Farmacie. Mandelli (Fofi) replica al Cerm: “La libertà di impresa va tutelata, ma deve sempre prevalere il diritto alla salute”
Il presidente della Fofi, Andrea Mandelli, risponde a Nicola Salerno, senior economist presso il Cerm, che accusa i farmacisti di “strumentalizzare" le sentenze della Corte Costituzionale e della Corte di Giustizia Europea per “salvare il corporativismo”.
02 NOV - Il presidente della Fofi, Andrea Mandelli, replica a Nicola Salerno, senior economist presso il Cerm, secondo il quale i farmacisti compiono una "lettura strumentalizzata" delle sentenze della Corte Costituzionale e della Corte di Giustizia Europea per difendere il “no” alla commercializzazione del farmaco fuori delle farmacie (clicca
qui per leggere l'analisi del Cerm).
Ecco la risposta di Mandelli.
"Essendo dotato di un occhio inesperto, potrei concludere che le argomentazioni portate dal professor Salerno sono essenzialmente due: la Corte Costituzionale dà un giudizio di coerenza formale della normativa, che quindi nulla dice della razionalità dal punto di vista economico e politico. La Corte di giustizia europea, invece, entra nel merito della razionalità concreta delle disposizioni sulla titolarità della farmacia, ma lo fa “avventurandosi” e con considerazioni “opinabili”. Quindi non ci resta che ritirarci in buon ordine, lasciando fare al mercato, che per sua natura garantisce sempre un accesso a condizioni eque a beni e servizi (dal punto di vista economico e organizzativo). Anche a un occhio inesperto, però, non può sfuggire che la stessa nozione di antitrust non nasce certo in ambito di servizi pubblici e regolamentati, ma semmai dalla tendenza degli attori (player?) del mercato a costituire cartelli e posizioni dominanti. Senza contare che le recenti vicende della finanza, e dell’economia nel suo complesso, hanno mostrato chiaramente, anche chi come me rifugge da una visione dirigista, i limiti della capacità di autoregolarsi per il meglio del mercato. Ma sarebbe troppo facile liquidare tutto così.
Entrando nel dettaglio: su buona parte delle argomentazioni addotte, le posizioni dell’AGCM e della Federazione degli Ordini non sono così distanti: è da tempo che riteniamo inadeguata la remunerazione della dispensazione in base a un margine percentuale, per esempio, e quanto alla necessità di rivedere con una riforma il servizio farmaceutico, si sfonda una porta aperta. Ma una riforma organica e che preveda regole, perché, e in questi giorni mi sono spesso sentito riproporre l’obiezione, non si tratta di impedire a qualcuno di tenere aperta per un orario maggiore la sua farmacia, ma di evitare che possa chiuderla quando gli pare (quando non è per lui redditizio tenerla aperta) facendo venire meno il servizio. E allo stesso modo, non è accettabile, se si tratta di un servizio pubblico, che si creino situazioni in cui l’operatore possa decidere di chiudere, centralizzare, delocalizzare soltanto sulla base di considerazioni economiche. L’esempio della Francia, con la sua concentrazione delle pompe di benzina negli ipermercati è un esempio perfetto, come ben sa chi si è trovato a corto di carburante in mezzo alla campagna. Ma questo pericolo si evita soltanto attraverso la previsione di regole, che possono cambiare se necessario, ma sempre regole restano e disponendo anche condizioni che permettano l’equilibrio economico di chi eroga il servizio.
Quanto alle sentenze della Corte di Giustizia europea, la domanda che era stata posta ai giudici era semplice: le regolamentazioni del settore (riserva della proprietà ai farmacisti nel caso dell’Italia, istituto della pianta organica nel caso delle Asturie) sono in contrasto con i principi del Trattato europeo e in particolare con la libertà di stabilimento? La risposta è stata semplice, nel caso dell’Italia: contrastano, ma in misura proporzionata alla necessità di tutelare la salute dei cittadini e la Corte ha spiegato perché ritenesse corretto identificare in un professionista indipendente maggiori garanzie rispetto ad altri assetti possibili (ma queste sono le considerazioni “opinabili”). Nel caso delle Asturie, la Corte ha ripetuto analoghe considerazioni, facendo notare però che l’applicazione rigida della normativa oggetto del giudizio può generare delle contraddizioni. Ma ha concluso che spetta al giudice nazionale vigilare che l’applicazione della norma generale, che prevede eccezioni per situazioni particolari, non contrasti con la sua finalità di garantire un accesso adeguato al farmaco da parte della popolazione.
Mi sembra che ci sia poco da travisare: la libertà di impresa è un principio tutelato dal Trattato Europeo ma, giustamente, meno del diritto alla salute.
Comunque, lasciando da parte leggi e sentenze, mi sembra che in questa fase si stia perdendo di vista un principio fondante: il farmaco è una merce fino al suo arrivo in farmacia (di comunità od ospedaliera, poco cambia) ma da quel momento in poi diviene un bene molto particolare, che sfugge ai criteri applicati alle altre merci. Ha senso “la spesa di stoccaggio” di un medicinale, fosse anche da banco, oppure il tre per due? Ha senso il marketing, volto ad aumentare la platea dei consumatori o il consumo dei singoli? L’asimmetria informativa tra cittadino-paziente e professionista ha cessato di esistere?
Qualche anno fa, al Forum di ECR Europe (Milano, 9 maggio 2007) si descrisse come un fatto increscioso che negli armadietti dei medicinali domestici ci fossero in genere pochi prodotti e si indicò come obiettivo, invece, far sì che ci sia un armadietto ben fornito per ciascun membro della famiglia. Non è una prospettiva accettabile: può darsi che qualcuno, sfortunatamente, debba ricorrere a una dozzina di farmaci e che a qualcuno,fortunatamente, non ne serva nemmeno uno. Ma lo decide il medico che prescrive, lo decide il farmacista quando consiglia un medicinale da banco, ovviamente nell’ambito di quella “contrattazione della terapia” con il paziente che ha preso il posto del superato modello paternalistico.
Non c’è nulla di male nel fatto che gli operatori economici puntino alla massimizzazione dei profitti, anche nel settore della salute, ma è insensato che questa legittima aspirazione non trovi un bilanciamento nei professionisti che tutelano innanzitutto la salute dei cittadini".
Andrea Mandelli
Presidente della Federazione degli Ordini dei Farmacisti Italiani
Articoli correlati
Farmacie: Cerm, sentenze non siano usate per salvare il corporativismo
02 novembre 2010
© Riproduzione riservata
Altri articoli in Lavoro e Professioni