In occasione della seconda edizione della Giornata nazionale di educazione e prevenzione contro la violenza nei confronti degli operatori sanitari e socio-sanitari, che dall’anno scorso si celebra annualmente il 12 marzo, la Consulenza statistico attuariale Inail ha analizzato i dati relativi ai casi di infortunio in occasione di lavoro accertati dall’Istituto e codificati come aggressioni e minacce nei confronti del personale sanitario, che nel triennio 2019-2021 sono stati 4.821, per una media di circa 1.600 l’anno.
Quasi quattro su 10 nella fascia 35-49 anni. Il 37% è concentrato nel settore assistenza sanitaria, che include ospedali, case di cura, istituti, cliniche e policlinici universitari, il 33% nei servizi di assistenza sociale residenziale, che comprendono case di riposo, strutture di assistenza infermieristica e centri di accoglienza, mentre il restante 30% ricade nel comparto dell’assistenza sociale non residenziale. Il 71% ha riguardato le donne, mentre per entrambi i generi si rileva che il 23% dei casi interessa gli operatori sanitari fino a 34 anni, il 39% quelli da 35 a 49 anni, il 37% da 50 a 64 anni e l’1% oltre i 64 anni.
Seguono, con il 29% dei casi, gli operatori socio-sanitari delle professioni qualificate nei servizi sanitari e sociali e, con il 16%, le professioni qualificate nei servizi personali e assimilati, soprattutto operatori socio-assistenziali e assistenti-accompagnatori per persone con disabilità. Più distaccata, con il 3% dei casi di aggressione ai danni del personale sanitario, la categoria dei medici, che non include però nell’obbligo assicurativo Inail i sanitari generici di base e i liberi professionisti.