Le lacrime della ministra Fornero
di Eva Antoniotti
La tensione di diciassette giornate di lavoro intenso può portare una signora alle lacrime. Non è sentimentalismo o fragilità, ma partecipazione e magari un po' di stanchezza. Si tratta “solo” di rivedere i codici comunicativi, con le loro declinazioni di genere
05 DIC - Dopo il lungo prologo di
Mario Monti, la prima a prendere la parola nella conferenza stampa che spiega il decreto “salva Italia” è il ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali,
Elsa Fornero.
Una scelta non dettata dalla cavalleria, ma dal ruolo centrale che ha in questa manovra la materia di cui si occupa la ministra, ovvero le pensioni.Una esposizione chiarissima e intensa, che indica le ragioni ispiratrici (“le pensioni devono venire non dallo Stato ma dal lavoro”), i principi generali (uniformità nel metodo di calcolo, equità “tra” e “entro” le generazioni), le misure messe in atto (innalzamento dell’età minima e della soglia di anzianità). Si percepisce che la neoministra sta tenendo insieme due esigenze: una intellettuale, quella di spiegare fino in fondo la logica delle scelte compiute, l’altra invece tutta politica, cioè farsi capire dalle persone, dalle donne e dagli uomini che aspettano di sapere cosa succederà nel loro futuro.
Deve spiegare anche perché hanno deciso la deindicizzazione delle pensioni, perché, insomma, perderanno potere d’acquisto anche in termini nominali. “Abbiamo dovuto chiedere un sacrificio …”, comincia, ma la voce si spezza e piange. Un po’ di imbarazzo tra i colleghi ministri sul palco, qualche ammiccamento tra i giornalisti. Monti interviene, spiega, sostiene.
Oggi le lacrime di Fornero saranno senz’altro tra le immagini più ciccate della lunga conferenza stampa, qualcuno citerà i coccodrilli e qualcun altro le accosterà al pianto di Livia Turco. Ci sarà chi sottolineerà l’emotività femminile, osannandola come un valore o preoccupandosene come di una debolezza.
La tensione di diciassette giornate di lavoro intenso può portare una signora alle lacrime. Non è sentimentalismo o fragilità, ma partecipazione e magari un po' di stanchezza. Si tratta “solo” di rivedere i codici comunicativi, con le loro declinazioni di genere.
Eva Antoniotti
05 dicembre 2011
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