Il contratto collettivo nazionale dei medici e dei dirigenti sanitari prevede che 4 ore di lavoro a settimana siano destinate ad attività non assistenziali, come l’aggiornamento professionale, la partecipazione ad attività didattiche o la ricerca. Tuttavia, considerata la grave carenza di personale che affligge tutti gli ospedali italiani e le interminabili liste d’attesa, prolungate ulteriormente dalla sospensione delle attività a causa del Covid-19, i medici sono pronti a destinare tali ore ad attività ambulatoriali o chirurgiche, a fronte di una retribuzione integrativa, ampliando l’offerta sanitaria per i cittadini e riducendo i tempi di attesa: qualora tutti i medici decidessero di aderire al progetto – su base volontaria -, si potrebbero pianificare 22 milioni di ore di prestazioni assistenziali aggiuntive ogni anno. La proposta è del sindacato dei medici Federazione CIMO-FESMED, cui aderiscono ANPO-ASCOTI, CIMO, CIMOP e FESMED.
“La carenza di personale, causata da anni di errata programmazione e da una fuga costante dagli ospedali, continuerà ad essere un problema grave per il nostro servizio sanitario per almeno altri tre anni, quando inizieranno a vedersi gli effetti dell’aumento delle borse di specializzazione ottenuto dal Ministro Roberto Speranza – spiega il Presidente CIMO-FESMED Guido Quici -. In assenza di soluzioni alternative che siano realmente percorribili e che non sacrifichino la qualità dell’assistenza, occorre dunque proporre un ulteriore sacrificio ai medici in servizio, retribuendoli tanto quanto previsto per le attività in autoconvenzionamento (60 euro l’ora)”.
“Tanto per fare un esempio – prosegue Quici -, parliamo, considerata una platea di 112.000 medici aderenti, di un potenziale di 67 milioni di visite ambulatoriali l’anno in più. Un contributo importante all’abbattimento delle liste d’attesa ad un costo simile a quanto stanziato negli ultimi due anni dal Governo per la stessa finalità, ma senza ottenere alcun risultato di rilievo, considerata l’impossibilità di valutare se o come tali risorse siano state utilizzate dalle Regioni. Inoltre dal 2026, quando dovrebbero diventare operative le strutture di comunità previste dal PNRR, si potrebbe continuare a sfruttare tali ore per supportare le attività sul territorio”.
“In questo modo – aggiunge Quici – si regolamenterebbe l’utilizzo di ore che spesso vengono sfruttate dalle Aziende in modo improprio, in netto contrasto con quanto previsto dal contratto collettivo nazionale di lavoro, per coprire i turni e far fronte alla carenza di personale. La nostra proposta, invece, è volta esclusivamente all’abbattimento delle liste d’attesa, perché siamo ben consapevoli degli effetti che la pandemia ha avuto sulle prestazioni da garantire ai cittadini. Il tutto – specifica – senza sottovalutare l’importanza della formazione e dell’aggiornamento continuo, che verrebbero in ogni caso assicurati da altre disposizioni contrattuali”.
“Certo – conclude il Presidente CIMO-FESMED – occorre la volontà politica per trovare le risorse e modificare le norme necessarie, ma i medici sono pronti, ancora una volta, a mettersi al servizio della salute dei cittadini”.