Il tema della responsabilità professionale degli operatori sanitari resta ancora oggi al centro dell’attenzione. Sulla questione, nel corso degli ultimi 11 anni, sono intervenute dapprima la legge Balduzzi provando ad introdurre il concetto di colpa lieve; poi, in maniera più articolata, è stata la legge Gelli a introdurre diverse novità sia ambito di giurisprudenza civile che penale. Oggi, a sei anni di distanza dall’approvazione di quest’ultima, è arrivato il momento per una sua messa a punto.
Alla prova delle aule dei tribunali sono infatti emerse alcune istanze e esigenze rimaste ancora irrisolte. Proprio per sciogliere questi nodi è stata istituita, con un decreto del ministro della Giustizia Carlo Nordio, la “Commissione per lo studio e l’approfondimento delle problematiche relative alla colpa professionale medica”. A presiederla è il magistrato Adelchi d’Ippolito. L’obiettivo della commissione è quello di realizzare un giusto punto di equilibrio tra la serenità del medico nel poter svolgere il proprio lavoro e la piena tutela giuridica del paziente.
Presidente d’Ippolito, come nasce l’idea di questa commissione?
Questa commissione è stata istituita grazie alla sensibilità del ministro della Giustizia Carlo Nordio nell’aprile del 2023, ed è formata da grandi giuristi e grandi medici. Resterà in carica un anno e quindi, entro il mese di aprile del 2024, consegneremo al ministro la nostra relazione tecnica. L’obiettivo della commissione è quello di limitare le aggressioni giudiziarie nei confronti dei medici e restituire loro quella serenità necessaria per portare avanti il proprio lavoro senza la preoccupazione di possibili contenziosi giudiziari. Siamo infatti convinti che la serenità del medico sia un patrimonio della collettività. La commissione sta lavorando alla ricerca di un punto perfetto di equilibrio tra la serenità del medico e la tutela giuridica piena del cittadino, e per raggiungere questo obiettivo siamo partiti da un dato a nostro giudizio molto significativo.
Quale?
Su 100 denunce presentate contro i medici meno di 5 si concludono con una condanna. La maggior parte di queste si rivelano quindi clamorosamente infondate. Tali denunce infondate, tuttavia, lasciano un segno molto profondo sulla vita dei medici perché compromettono la loro immagine, minano la loro fiducia e credibilità. Uno dei nostri obiettivi è dunque quello di far sì che non si abbiano più a proporre denunce infondate verso i medici. La denuncia deve rappresentare un momento di forte assunzione di responsabilità, non si può pensare di denunciare un medico solo perché in fondo non si ha nulla da perdere.
E concretamente come pensate di agire per ridurre questo fenomeno?
Per abbattere il numero di denunce infondate stiamo riflettendo sulla possibilità di introdurre strumenti che abbiano una forte capacità deflattiva. Ad esempio, la commissione è molto impegnata nel valutare la possibilità di introdurre la condanna per lite temeraria, un istituto già esistente in ambito civile anche nel campo del diritto processuale penale.
Questo cosa comporterebbe?
In caso di denuncia palesemente infondata, il denunciante potrebbe essere condannato al pagamento di una somma di denaro che dovrà essere determinata. I particolari di questo istituto sono ancora in fase di studio e di approfondimento. Al contempo, stiamo anche valutando la possibilità di intervenire sul diritto penale sostanziale.
In che modo?
Stiamo pensando di intervenire sull’articolo 590-sexies (responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario ndr.) introdotto dalla legge Gelli, riducendo l’area di punibilità ai soli casi di colpa grave.
Questa sarebbe un’innovazione molto importante.
Il fine di tutto questo lavoro, come dicevo, è quello di poter dare serenità al medico in modo che non si senta costretto a ricorrere alla medicina difensiva per tutelarsi dinanzi a possibili azioni giudiziarie. Così si eviterebbe la prescrizione, da parte dei medici preoccupati, di esami inutili, dannosi e a volte perfino invasivi che incidono negativamente sui bilanci del Servizio sanitario nazionale, e al contempo tolgono spazio a chi davvero avrebbe necessità di sottoporsi a quegli accertamenti medici, contribuendo così ad aggravare il fenomeno delle liste d’attesa.
Si potrebbe così porre rimedio anche alla carenza di medici che colpisce in particolare alcune specialità.
Certamente, limitare l’aggressione giudiziaria significa anche porre freno all’emorragia che colpisce da anni alcune specialità mediche, guarda caso proprio quelle più esposte a rischio giudiziario come, ad esempio, la chirurgia, l’ortopedia o la ginecologia. Il rischio che corriamo è quello di non avere più questi specialisti a causa del timore di ritrovarsi esposti a spesso ingiustificate aggressioni giudiziarie a loro danno.
La sua commissione sta valutando tutti gli aspetti della legge Gelli?
Sì, la nostra attenzione si è soffermata anche sul valutare il meccanismo delle linee guida. Al riguardo abbiamo proceduto anche alle audizioni dei professori Silvio Brusaferro e Rocco Bellantone, presidente dell’Istituto superiore di sanità che si sono succeduti nel tempo.
Cosa potrebbe cambiare?
Ci si sta rendendo conto di come l’elaborazione delle linee guida necessiti di un percorso molto lento e costoso. Accade così che nel momento in cui queste entrano in vigore spesso sono già superate. In sostanza, i tempi richiesti per la loro elaborazione, verifica e pubblicazione non tengono il passo con la rapidità del progresso scientifico. Oltre a questo, si deve tener conto che ad oggi sono state pubblicate in tutto meno di 90 linee guida in Italia.
E come si può porre rimedio a questo problema?
Stiamo approfondendo la nostra riflessione sulla possibilità di attribuire alle linee guida un ruolo meno centrale e, al contempo, di accrescere il peso di quelle buone pratiche clinico-assistenziali anch’esse richiamate dalla stessa legge Gelli. Vorremmo intervenire anche sul ruolo dei consulenti e dei periti affinché si possano individuare dei professionisti che abbiano una competenza appropriata al caso che dovranno valutare. Infine, stiamo studiando la possibilità di prevedere l’istituzione di un fondo di garanzia, sul modello francese, in modo da dare garanzie ai medici senza al contempo esporli al pagamento di grandi premi assicurativi.
Dunque presidente d’Ippolito il vostro lavoro va ultimandosi?
Come dicevo la commissione entro aprile consegnerà al ministro Nordio, con il quale sono in costante contatto aggiornandolo sull’andamento dei lavori, la sua relazione tecnica con tutte le proposte innovative cui ho fatto cenno.
Presidente le auguro buon lavoro perché il compito affidatole è davvero difficile e impegnativo.
Grazie.
Giovanni Rodriquez