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Pianta organica farmacie. Ma qual è la situazione?


Molti lettori continuano a scriverci per chiarimenti in merito all’abolizione (o meno) della pianta organica delle farmacie dopo il decreto “Cresci Italia” in merito al problema della “zonizzazione” delle farmacie e sul ruolo dei Comuni. Un commento dell’avv. Leopardi.

16 NOV - Molto probabilmente la pianta organica è caduta già per effetto dell’art. 11 del “Cresci Italia”, in quanto l’integrale articolazione del vecchio art. 2 della L. 475/1968 con le due disposizioni contenute sub. C) del comma 1 dell’art. 11, questo parrebbe affermare.
Su questo punto abbiamo registrato varie sentenze: una “breve,, del TAR Friuli (n. 338 del 3 settembre 2012) ed una ordinaria del TAR Lombardia (n. 2313 del 13 settembre 2012), quest’ultima sospesa dal Consiglio di Stato.
Entrambe le decisioni paiono orientate in tal senso.
 
Ma, pur venendo meno la pianta organica, dovrebbe resistere il concetto di “sede farmaceutica” o comunque di “zona” e comunque la piena legittimazione dei Comuni a pianificare territorialmente le farmacie.
In conseguenza di ciò viene confermata l’assoluta discrezionalità dei Comuni ad autorizzare, piuttosto che no, l’istanza di un titolare di farmacia che volesse trasferirsi all’interno o meno del proprio “territorio di competenza,,.
La citata sentenza del TAR Lombardia, infatti, ha affermato “che la novella legge in materia di farmacie lascia comunque in vigore molte delle norme precedentemente vigenti in materia di circoscrizioni farmaceutiche; in particolare persiste l’art. 1, c. 4, I. n. 475/1968 secondo cui “Chi intende trasferire una farmacia in un altro locale nell’ambito della sede per la quale fu concessa l’autorizzazione deve farne domanda all’autorità sanitaria competente per territorio. Tale locale, indicato nell’ambito della stessa sede ricompresa nel territorio comunale, deve essere situato ad una distanza dagli altri esercizi non inferiore a 200 metri. La distanza è misurata per via pedonale più breve tra soglia e soglia delle farmacie”.
 
I Comuni, quindi (come in passato), potranno negare con difficoltà il trasferimento nell’ambito del “perimetro,, mentre potranno, con maggiori certezze, negarlo fuori dall’ambito del perimetro.
Alcuni lettori ci hanno segnalato l’ipotesi, accattivante, secondo la quale ove il Comune non tenga conto di delimitazioni territoriali assegnate alle sedi farmaceutiche non potrebbe negare il trasferimento altrove; ma vale la pena di chiedersi: l’indicazione di una via piuttosto che di una zona (es. zona sud) non è pur sempre una limitazione del territorio di competenza assegnato alla farmacia?
Ad avviso di chi scrive il Comune (con gli “immensi poteri,” conferitigli dall’art. 11 del D.L. 1/2012 ora L. 27/12) potrà “farla da padrone” anche sulle varie istanze di trasferimento fermo restando che i vari TAR, eventualmente interessati su singole fattispecie, potranno dirimere i dubbi di tutti.
Con riferimento all’art. 5 della L. 475/1968 e quindi all’istituto del decentramento possiamo affermare che anche questa figura è tuttora in piedi, ma è verosimile che i presupposti previsti nell’art. 5 della L. 362/91 non si pongano troppo frequentemente, perché specie nelle città le “revisioni straordinarie,, dovrebbero aver occupato buona parte delle zone periferiche di nuova formazione abitativa e bisognose, comunque, di vedere integrato il servizio farmaceutico.
 
Piuttosto, si pone il problema (in tal vicenda come nelle tante altre che sono state neppure sfiorate dall’art. 11) dell’individuazione dell’amministratore competente, che nell’art. 5 è la Regione sia per i decentramenti d’ufficio che per quelli a domanda e si può pensare che, in ambedue i casi, potrà essere il Comune a dover provvedere.
In buona sostanza sono poche le certezze con le quali rispondere al quesito e si rimane nella speranza che presto ove il legislatore non è riuscito possa la Magistratura fare ordine e chiarezza.
 
Avv. Paolo Leopardi

16 novembre 2012
© Riproduzione riservata

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