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Corte dei conti su tetto di spesa personale Ssn. “Mai rispettato: nel 2018 sforato di 5,5 mld”. E Dl Calabria favorirà Regioni con maggiore spesa

di L.F.

A confermare quanto già emerso da una nostra analisi è la Corte dei conti che segnala come la misura che fissava un limite alla spesa del personale sanitario fissandola al livello della spesa 2004 ridotta dell’1,4 per cento, in realtà non è mai stata rispettata. E poi sul nuovo tetto contenuto nel Dl Calabria precisa: “Più favorevole per quelle Regioni che hanno mantenuto un livello superiore al complesso della spesa (quindi le Regioni non in Piano di rientro) rispetto a quelle che invece hanno dovuto mantenere un profilo più stringente”.

05 GIU - “C’è il tetto di spesa per il personale e non possiamo assumere”. Negli ultimi anni questa frase è stata un mantra per molte Regioni ma come ci rivela la Corte dei conti (che conferma l'analisi di Quotidiano Sanità) in realtà la misura che prescriveva che la spesa per il personale fosse mantenuta entro l’importo 2004 ridotto dell’1,4 per cento (il limite è stato portato all’1,3 per cento, sempre della spesa 2004, con la legge di bilancio per il 2018) non è mai stata del tutto rispettata.

“Negli ultimi 9 anni – rileva la Corte dei conti nel suo ultimo Rapporto di finanza pubblica - la spesa per il personale, pur contenuta nelle sue componenti a tempo indeterminato e mantenendosi con ritmi di variazione nel complesso molto limitati (specie nell’ultimo quinquennio) non ha rispettato l’obiettivo: nel 2018 la spesa complessiva è di quasi 5,5 miliardi superiore al livello del 2004”.

La Corte rileva come “gli importi sono di oltre il 23 per cento maggiori nelle Regioni non in Piano di rientro e dell’8,5 per cento per cento in quelle in Piano. Sono Lombardia, Emilia Romagna e Veneto le Regioni che in questi anni hanno mantenuto livelli di spesa di dimensioni assolute maggiori, coprendo il differenziale con risorse proprie e garantendo l’equilibrio dei conti. Anche le Regioni in Piano hanno, nella maggior parte dei casi (fa eccezione la Campania) superato il limite di spesa”. Insomma, chi aveva più risorse ha potuto impiegarle per assumere.

In ogni caso i giudici contabili rilevano come “soprattutto nell’ultimo quinquennio che il controllo della dinamica della spesa si è reso più stringente determinando nelle Regioni non in Piano una variazione nel complesso inferiore all’1 per cento, mentre in quelle in Piano si è avuta una flessione del 4 per cento. Tali andamenti sono stati accompagnati, inoltre, da una ricomposizione della spesa tra posizioni a tempo indeterminato e quelle a tempo determinato”.
 
Com’è noto, nel Dl Calabria già approvato alla Camera e ora in discussione al Senato è stata prevista una modifica (concordata tra Mef, Salute , Pa e Regioni) alla normativa per cui non si prevede la corresponsione di risorse aggiuntive ma, prendendo a riferimento la spesa del 2018,  stabilisce una nuova misura per il vincolo di spesa che consente di avere un margine di circa 55 mln (fino a che il meccanismo dei tetti non sarà sostituito da uno fondato su nuovi standard per il fabbisogno per il personale), che per la Corte “risulta naturalmente più favorevole per quelle Regioni che hanno mantenuto un livello superiore al complesso della spesa (quindi le Regioni non in Piano) rispetto a quelle che invece hanno dovuto mantenere un profilo più stringente”.
 
In altri termini, le Regioni ‘virtuose’, che già in questi ultimi 10 anni sono state in grado di spendere maggiori risorse (proprie) su questo capitolo di spesa, si vedono riparametrare sul livello regionale il limite previsto e possono investire ulteriori risorse attingendo dai propri bilanci. Per le Regioni in Piani di rientro, invece, la situazione migliora, ma limitatamente: il nuovo livello, pur superiore al 2004, è molto più contenuto e, inoltre, ogni possibile sforamento del tetto continua ad essere soggetto all’accordo dei Tavoli di monitoraggio e verifica di MEF e Ministero della salute.
 
L.F.

05 giugno 2019
© Riproduzione riservata

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