Salute mentale. Sileri: “Tutelare principio territorialità delle cure per i malati psichici autori di reato”
"In caso di applicazione delle misure di sicurezza diverse dal collocamento in Rems, la competenza del magistrato di sorveglianza si fonda sul domicilio o sulla residenza del soggetto. Ai condannati con patologia psichiatrica sopraggiunta durante la detenzione in carcere, invece, viene consentita la possibilità di espiare la pena residua in regime di detenzione domiciliare". Così il viceministro alla Salute rispondendo in Commissione Sanità all'interrogazione di Binetti (FI).
16 GEN - “La presa in carico dei malati psichici autori di reato da parte dei servizi di salute mentale delle Asl deve essere effettuata presso il territorio di residenza o, comunque, di provenienza del soggetto, allo scopo di evitare un inutile sradicamento dal territorio a lui familiare, con le conseguenti difficoltà derivanti dalla sua ricollocazione una volta terminate le cure o superata la fase dell’acuzia patologica”.
Così il viceministro alla Salute,
Pierpaolo Sileri, ha risposto all’interrogazione parlamentare di
Paola Binetti (FI) oggi in commissione Sanità al Senato.
“La problematica in esame – ha comunque fatto presente Sileri – rientra in misura preminente entro gli ambiti di competenza del ministero della Giustizia. In effetti, rammento che l’articolo 1 dell’accordo in sede di Conferenza unificata Stato-Regioni del 26 febbraio 2015 ha espressamente stabilito che il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria è tenuto a osservare il principio della territorialità per l’effettuazione delle assegnazioni e dei trasferimenti di cui all’articolo 3-ter, comma 3, lettera c, del dl 211/2011, come modificato da ultimo per effetto della legge 81/2014. In caso di applicazione delle misure di sicurezza diverse dal collocamento in Rems – ha specificato il viceministro –, come ad esempio per la libertà vigilata con obblighi di cura, la competenza del magistrato di sorveglianza si fonda, secondo le disposizioni del codice di procedura penale, sul domicilio o sulla residenza del soggetto".
"In assenza, compete al magistrato di sorveglianza che ha disposto la misura di sicurezza di sovrintendere alla sua esecuzione. Ai condannati con patologia psichiatrica sopraggiunta durante la detenzione in carcere, invece, viene consentita la possibilità di espiare la pena residua in regime di detenzione domiciliare, in virtù della sentenza 99/2019 della Corte costituzionale. Pertanto – ha evidenziato ancora Sileri – non sussiste una competenza del magistrato di sorveglianza nell’individuazione della specifica struttura nei casi in cui debba essere eseguita la misura di sicurezza detentiva del ricovero in Rems. Anche riguardo all’applicazione della misura non detentiva della libertà vigilata con l’obbligo di sottoporsi a un programma terapeutico presso una comunità, non risulta al ministero della Giustizia la sussistenza di contrasti tra le Asl territoriali e la magistratura di sorveglianza nell’individuazione della comunità ritenuta maggiormente idonea".
"Tra l’altro – ha aggiunto Sileri – in alcune realtà territoriali, le Regioni hanno promosso l’adozione di protocolli di collaborazione tra i vari attori interessati: magistratura di sorveglianza, uffici di esecuzione penale, dipartimenti di salute mentale delle Asl, come sollecitato dal Consiglio superiore della magistratura con la risoluzione del 24 settembre 2018 Protocolli operativi in tema di misure di sicurezza psichiatriche”.
In sede di replica
Binetti si è dichiarata soddisfatta della risposta.
16 gennaio 2020
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