“Siamo pronti ad ogni tipo di collaborazione e a mettere a disposizione tutte le nostre strutture e tutte le nostre professionalità per risolvere la questione liste d’attesa. Avvertiamo però che misure che non coinvolgano in modo strutturale le istituzioni ospedaliere private accreditate, potrebbero rivelarsi poco efficaci per la gestione di un problema così complesso”. La delegazione dell’ARIS, nell’audizione alla Commissione Affari Sociali del Senato nell’ambito del ciclo di consultazioni in corso sul tema Liste d’attesa, ha innanzitutto voluto ribadire la necessità di “riconoscere concretamente il ruolo ormai imprescindibile della sanità privata accreditata, una forza sanitaria che rappresenta, nel suo insieme, circa il 50% degli ospedali oggi attivi in Italia”, 485 su 1.000 secondo gli ultimi dati”.
La Commissione dell’ARIS - composta dall’economista professor Antonello Zaccardi, docente all’Università di Parma, e dal dr. Daniele Piacentini, Direttore Generale dell’Isola Gemelli, Fatebenefratelli di Roma – ha tenuto comunque a ribadire il convincimento che anima l’Associazione nel partecipare all’azione politica rivolta alla riduzione di una problematica, la riduzione delle liste d’attesa appunto, “che riguarda direttamente anche le strutture convenzionate, poiché sono parte integrante del SSN sin dalla legge istitutiva dello stesso, e dunque anch’esse soggette alla pressione della domanda di cure da parte dei cittadini” . Anche per questo loro status le strutture associate “sono disponibili a ricevere indicazioni da parte delle regioni e pronte ad intervenire laddove ce n’è più bisogno, mettendo in campo tutta la loro potenzialità, la loro professionalità e la loro dimostrata flessibilità”.
Va bene dunque anche l’interoperabilità dei cup “a patto che sia garantita al paziente la possibilità di poter usufruire della continuità assistenziale con la struttura che lo ha preso in carico”. La continuità assistenziale dovrebbe essere considerata un diritto per il paziente perché è fondamentale. La delegazione ARIS ha infine fatto cenno alla necessità di intervenire con urgenza sull’appropriatezza, puntando su due meccanismi semplici “protocolli diagnostici e rapporto di fiducia tra prescrittore ed erogatore”.