Non hanno tardato ad arrivare le prime conseguenze della recente sentenza della Corte di Giustizia europea sul tema ferie non godute (causa C 218/22 del 18/1/24), questa volta a vantaggio di un infermiere. Il clamore che la pronuncia europea ha avuto, sul quale si è espresso anche Aran, ha portato infatti la Corte di Appello di Roma a ribaltare la sentenza del Giudice di primo grado, che aveva negato al sanitario in pensione il diritto ad un indennizzo per le ferie da lui maturate e non godute.
Per commentare il fatto abbiamo interpellato Francesco Del Rio, avvocato del network Consulcesi Club.
Vediamo il caso.
L’infermiere in questione, entrato in quiescenza, aveva richiesto il riconoscimento dell’indennità finanziaria in sostituzione di un ingente numero di giorni di ferie annuali maturale e non potute godere durante il rapporto di lavoro. Il Tribunale, di risposta, aveva negato ogni tipo di rimborso economico al sanitario da parte dell’ASL di riferimento, costringendolo al gravame.
La decisione di rigetto veniva quindi impugnata e rimandata alla Corte di Appello di Roma. Quest’ultima, lo scorso 31 gennaio, ha riformato totalmente quanto stabilito dal precedente organo giudiziario e riconosciuto all’infermiere il diritto a ricevere il pagamento dell’indennizzo per le ferie maturate e non fruite. Tutto questo, facendo ricorso espresso proprio alle motivazioni fornite della Corte di Giustizia europea e considerandole dirimenti per la decisione del caso.
La Corte capitolina ha quindi ribadito che, nonostante sia ammissibile apportare limitazioni al diritto alle ferie annuali retribuite, per farlo bisogna comunque rispettare il diritto al godimento delle stesse, come da riferimento dell’Unione. Una limitazione a questo diritto viene posta proprio dall’articolo 5, comma 8 del Dl 95/2012, che stabilisce che - per ragioni di contenimento della spesa pubblica e tutela delle esigenze organizzative del datore di lavoro - la monetizzazione delle ferie non godute può essere negata ai dipendenti pubblici.
“La Corte di Appello di Roma – spiega Del Rio – ha ricordato, in questo senso, che “la tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori non possono mai dipendere da considerazione di carattere puramente economico”. Nonché che l’aspetto delle esigenze organizzative deve essere inteso come un incentivo alla fruizione delle ferie, e non un impedimento”.
Ancora la Corte di Appello ha osservato che la situazione sarebbe stata diversa se l’infermiere si fosse volontariamente astenuto dalla fruizione delle ferie, avendo però possibilità di farlo. “Aderendo pienamente alle pronunce dell’Unione – conferma ancora l’avvocato – si è inoltre ribadito come il datore di lavoro sia gravato dall’obbligo di verificare in maniera concreta e trasparente che il lavoratore sia posto effettivamente nelle condizioni di fruire delle ferie annuali retribuite. Nonché debba invitarlo in maniera anche formale a farlo, informandolo in tempo utile e in modo accurato del fatto che, se non le utilizza, potrebbe perderle e non ricevere neppure l’indennità.
Com’è finita?
“Trovando l’ASL mancante da questo punto di vista e avendo verificato come non avesse fornito la prova della propria diligenza, la Corte di Appello l’ha quindi condannata a pagare l’indennità sostitutiva all’infermiere secondo le misure previste dalla contrattazione collettiva. Dall’istruttoria era addirittura emerso che l’ASL si era resa conto soltanto in prossimità del pensionamento della situazione ferie del dipendente”, conclude Del Rio.
“Anche in questo caso – conferma l’Avv. Del Rio - si registra una piena condivisione dei rilievi critici recentemente sollevati dalla Corte Europea alla normativa nazionale ed alle sue prassi, tanto da giustificare il ribaltamento della precedente sentenza di rigetto con conseguente giusto riconoscimento dell’indennizzo anche a favore della categoria infermieristica che, per far fronte alle pressanti esigenze lavorative, si trova in prima linea, sacrificando talvolta le giornate di riposo a cui avrebbe diritto”.
Gloria Frezza