Infermieri e Ordini. Perché serve più trasparenza
di Ivan Cavicchi
La “questione infermieristica” non è altro che una contraddizione politica tra un potere del collegio basato sull’asservimento degli infermieri e sull’uso sistematico dei loro problemi, e un contro potere basato sulla loro emancipazione e sulla loro conoscenza. Lorenzin allarghi le sue intenzioni riformatrici anche agli enti pubblici non economici
18 LUG - Probabilmente passerà alla storia delle cronache come il “caso Gostinelli”. Una infermiera risponde a dieci domande sulla condizione degli infermieri proposte a tutti e alla luce del sole da “infermieristicamente” il sito on line di Nursind. Dalle sue risposte viene fuori sostanzialmente una richiesta di trasparenza cioè di non “omertà”. Questa parola viene usata dalla presidente nazionale dell’Ipasvi come pretesto per chiedere di sottoporre l’infermiera indisciplinata ad un procedimento disciplinare. A questo evidente sopruso strumentale l’infermiera risponde con una lettera aperta dove chiarisce le sue intenzioni. Da quel preciso momento dietro comando inizia un sistematico linciaggio morale da parte della maggior parte dei collegi provinciali e alcuni di essi i più zelanti danno mandato ai loro legali di procedere per vie legali. Viene da chiedere: se “omertà” vi sembra una brutta parola perché reprimerla con “omertà”? Se la parola “trasparenza” vi sembra offensiva perché vi sembra offensiva? Se “cambiamento” vale come una critica, perché?
Se le parole dividono il mondo degli infermieri tra coloro che a comando linciano moralmente una loro collega solo perché ha osato esprimere liberamente le proprie opinioni e coloro che grazie a quelle opinioni comprendono che le loro non sono mai contate niente, allora non è solo questione di “parole”.
Questa triste e squallida vicenda ,insieme ad altre vicende, di infermieri contro infermieri ,ci dice due cose:
• c’è un blocco di potere che ormai perdura tale e quale da 20 anni;
• questo “blocco” in ragione di una crescente opposizione sta prendendo coscienza della sua caducità e della sua finitudine.
La “questione infermieristica”, di cui tanto mi sono occupato, non è null’altro che una contraddizione politica tra un potere del collegio basato sull’asservimento e il controllo degli infermieri e sull’uso sistematico dei loro problemi certo ma anche delle loro debolezze e un contro potere basato al contrario sulla loro emancipazione e sulla loro conoscenza.
Si tratta di una questione che è destinata ad ingigantirsi ad amplificarsi ma solo perché i pesanti problemi degli infermieri continuano anche grazie alle incapacità delle loro rappresentanze storiche ad ingigantirsi. Non si tratta solo di infermieri che cumulano svantaggi ma di qualcosa di più profondo e di più esiziale e che a che fare con la speranza. Quando parlo con gli infermieri, il loro disincanto, la loro disillusione è talmente grande da dare l’impressione che in loro la speranza di cambiare si stia spegnendo. Gli infermieri si sentono in trappola nel mondo che consapevolmente e inconsapevolmente essi per primi hanno creato. Chi ha promesso loro la “grande professione” oggi è visto come un raggiratore colpevole sicuramente di essere stato inadempiente. Quello che accade oggi nel mondo degli infermieri è semplicemente la speranza che per non morire si scontra con il vecchio potere che sino ad ora l’ha controllata.
Questo potere coincide in tutto e per tutto con il sistema dei collegi e con la federazione nazionale. Anzi suggerei tanto al presidente Renzi che alla ministra Lorenzin di interessarsi di queste decadenti forme di corporativismo ottocentesco, il primo per liberarsi da imbarazzanti conflitti di interesse, (la presidente Silvestro lo è dal 1994 ed è anche senatrice del PD) la seconda per allargare l’ambito delle sue lodevoli intenzioni riformatrici oltre che agli enti di vigilanza e di controllo anche agli enti pubblici non economici quali sono i collegi e gli ordini.
Se è vero quello che leggo e cioè che la senatrice Silvestro percepisce uno stipendio sproporzionato a confronto con quello dei suoi iscritti, che è socia di una assicurazione che assicura gli infermieri, che il volume di denari che entra nell’Ipasvi è pari all’incirca intorno a 28 milioni di euro l’anno e che i collegi non sono vincolati alla trasparenza nello stesso modo degli altri enti pubblici, allora vuol dire che un “ente pubblico non economico” nel tempo rischia di trasformarsi di fatto in un “ente privato economico”. Se così fosse ci sarebbe tanto un problema morale che un problema politico che andrebbe affrontato sia nell’ambito delle riforme istituzionali che in quello dei costi della politica e ancora in quello delle riforme in sanità.
Oggi è davvero anacronistico obbligare gli infermieri a pagare delle tasse annuali per qualcosa che nel tempo si è sempre più autoriferito al potere personale del suo gruppo dirigente? Come è possibile che un gruppo dirigente anziché essere legittimato democraticamente dagli infermieri sia garantito da equitalia? Come è possibile che chi dovrebbe tutelare la professione nei confronti delle politiche del governo sia la cinghia di trasmissione del governo? Come è possibile che l’unica libertà che hanno gli infermieri per contestare i collegi sia l’astensionismo?
Su questo giornale, quindi in tempi non sospetti, ho criticato la proposta di legge avanzata dai senatori del PD Bianco/Silvestro di riforma degli ordini e dei collegi, dove l’unica novità è la possibilità per i collegi di chiamarsi ordini. Ma con tutti i problemi che hanno gli infermieri ,la sanità e il paese, vi sembra questa una priorità? Gli infermieri oggi nonostante le norme che hanno conquistato e a parte particolari posizioni lavorative, sono meno infermieri di prima e altro da quello che avrebbero dovuto essere, sono diventati grazie alla compiacenza dei collegi i veri tappabuchi della sanità, sul territorio sono sostituiti con le badanti, cioè privatizzando e dequalificando la funzione, in ospedale sono chiamati a svolgere competenze avanzate a costo zero, rispetto al mercato del lavoro cresce l’esercito di disoccupati. Ma che si pretende da loro? Che ringrazino il loro benefattore?
La cosa che mi ha colpito in questa squallida vicenda tra l’omertà vissuta come offesa, quindi come intenzione di libertà, e l’omertà agita come punizione...quindi come intenzione disciplinare, è stata la totale identificazione tra il potere privato delle persone e l’istituzione pubblica e la sua inconcepibile burocratizzazione. I rapporti tra le persone non ci sono più al loro posto sono le “circolari” che dettano legge: c’è quella della presidente che ordina il linciaggio del dissidente ,quelle obbedienti che dichiarano solidarietà piena non a chi chiede trasparenza ma a chi la nega. In questo squallore decadente colpisce il valore etico di un gesto quello di Nursind, un sindacato giovane, che difende una infermiera non perché è una propria iscritta ma solo perché è una infermiera, alla quale nessuno può togliere il diritto di parola.
Ivan Cavicchi
18 luglio 2014
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