parte economica delle convenzioni, ma pare che non si riesca neanche a chiudere la parte normativa. Quali sono gli ostacoli che hanno portato la vostra categoria a decretare lo stato di agitazione?
Siamo disponibili da anni a formulare soluzioni di riordino della medicina generale, dal 2006 la FIMMG lavora per rivedere il modello organizzativo della medicina generale, quindi siamo aperti al cambiamento, all’innovazione e persino alla “rifondazione”. Ciò però non significa annientamento della medicina generale l’”abiura” a dei principi fondamentali che dal 1998 a livello internazionale vengono considerati fondanti per una buona qualità del servizio, dal rapporto fiduciario con il cittadino, alla capacità di gestirsi il proprio ambito professionale pur in sinergia con il sistema, significa non “rifondare” la medicina generale” ma porre le basi per una sua progressiva “rottamazione”.E’ stato fatto presente alla Sisac come non sia possibile negoziare un contratto in assenza di un chiaro indirizzo politico che ci faccia comprendere se sia finita l’epoca delle 21 repubbliche sanitarie e ne inizi un'altra fatta di un sistema nazionale con variabili regionali non tali da determinare diseguaglianze nell’accesso al servizio per i cittadini, sprechi, disservizi, contenziosi stato regioni,confusione organizzativa Nell’attesa di avere risposte dal “delegante” della SISAC, la Conferenza Stato Regioni, lo stato di agitazione è un segnale ai colleghi che il sindacato segue attentamente questa vicenda ed uno stimolo alla parte politica che sta sottovalutando l’entità delle problematiche da noi poste sul tappeto.
La riforma della medicina territoriale sembra finalmente decollare. L’ultima Relazione sullo stato sanitario del paese segnala moltissime realtà in cui la riforma è andata avanti. Ma la percezione tra gli addetti e i cittadini è che in realtà la tanto attesa H24 sia ancora di là da venire. Come stanno veramente le cose?
Se può essere comprensibile un’organizzazione a “macchia di leopardo” che fa sì che alcune regioni abbiano oramai da anni intrapreso la strada obbligata della riconversione delle strutture ospedaliere per acuti e la contemporanea riorganizzazione e potenziamento dell’assistenza territoriale, non è accettabile che questo si traduca in una “assistenza a macchia di leopardo”. Nel Lazio, per esempio, ci sono fenomeni di migrazione sanitaria verso l’Umbria, la Campania, l’Abruzzo, la Toscana. Nel Sud Italia per curarsi, in alcune realtà, si viaggia verso Nord. Il famoso h24 c’è già, bisogna solo organizzare meglio e diversamente il sistema, superare la logica delle “aree tribali” ed entrare in una logica di sinergia in cui l’Ospedale collabora con le strutture territoriali e vice versa. Va migliorato il sistema di cure domiciliari, va strutturato un progetto di riordino complessivo della gestione delle cronicità che esca dalla logica del posto letto, sia in RSA che in lungodegenza, ed entri invece nella logica delle residenze protette od assistite, dove l’anziano continua a vivere nel suo ambiente, a sua misura, e non sia costretto ad essere sradicato dalla propria abitazione per giacere su un posto letto. In tutto questo la medicina generale, in tutto il mondo, ha sempre un ruolo,bisogna capire quale sia il ruolo che si è pensato abbia in Italia.
Tra gli esempi, certamente spicca l'ultimo accordo nella sua Regione (Lazio), da lei sottoscritto con Zingaretti quale ultimo atto della sua segreteria regionale prima di diventare vicesegretario nazionale della Fimmg. Ci vuole illustrare a grandi linee le caratteristiche di questo accordo che lei ha più volte definito "più politico" che "sindacale"?
Da più di un decennio si dichiara in tutte le sedi la centralità del medico di medicina generale e la necessità di riorganizzare il sistema di cure territoriali rendendolo coerente agli obiettivi di sistema sanitario pubblico. Nella regione Lazio per varie motivazioni non si è mai posto mano a ridisegnare il modello organizzativo generale, con una visione di scenario e non legata semplicemente a risolvere questo o quel problema spesso legato a contingenze, vedi emergenze ai pronto soccorso. Penso che la politica debba dare l’impulso a rivedere il modello organizzativo e che in questo il Presidente Zingaretti ha dato un importante e decisivo “input” nel delineare un processo di riordino del sistema che si basa su tre pilastri, una rete di studi medici, le Unità di Cure Primarie, aperti dalle 10 alle 19 tutti i giorni feriali, geolocalizzati, forniti di una carta dei servizi e con il potenziamento delle capacità diagnostiche, una rete di strutture di medicina generale aperti nei giorni festivi in ogni quartiere di Roma, dei percorsi assistenziali di presa in carico per i pazienti cronici che obbligano gli operatori e le strutture a rivedere complessivamente il modello organizzativo ed erogatore delle prestazioni, uscendo dalla logica “prestazionale” ed entrando in una logica di “filiera” assistenziale. Tutto questo, aldilà degli aspetti contrattualistici, si traduce in un servizio sanitario piu’ vicino ai bisogni “quotidiani” dei cittadini di tutte le fasce d’età, uno studio di medicina generale aperto tutti i giorni, la continuità assistenziale per le fasce notturne ed il domicilio, una infrastruttura visibile e facilmente reperibile della medicina generale, percorsi chiari, semplici ed a chilometro 0 per i pazienti cronici.
La forma della convenzione tra Ssn e Medicina generale nasce comunque prima della nuova visione di assistenza territoriale. Pensa che tale strumento contrattuale sia ancora idoneo per garantire una reale integrazione tra le due grandi aree ospedaliera e territoriale?
Esattamente, non è il contratto che determina il sistema, ma semmai è il sistema che determina il contratto. Il contratto è uno strumento non un obiettivo ed iniziare a trattare senza aver ben chiari quali siano il progetto di riordino significa soltanto alimentare i conflitti e non mettere le basi per trovare soluzioni nell’ambito delle rispettive competenze tra parte pubblica e rappresentanze della medicina generale. Il contratto è necessario ma ancor più è necessario condividere o quantomeno conoscere quale sia il progetto del sistema sanitario pubblico e quale ruolo si pensa che debba essere dato al medico di medicina generale, quali compito, quali funzioni,quali responsabilità. In base a questo si può definire la base contrattuale, senza di questo non si va da nessuna parte.
All'ultimo congresso Fimmg, il segretario Milillo ha lanciato un monito alla politica sostenendo che è tempo di prendere atto con realtà che non è mai stata realizzata nè potrà esserlo quella "sostenibilità di un Ssn che fornisca tutte le prestazioni di assistenza sanitaria necessarie alla tutela della salute ponendole ad esclusivo carico della fiscalità generale". Da qui la richiesta di più impegno per la sanità integrativa. Per la Fimmg è indubbiamente una svolta rispetto a un tradizionale posizionamento a favore dell'universalità del Ssn. Come legge questa presa di posizione?
Più che di “svolta”, parlerei di una lucida presa d’atto della realtà italiana e della proposta di allargare le vedute prendendo in considerazione ipotesi innovative. Né Giacomo Milillo, né la FIMMG hanno mai messo in discussione l’universalità del sistema sanitario, semmai proporre soluzioni per consentirne la salvaguardia ed il rilancio è uno stimolo ad innovare ed a migliorare ciò che di prezioso abbiamo: il sistema sanitario pubblico. In questo la medicina generale puo’ avere voce, oppure no? A vedere i dati negli ultimi anni, progressivamente, la spesa sanitaria “out of pocket” è cresciuta, significa che i cittadini pagano di tasca propria per avere i servizi sanitari, inizia ad essere evidente anche il fatto che molti italiani preferiscono non curarsi per risparmiare, con buona pace della prevenzione, il trend nei prossimi anni sarà di un aumento della spesa, legato all’aumento dell’età media e quindi delle patologie cronico degenerative.
Il quadro economico non fa presagire un aumento del PIL tale da poter determinare un aumento del finanziamento pubblico. Se tutto ciò è vero, e purtroppo ad oggi lo è, cosa fare? Fare gli struzzi, limitarsi a fare il compitino dichiarando che tutto ciò è iniquo, oppure proporre soluzioni che possono da una parte migliorare l’assistenza al cittadino, dall’altra consentire al sistema pubblico di mantenere la sostenibilità economica e quindi l’universalità del servizio? Penso che il monito di Giacomo Milillo vada preso come una proposta sensata e seria, non come una bestemmia.
Dopo lo scandalo dell’assenteismo dei vigili urbani a Roma nella notte di Capodanno è esplosa la polemica sulla gestione dei certificati medici. Pensa che ci siano stati abusi e che il comportamento dei medici sia stato comunque corretto?
A vedere i numeri qualche cattivo pensiero viene, troppi malati per il 31. C’è un’inchiesta della magistratura che chiarirà cosa è successo, perché e se vi sono responsabilità e quali. Aspettiamo prima di dare giudizi. Nel merito rimane però il fatto che se fosse accertato ed ancora non lo è, che si sia trattato di una forma di protesta, il problema sta nell’uso che è stato fatto del certificato di malattia, più che nell’attestazione in sé. Non sarebbe il primo caso, speriamo sia l’ultimo, anche perché è già non semplice fare il lavoro del medico, se a questo si devono aggiungere dubbi circa la reale motivazione della richiesta di certificazione, il rischio è che ad averne un danno siano i malati, quelli veri.
Poi, sulle soluzioni, da anni chiediamo di prendere in considerazione la possibilità di autodichiarazione per patologie di breve durata, uno o due giorni, il polo unico della medicina fiscale per ottimizzare i controlli, oltre a questo, ma ci sta lavorando il Governo, andrebbero unificate anche le fasce orarie di reperibilità sia per i lavoratori privati che pubblici. Rimane il fatto comunque che la certificazione di malattia, grazie anche e soprattutto alla medicina generale, è forse il sistema informativo più efficiente che abbiamo nel Paese e che consente in tempo reale di poter disporre di tutte le informazioni necessarie non solo a misurare il fenomeno ma anche grazie all’analisi dei dati, a proporre soluzioni sempre migliori per la piaga dell’assenteismo.
C.F.
11 gennaio 2015
© Riproduzione riservata
Altri articoli in Lavoro e Professioni