Il Ministro Schillaci si è espresso a favore della depenalizzazione della colpa professionale, con ciò rispondendo a un’antica aspirazione dei medici che da decenni si battono contro la configurazione penale dell’errore medico, presente in Italia e in pochi altri paesi, che provoca disagio e ingenti spese a causa della cosiddetta medicina difensiva.
Evidentemente il Ministro ha sentito la necessità di andare oltre la legge Gelli Bianco, che a sua volta aveva superato la legge Balduzzi, per addivenire a una riforma radicale della materia che modifichi l’ordinamento a favore di un sistema no fault, così che il medico sia sottoposto solo alla responsabilità disciplinare.
L’obiezione del mondo del diritto, immerso in Italia nel giustizialismo penale, è facilmente prevedibile: perché questo privilegio per i medici? Già i medici godono di una legislazione ad hoc contro le aggressioni sul lavoro rispetto alle altre categorie di pubblici dipendenti. Un’obiezione di buon senso perché il problema delle aggressioni si affronta meglio sul piano culturale che con l’aumento delle pene.
Ma la penalizzazione della colpa medica è inutile e dannosa. Dannosa per le conseguenze sulla spesa sanitaria a causa della medicina difensiva, inutile perché conduce a rarissime condanne -meno del 5% - con pene per lo più ridotte a fronte di spese ingentissime per gli imputati e per lo Stato.
In questo quadro la soluzione non può che essere radicale. Altresì gli errori medici esistono. Sostengo - ignoro se questo sia il pensiero del Ministro - che non solo gli errori casuali ma la vera malpractice sia un fatto contrattuale e non penale: la legge italiana è, come ho detto, inutile e dannosa.
Tre sono gli elementi in causa in qualsiasi percorso di cura, il professionista, il paziente e l’organizzazione. In un contesto ideale il professionista e l’organizzazione debbono essere assicurati altrimenti non possono esercitare alcuna attività. È chiaro che il Governo deve stabilire i termini di questa assicurazione. Qui subentra la consueta malpractice ministeriale per cui mancano ancora i più importanti Decreti della legge Gelli Bianco. Un malcostume che riguarda tutte le leggi e che non può essere risolto dai medici ma dalla politica, ahimè!
Se il paziente ritiene di aver subito un danno e se la domanda è fondata non resta che risarcire secondo tabelle ministeriale (e vale quanto detto prima). Ovviamente se non vi è accordo si procede nei vari gradi di conciliazione fino al giudice civile e soltanto a questo.
Nessuno può impedire al cittadino di denunciare un preteso fatto penale ma il PM procede solo se ravvisa fumus di dolo altrimenti archivia perché non esiste colpa penalmente perseguibile. Gli errori in medicina trovano soddisfazione in sede civile. In tal modo si elimina una causa di disagio dei medici, lo Stato risparmia e l’assistenza sanitaria si svolge con minor ansietà e onerosità, garantendo soddisfazione al cittadino danneggiato.
Certamente si deve offrire al paziente la migliore assistenza. Da questo punto di vista gli errori rappresentano un fatto meramente contrattuale. Chi sbaglia, se non in modo del tutto casuale, sarà sottoposto a opportuni periodi formativi e può subire sanzioni fino al licenziamento, secondo le norme concordate tra le parti, e si potrà predisporre anche una verifica dello Stato su questi atti. Se il difetto è nell’organizzazione del servizio allora lo Stato o la Regione debbono poter intervenire nell’interesse dei cittadini mediante strumenti previsti dalla legge sia per il pubblico che per il privato.
Sembra un progetto fantascientifico anche per le raffinatezze giuridiche che sottende, tali da provocare contese infinite sul piano del diritto, ma, se ci pensiamo bene, non sarebbe impossibile e risponderebbe a quei criteri di leggerezza e velocità che il mondo oggi richiede.
Antonio Panti