Biotestamento: per 73% dei chirurghi la nutrizione artificiale non può essere imposta
Per l’81% la legge è “indispensabile”, ma il 75% dei chirurghi ha dichiarato di non accettare l’obbligo di somministrare la nutrizione artificiale anche se dovesse essere stabilito dalla legge.”. I risultati da un sondaggio condotto dal Collegio Italiano dei Chirurghi (Cic). A febbraio il dibattito alla Camera.
24 GEN - Il 73% dei chirurghi ritiene che la nutrizione artificiale e l’idratazione artificiale siano trattamenti medici e possano quindi rientrare nelle “dichiarazione anticipata di trattamento”, contrariamente a quanto previsto dall’attuale disegno di legge che verrà discusso nelle prossime settimane alla Camera.
Il dato emerge dal sondaggio promosso dal Collegio Italiano dei Chirurghi (Cic), condotto sui Membri dei Consigli Direttivi delle Società scientifiche afferenti (746 risposte su 1.050 questionari inviati). “Abbiamo voluto interrogarci su un tema che interessa quotidianamente la nostra professione - spiega il prof. Pietro Forestieri, presidente Cic -. Non sono emersi dubbi sull’assoluta necessità di varare una legge il più possibile condivisa su un argomento così delicato. Per l’81% dei chirurghi, infatti, una legge sul testamento biologico è indispensabile. E il 70% ritiene che quanto stabilito dal paziente nelle dichiarazioni anticipate di trattamento abbia valore vincolante e non semplicemente orientativo per il medico”.
Dal sondaggio emerge inoltre che il 97% dei chirurghi è concorde sull’astensione dall’ostinazione in trattamenti diagnostici e terapeutici da cui non si possa fondatamente attendere un beneficio per la salute del malato e/o un miglioramento della qualità della vita. Il 92% ritiene, se il paziente non è in grado di esprimere la propria volontà, di dover tenere conto nelle proprie scelte di quanto precedentemente manifestato in modo certo e documentato. L’89% condivide il principio in base al quale, quando una persona rifiuta volontariamente di nutrirsi, il medico ha il dovere di informarla sulle gravi conseguenze che un digiuno protratto può comportare sulle sue condizioni di salute ma non deve assumere iniziative costrittive né collaborare a manovre coattive di nutrizione artificiale, pur continuando ad assisterla.
Di fronte a pazienti che, prima di perdere coscienza, abbiano espresso parere contrario alla nutrizione artificiale, il 75% dei chirurghi ha dichiarato di non accettare l’obbligo di somministrarla in ogni caso, anche se dovesse essere stabilito dalla legge. In particolare, per il 46% la decisione spetta al paziente, per il 27% al medico ed ai familiari e per poco più del 2% solo al medico. La decisione di non somministrare o eventualmente sospendere le terapie ed i trattamenti che la tengono artificialmente in vita dovrebbe spettare al paziente, nel caso in cui abbia espresso le sue volontà quando era cosciente, per il 65%; a nessuno, perché la vita è un dono e va in ogni caso tutelata per il 16% circa; ad una commissione etica di esperti per il 12%; ad un familiare per il 5% circa; al medico curante o ad un magistrato solo per poco più dell’1%.
“Un argomento molto sentito dai chirurghi – conclude il presidente Forestieri – è la possibilità di includere nelle dichiarazioni anticipate di trattamento anche la donazione del corpo o degli organi a fini didattico-scientifici. Il 70% condivide tale possibilità come una reale necessità. E’ una modalità didattica indispensabile per i chirurghi, che sono costretti ad andare all’estero per formarsi e perfezionarsi adeguatamente”.
24 gennaio 2011
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