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Ufficio parlamentare bilancio: “In 8 anni, 2 miliardi di spesa in meno per personale sanità. E con agevolazioni fiscali a welfare aziendale a rischio universalità”


Lo rileva l'Upb in un focus sulla sanità pubblicato oggi. Il documento mette in evidenza molte cose che non vanno pur riconoscendo che il sistema sanitario italiano presenta le migliori performance europee con costi relativamente contenuti. Denunciate notevoli criticità nell’equità di accesso ai servizi e il fatto che l'aumento del costo dei ticket sulle prestazioni specialistiche tende a spostare la domanda verso il privato. IL FOCUS DELL'UPB

02 DIC - "La spesa per il personale sanitario è tra quelle che hanno risentito maggiormente delle restrizioni degli ì ultimi anni. Tra il 2010 e il 2018, malgrado il parziale recupero nell'ultimo anno, la spesa si è ridotta in valore assoluto di quasi 2 miliardi. A questo andamento è corrisposto un ridimensionamento del numero di lavoratori, compresi medici e infermieri, in particolare nelle Regioni in piano di rientro".  Lo sottolinea il focus 'Lo stato della sanità in Italia', elaborato dall'Ufficio parlamentare di bilancio.

La spesa per il personale è tra quelle che hanno risentito maggiormente delle restrizioni degli ultimi anni. Tra il 2010 e il 2018, malgrado il parziale recupero nell’ultimo anno, la spesa si è ridotta in valore assoluto di quasi 2 miliardi. A questo andamento ha corrisposto un ridimensionamento del numero di lavoratori, compresi medici e infermieri, in particolare nelle Regioni in piano di rientro. Nel 2017 il personale a tempo indeterminato del Ssn risultava inferiore di circa 42.800 unità rispetto al 2008. La contrazione è stata continua a partire dal 2010 e si è concentrata soprattutto nelle Regioni in piano di rientro, dove dal 2008 si riscontrano quasi 36.700 persone in meno, con un calo del 16,3 per cento in quelle con piano standard e del 4,8 in quelle con piano leggero (nelle Regioni a statuto ordinario senza piano la riduzione è stata del 2,2 per cento; nelle Regioni autonome si è avuto un aumento del 2,4 per cento).
 
A questo andamento, si spiega nello studio, "ha corrisposto un ridimensionamento del numero di lavoratori, compresi medici e infermieri, in particolare nelle Regioni in piano di rientro, e un peggioramento delle condizioni di lavoro (orari, organizzazione, contenzioso, ecc.). Se pure si è preso atto di queste difficoltà, con l’allentamento delle regole per il controllo della spesa, i finanziamenti per le assunzioni, la regolazione dell’orario di lavoro, la licenza di assumere anche medici che non hanno concluso il percorso della specializzazione, rimane prioritario rafforzare la formazione e individuare, nell’ambito del vincolo di bilancio, una risposta all’urgenza di alleviare le attuali carenze di personale".
 
Questo fenomeno della riduzione di personale non ha però riguardato il solo personale sanitario. "a riduzione del personale degli enti sanitari pubblici ha accompagnato a sua volta il forte ridimensionamento delle strutture ospedaliere (con un obiettivo in termini di posti letto nettamente inferiore alla media europea). La diminuzione della quota di spesa per servizi ospedalieri sul totale ha rappresentato un obiettivo esplicito delle politiche sanitarie, volte a spostare le cure su strutture meno costose e più vicine ai cittadini, ma l’insufficiente potenziamento dei servizi territoriali pone un’incognita sul successo dell’operazione, con segnali di razionamento delle prestazioni rispetto ai bisogni, che emergono in particolare nei servizi di emergenza. Nelle Regioni con piano di rientro le carenze strutturali, la presenza di un forte settore privato accreditato, le dimensioni troppo piccole delle strutture e la penuria di risorse rendono più difficile superare i motivi di arretratezza e attuare le necessarie riorganizzazioni", scrive l'Upb.
 
Riscontrate, poi, anche crescenti difficoltà nell'equità di accesso ai servizi erogati dal Ssn. "Negli scorsi anni sono state rilevate anche notevoli criticità nell’equità di accesso ai servizi, che si sono tradotte, tra l’altro, in un forte aumento, fino al 2015, della percentuale di cittadini che dichiarano di aver rinunciato a visite mediche per motivi economici, soprattutto tra quelli con reddito basso (primo quintile). I cambiamenti successivi nelle caratteristiche dei dati disponibili rendono difficile comprendere se questo problema sia stato in seguito in qualche misura alleviato", si legge nel dossier.
 
A questo si aggiuge che, "l’aumento del costo delle prestazioni specialistiche a compartecipazione (che il Ddl di bilancio prevede di eliminare) tende a spostare la domanda verso il privato, con l’ingresso di nuovi attori e il rafforzamento di quelli esistenti. Nello stesso senso vanno le agevolazioni fiscali concesse alle misure di welfare aziendale". Queste misure, spiega l'Upb, "favoriscono un sistema categoriale-corporativo alternativo al servizio pubblico, che si dispiega anche fuori dal campo dei servizi integrativi (essenzialmente rappresentati da odontoiatria e cure a lungo termine). Assecondare questa tendenza e contemporaneamente continuare nella compressione del finanziamento del servizio pubblico potrebbe mettere in discussione l’universalità del sistema vigente, laddove il passaggio a un sistema sanitario mutualistico, o addirittura privatistico, potrebbe avere l’effetto di aumentare la spesa complessiva per la sanità, con pressioni anche su quella pubblica".
 
Viene poi sottolineato come si stia affermando un travaso di servizi dal settore pubblico ai privati. "Ad esempio, in nove Regioni si sta sperimentando la remunerazione della farmacia dei servizi, una definizione che sottintende la possibilità, concessa alle farmacie, di fornire una serie di prestazioni (esami di laboratorio e altri test, prestazioni professionali infermieristiche e fisioterapiche, ma anche monitoraggio dell’aderenza alle terapie, distribuzione diretta dei farmaci e prenotazione delle prestazioni specialistiche del Ssn). Il costo di queste esternalizzazioni di funzioni, che il settore pubblico rinuncia a svolgere, pur continuando a finanziarle, andrebbe ponderato attentamente e comparato con quello di una gestione interna, tenendo conto della qualità del servizio (ad esempio, il decentramento su una rete capillare di farmacie può agevolare il cittadino)".
 
Infine, quanto ai costosi farmaci innovativi, e più in generale all'innovazione tecnilogica, nel focus dell'Upb si sottolinea che, "oltre alla necessità di far valere il peso degli Stati sul mercato dell’innovazione, affinché i prezzi non lievitino fino a diventare inaccessibili per i sistemi pubblici, e di valutare con attenzione il rapporto rischio-beneficio e costo-efficacia dei nuovi prodotti e tecnologie, si osserva che una visione di lungo periodo dovrebbe guardare al progresso tecnico, in tutte le aree della sanità, come a un’opportunità piuttosto che come a una minaccia per la sostenibilità del sistema".
 
G.R.

02 dicembre 2019
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