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Violenze su operatori. Ecco i progetti di Asl e ospedali per difenderli. La mappa della Fiaso


Da body-cam a infermieri di processo fino a volontari che raccolgono le esigenze specifiche delle persone in sala d’attesa, le soluzioni adottate. Fiso: “In 7 pronto soccorso su 10 è operativo personale di sorveglianza coadiuvato da sistemi elettronici di telecamere e in oltre metà dei nostri Dea sono presenti presidi fissi di polizia”

15 GEN -

Il 2024 potrebbe essere stato l’anno nero delle aggressioni ai danni degli operatori sanitari. Il trend dalla fine del Covid è comunque in crescita, si stima solo per l’anno passato un +33% di episodi e anche il 2025 si è aperto con diversi fatti violenti nei pronto soccorso. Lo scorso anno il Governo è corso ai ripari approvando un Dl che prevede l’arresto obbligatorio in flagranza e, a determinate condizioni, l’arresto in flagranza differita per i delitti di lesioni personali commessi nei confronti di professionisti. Il Dl ha introdotto anche il reato di danneggiamento delle strutture sanitarie pubbliche.

Ma le Asl e gli ospedali non sono stati a guardare. Da Nord a Sud ci sono stati interventi su questo fronte e una ricognizione per l’Adnkronos Salute l’ha realizzata la Fiaso, la Federazione italiana delle aziende sanitarie e ospedaliere. Rispetto all’emergenza violenza, la Fiaso ricorda che “in 7 pronto soccorso su 10 è operativo personale di sorveglianza coadiuvato da sistemi elettronici di telecamere e in oltre metà dei nostri Dea sono presenti presidi fissi di polizia”.

La mappa dei progetti ‘anti-violenza’ delle Asl-ospedali. L’Ausl di Piacenza, storicamente in prima fila sul problema delle aggressioni agli operatori, ha organizzato diversi convegni negli anni passati, attuando alcuni interventi nei pronto soccorso. Ad esempio, l’allestimento di cartelli e video con spiegazione dei motivi delle attese, dei criteri con cui vengono definite le priorità e con l’aggiornamento in tempo reale; la presenza fissa di volontari che raccolgono le esigenze specifiche delle persone in sala d’attesa e le comunicano agli operatori sanitari; il pre-triage non sanitario a cura di personale della sicurezza, per filtrare gli accessi, individuando tempestivamente particolari segnali di pericolo; la formazione specifica degli operatori su modalità comportamentali e organizzative per evitare potenziali aggressioni.

L’Areu Lombardia ha adottato le body-cam, l’Aou di Pisa ha puntato molto sulla prevenzione dopo l’omicidio della psichiatra Capovani L’Areu (Agenzia regionale per l’emergenza urgenza) della Lombardia ha adottato delle ‘body-cam’ indossate dagli operatori per riprendere in video i soccorsi fatti a domicilio dei pazienti, questo perché diversi episodi di violenza si sono verificati in tali circostanze.

Il 21 aprile 2023 perse la vita a Pisa, dopo essere stata brutalmente aggredita, la psichiatra Barbara Capovani. Sulla scia di questo episodio che colpì la comunità locale e l’intero Paese, l’Azienda ospedaliera universitaria pisana ha puntato molto sulla prevenzione con una strategia a 360 gradi e interventi anti aggressione. Ad esempio, la disposizione di telecamere interne nei luoghi a maggior rischio; i pulsanti di allarme al bancone per segnalazione di pericolo; il protocollo di intesa con la Prefettura con organizzazione del supporto delle forze dell’ordine; l’attivazione dell’emergenza con numero preferenziale per l’invio di una volante del 112; gli incontri con forze dell’ordine per descrizione di criticità e raccolta di consigli da parte della polizia; il sopralluogo sistematico di équipe incaricata in seguito a segnalazione di episodio di violenza; la formazione degli operatori sulla comunicazione con gli utenti; gli interventi sugli utenti con l’obiettivo

In Sicilia linee guida per la valutazione del rischio e analisi degli episodi di violenza La Regione Siciliana ha definito un gruppo di lavoro sul tema delle aggressioni degli operatori sanitari e ha redatto delle linee guida per le aziende che includono: la valutazione del rischio (con ‘check list’), l’analisi degli episodi di violenza, le misure di prevenzione (strutturali e tecnologiche, organizzative e relazionali), modalità di formazione degli operatori. L’Asl di Salerno ha promosso la sperimentazione delle body-cam, come quelle già in uso alla forze di polizia, per riprendere quello che accade davanti all’operatore o soccorritore sanitario che le indossa.

La Puglia a settembre 2024 è stata il teatro di uno dei fatti di cronaca che ha lasciato il segno nell’immaginario collettivo: i medici dell’ospedale di Foggia asserragliati perché minacciati da un gruppo di persone dopo la morte di una ragazza. Il video ha fatto il giro dei social. Sulla scia anche di quel fatto, è partita dal Policlinico di Bari l’istituzione in Puglia dell’infermiere di processo. È una figura sanitaria a cui è affidato il compito di fornire supporto, dopo la fase di triage, ai pazienti, offrendo supporto e chiarimenti sulle procedure e i tempi di attesa. Al contempo fornisce informazioni sull’iter clinico anche ai familiari in attesa, migliorando la trasparenza e riducendo l’insorgere di possibili conflittualità, anche segnalando eventuali criticità sulle tempistiche nell’esecuzione di esami. L’infermiere di processo collabora con il team sanitario del pronto soccorso anche per ottimizzare il flusso di pazienti. La Regione Puglia ha poi approvato a luglio del 2024 le ‘Linee di indirizzo per la prevenzione, protezione e gestione degli atti di violenza a danno degli operatori sanitari e socio-sanitari’, che integra gli elementi di sicurezza sul lavoro alle raccomandazioni ministeriali in ambito di rischio clinico. La figura dell’infermiere di processo è oggi presente nei principali pronto soccorso della regione.

Sul fronte delle violenze ai danni degli operatori sanitari, ha detto Giovanni Migliore, presidente della Fiaso “per quanto riguarda la deterrenza non possiamo fare di più. L’ultimo Dl anti-aggressioni, che ho condiviso ed era giusto fare, è andato in questa direzione, ma dobbiamo ragionare sul fatto che si deve puntare sulla prevenzione. Cosa vuol dire? Come Fiaso abbiamo analizzato il fenomeno e le situazioni di rischio, ed emerge che il tema delle violenze non è legato agli ospedali delle città perché la metà degli episodi avvengono nei piccoli centri e sul territorio. Quindi occorre rivedere il sistema della continuità assistenziale, perché oggi non ci possiamo permettere che le guardie mediche siano esposte a rischio e serve uno sforzo per analizzare le condizioni in cui operano e modificare la dislocazione delle strutture. Ma non è secondario che più viene sollecitato un sentimento di disaffezione nei confronti del Ssn e di coloro che ci lavorano e più si creano le condizioni” per alcune tipologie di episodi di violenza.

“Cinque anni fa, durante l’emergenza Covid, la narrazione collettiva era che il Ssn stava portando il Paese fuori dalla crisi – conclude Migliore – oggi viene tacciato di non risolvere i problemi degli italiani. I ‘mali’ ci sono, ma questa narrazione produce dei danni e dobbiamo, tutti insieme, provare a cambiarla”.



15 gennaio 2025
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