Barbieri (Cimo): “Per il problema della colpa medica puntiamo sul Sistema no blame”
12 FEB - “Il sistema no blame può essere sinteticamente descritto come un sistema in cui sia il medico che il paziente non sono costretti ad andare in tribunale. Il medico non sostiene rischi legali od economici ed il paziente non deve assumere un legale e sostenere le spese ed i rischi di una causa. Nella nostra realtà una proposta significativa è già stata formulata da Giovanni Comandè e prospetta l’ipotesi di un sistema no blame regionale. Lo scopo è quello di superare logiche di conflittualità, garantire la terzietà tra danneggiato e danneggiante e capitalizzare tutte le informazioni raccolte per migliorare la sicurezza. Un sistema questo che consentirebbe di ridurre drasticamente la durata del contenzioso con benefici per tutti". E' quanto dichiarato da
Sergio Barbieri, vice presidente nazionale Cimo, sullo stato di agitazione dei ginecologi.
"Come finanziare un sistema come questo in Italia? La risposta è nei dati messi a disposizione dall’Agenas nel 2013 - ha spiegato -. I sinistri denunciati nel 2012 sono stati 12.000 su 10 milioni di ricoveri ed 1 miliardo di prestazioni specialistiche. I premi pagati ammontano ad 1 miliardo di euro includendo le strutture ed i professionisti. La media delle liquidazioni è inferiore ai 50mila euro. L’85% dei sinistri è stato liquidato per gestione diretta o franchigia. Il costo della medicina difensiva è stimato tra i 10 e 14 miliardi di euro. Appare quindi evidente che con una riduzione di quest’ultimo costo del 10% circa si libererebbero le risorse necessarie a coprire tutti i rischi ed i risarcimenti. La riduzione dei costi della medicina difensiva, anche molto più significativa del 10% necessario ad avviare un sistema di copertura assicurativa globale delle strutture e dei professionisti, sia un obiettivo relativamente facile da raggiungere, se il medico si sentisse garantito e potesse così ridurre le richieste di esami inutili o addirittura dannosi".
"Nella prevenzione del rischio vi sono oramai esperienze consolidate che dimostrano che solo un sistema che garantisca l’anonimato consente di denunciare gli eventi avversi e, cosa ancora più importante, i cosiddetti near miss cioè situazioni di grave rischio che solo per un caso fortunato non hanno prodotto danni. È del tutto evidente che più la raccolta di dati sugli incidenti è completa, più si può lavorare al miglioramento della sicurezza. Non va dimenticato - ha concluso il vice presidente Cimo - che quasi sempre il lavoro clinico è un lavoro di equipe e che i danni sono nella maggior parte dei casi provocati da falle nell’organizzazione, nella routine e nelle procedure, più che dall’operato del singolo professionista. Ma un sistema come questo non può essere pienamente implementato se poi i dati raccolti sono usati, come è già accaduto, per intentare cause civili e penali contro il medico che li ha resi noti”.
12 febbraio 2014
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