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Scollo (Sigo): “Le strutture pericolose vanno chiuse. I medici sono stanchi di pagare”


12 FEB - “Le criticità relative all’area materno infantile generate dalla mancata applicazione del Piano nazionale per i Punti nascita e le problematiche relative alla responsabilità professionale medica sono questioni imprescindibili per una sanità degna di un Paese civile. Questioni sulle quali è mancato un intervento deciso da parte delle istituzioni, nonostante abbiano appunto ricadute importantissime sull’assistenza ai pazienti e sul lavoro dei medici". E' quanto dichiarato da Paolo Scollo, presidente della Società italiana di ginecologia e ostetricia (Sigo), sullo stato di agitazione dei ginecologi.
 
"Il decreto Fazio per il riordino dei punti nascita è rimasto in troppe realtà inapplicato: ci sono ancora reparti di ginecologia e ostetricia con meno di 500 parti l’anno nonostante la letteratura ci dica con chiarezza che quelle dove si effettuano più di mille parti hanno tassi di mortalità nettamente inferiore a quelli delle strutture piccole. Strutture che continuano a rimanere in essere per ragioni a noi sconosciute e che possiamo immaginare siano solo di natura politica - ha spiegato -. Strutture che non sono state messe in sicurezza, non hanno piante organiche adeguate e non hanno adottato idonei adeguamenti strutturali. Un problema che investe sia il Nord sia il Sud Italia. Emblematici i casi di Nicosia in Sicilia e di Domodossola in Piemonte che sono costati la vita ad una paziente e ad un neonato. Questi ospedali vanno chiusi. E la responsabilità è politica e istituzionale: quanto previsto nel Piano nazionale dei Punti nascita doveva essere portato avanti dal Governo nazionale a prescindere dalle realtà regionali. La conclusione di tutto questo è che a pagare sono i cittadini e i medici che, per la mancanza di un provvedimento che chiarisca una volta per tutte la responsabilità professionale, vengono colpiti in prima persona a causa delle inadempienze".
 
"Non possiamo quindi rimanere in silenzio di fronte a una classe amministrativo politica che espone pazienti a rischi elevatissimi mandando avanti i medici che per motivazioni etiche continuano comunque a prestare la loro opera. Medici che sono lasciati soli senza coperture assicurative - ha concluso il presidente Sigo -. Le strutture pericolose vanno chiuse: e lo devono fare le Regioni, non i medici. E se anche ci fossero resistenze da parte dei medici a mettersi in mobilità sul territorio, siamo disposti a prenderci le nostre responsabilità e ad intervenire con i nostri associati”.  

12 febbraio 2014
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