“Si registra una continuità del Governo Meloni, con i Governi Conte/Draghi, in tema di sanità pubblica con la riduzione della spesa sanitaria, con un andamento, in questo senso, identico. Il disegno di legge sul bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2023 e sul bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025, infatti, non prevede, come evidenziato anche dall’Ufficio parlamentare di Bilancio, alcun potenziamento del servizio sanitario”.
Cosi il Consiglio Nazionale del Sindacato Medici Italiani che nel corso di una riunione ha fatto il punto della situazione puntando i riflettori sulle iniziative sindacali da intraprendere per il 2023 a partire dal rinnovo dell’accordo collettivo nazionale per la medicina generale, dal pieno sostegno al contratto della dirigenza sanitaria agli start di partenza, per la tutela del lavoro in sanità e per la sicurezza per gli operatori sanitari. Non solo, ha sottolineato il proprio impegnato “nella costruzione di un’unità sindacale della categoria medica con tutte le forze disponibili per mettere insieme le necessità della medicina generale, della dirigenza medica e del 118, per difendere la sanità pubblica e il lavoro di tutti i medici”
“Si assiste da tempo a fughe di medici verso la sanità privata e verso gli altri paesi – sottolinea una nota Smi – in particolare dai settori più usuranti (e che si prestano in misura minore ad attività libero professionale), quali terapie intensive e il pronto soccorso. Le ragioni sono molteplici: l’assoluta cecità dei governi degli ultimi decenni nel programmare la formazione dei professionisti; la ridotta progressione di carriera; l’età media avanzata; i livelli stipendiali fra i più bassi d’Europa per i medici. Va aggiunto, inoltre, che persiste l’assenza di qualsiasi ipotesi di una ridefinizione della formazione dei medici di medicina generale e del loro rapporto con il SSN, con l’istituzione di una scuola di specializzazione universitaria finalizzata a un loro adeguato inserimento, anche in termini convenzionali, nei Distretti e nelle case di Comunità e nell’ assistenza primaria. Per i Pronto Soccorso siamo dinnanzi al paradosso: a fronte della situazione di collasso il Governo prevede un provvedimento urgente, che consiste in un incremento attivato solo nel 2024 della indennità di pronto soccorso “.
Il Consiglio Nazionale SMI ha espresso poi una forte preoccupazione sull’autonomia regionale differenziata: “potrebbe sancire una volta per tutte la fine del SSN già in grave sofferenza. Una maggiore autonomia legislativa, amministrativa ed organizzativa in materia di istituzione e gestione di fondi sanitari integrativi darebbe l’avvio a una equivalenza sleale fra pubblico e privato. La contrattazione integrativa regionale, inoltre, per i dipendenti del SSN e l’autonomia in materia di gestione del personale e di regolamentazione dell’attività libero professionale metterebbe in atto una concorrenza sleale fra Regioni con la fine della contrattazione collettiva. Questo scenario rappresenta le difficoltà in cui versa la sanità pubblica in Italia a cui si somma la crisi innescata dal Covid 19 che ha lasciato strascichi pesanti sul sistema sanitario. Ma c’è di più. Ad invecchiare non sono solo i cittadini ma anche soprattutto i medici: secondo dati recenti, l’età media dei medici della sanità pubblica è di 51,3 anni ma quella dei medici di famiglia è intorno a 60 anni”.
“La medicina generale che dovrebbe essere rappresentare la prima linea di cura per i cittadini soffre di una grave carenza di medici – prosegue la nota – che in alcune aree del paese sono pochissimi; se oggi siamo dinnanzi ad una situazione che appare critica cosa accadrà nei prossimi anni quando non si riuscirà a rimpiazzare i tanti medici che andranno in pensione? Nessuno governo negli ultimi 10 anni ha risposto a questa domanda. Chiediamo, invece, adeguate tutele per tutto il personale del settore e, con esse, attenzione, rispetto e cura, a partire dal riconoscimento da parte dell’Inail dell’infortunio sul lavoro per i MMG e misure contro le aggressioni ai medici. Reclamiamo personale che rimpiazzi quello dimissionario o che si è pensionato negli anni, non appalti dei servizi all’esterno. Intendiamo contrastare la rottamazione del Servizio Sanitario Nazionale e la fuga dei cittadini verso il privato quale metodo individuato ma poco condivisibile per il contenimento delle liste d’attesa”.
Occorrerebbe poi pensare ad un modello nazionale del sistema dell’emergenza che dovrebbe essere un sistema unico, coordinato ed integrato dal punto di vista gestionale, con un’unica figura di medico dipendente in modo da uniformare trattamento economico e tutele: “ Solo questo riordino potrebbe limitare la fuga di questi specialisti che oggi non è più attratto a lavorare in un sistema che presenta delle incolmabili carenze organizzative e di personale che espongono gli operatori ad enormi rischi clinici, a turni massacranti con esubero orario, mancanza di riposi e fruizione di ferie, alle aggressioni da parte di cittadini non soddisfatti nelle loro aspettative. Chiediamo una defiscalizzazione del salario accessorio per la dirigenza medica”.
“Riteniamo, infine - cpnclude la nota - che si debbano sostenere scelte che rafforzino la prevenzione sanitaria nel nostro Paese a partire dal ripristino della medicina scolastica nelle scuole con la tutela della salute della popolazione scolastica; così come non è più rinviabile un rafforzamento delle misure per salute mentale, destinando il 5% del fondo sanitario per la salute mentale così come i 91 Direttori dei Dipartimenti di Salute Mentale del nostro paese chiedono a tutte le istituzioni italiane. Siamo impegnati, infine, nella costruzione di un’unità sindacale della categoria medica con tutte le forze disponibili per mettere insieme le necessità della medicina generale, della dirigenza medica e del 118, per difendere la sanità pubblica e il lavoro di tutti i medici”.