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Governo. La richiesta (impossibile) di elezioni a giugno, il governo (a tempo) delle riforme e le pretese del Centro Destra. Quali le prossime mosse di Mattarella?

di G.R.

Tre le possibili mosse rimaste. Elezioni anticipate, ma non a giugno. Non ci sono i tempi tecnici, senza considerare che in autunno c’è la spada di Damocle della legge di Bilancio. Incarico al Centro Destra. Ma, a meno di non riaprire il 'forno' con il M5S, la Lega dovrebbe far cadere il suo veto nei confronti del Pd. Governo del presidente per le riforme, per portare a termine una riforma costituzionale sul modello presidenzialista francese, e sul quale M5S e Lega avrebbero la loro 'golden share'

01 MAG - In attesa che il prossimo 3 maggio la Direzione Pd sancisca definitivamente la chiusura del 'secondo forno', il Quirinale studia le proprie mosse. Il campo per il presidente Sergio Mattarella si restringe sempre di più. Dopo il fallimento della trattativa tra Centro Destra e MoVimento 5 Stelle, e le parole di Matteo Renzi che hanno sancito in modo pressoché ufficiale la chiusura da parte del Pd nei confronti dei pentastellati, al capo dello Stato non restano che tre possibili mosse.
 
1) Elezioni anticipate. Questa è l'ipotesi meno probabile, per una lunga serie di motivazioni. Ieri il capo politico del M5S, Luigi Di Maio, preso atto del fallimento della trattativa con i dem, aveva chiesto la sponda al leader della coalzione di Centro Destra, Matteo Salvini, per tornare immediatamente al voto, già nella prossima finestra di giugno. Una richiesta che cadrà nel vuoto, se non altro per problemi logistici. Come anticipavamo ieri, per tornare al voto a giugno Mattarella dovrebbe sciogliere le camere entro il prossimo 9 maggio. Ma, anche in quel caso, non è detto che i tempi tecnici per attivare la macchina elettorale permettano il voto il 24 giugno insieme con i ballottaggi delle elezioni amministrative convocate per l'11 dello stesso mese. A rallentare il tutto vi sarebbero in particolare gli adempimenti relativi al voto degli italiani all'estero.

Si arriverebbe così a luglio, con elettori in ferie ed un alto rischio di astensionismo. La data più probabile sarebbe dunque quella tra settembre e ottobre. Ma in autunno c’è la spada di Damocle della legge di Bilancio che renderebbe complicata ogni ipotesi di voto entro il 2018. Inoltre, nessuno ad oggi può escludere che dalle urne possa uscire un rsultato simile a quello del 4 marzo, con una nuova prolungata fase di stallo. L'assenza di un governo ed un forzato esercizio provvisorio di bilancio esporrebbe così l'Italia ad un improvvido rischio di nuove speculazioni finanziarie.
 
2) Incarico alla coalizione di Centro Destra. Mattarella potrebbe cedere alle sempre più pressanti richieste da parte del Centro Destra, specie dopo le vittorie alle ultime elezioni regionali in Molise e Friuli Venezia Giulia. A meno di non voler riaprire il 'forno' con il M5S, Il presupposto per questa mossa dovrebbe però essere il venir meno del veto della Lega nei confronti del Pd. Un incarico esporativo affidato alla 'diplomazia' di Giancarlo Giorgetti potrebbe essere utile per verificare la possibilità di un Esecutivo breve, appoggiato anche dai dem, che si ponga l'obiettivo di modificare la legge elettorale e, magari, portare a termine alcune riforme prima di tornare al voto.
 
L'unica certezza, al momento, è che Mattarella non ha alcuna intenzione di dare incarichi al buio. In quel caso, infatti, Salvini o più probabilmente Giorgetti, dovrebbero formare un Governo, far giurare i propri ministri al Colle, per poi rischiare di non ottenere la fiducia in Aula restando in ogni caso in carica fino alle prossime elezioni. 
 
3) Governo del presidente per le riforme. Resta infine l'ipotesi lanciata la scorsa domenica da Matteo Renzi. Un Esecutivo scelto dal presidente della Repubblica con il quale portare a termine, entro uno o due anni, una riforma costituzionale che si ispiri al modello presidenzialista francese. Un'ipotesi, questa, di non facile realizzazione visto il clima teso e l'acuirsi dello scontro tra i diversi schieramenti politici ancora immersi in un clima da campagna elettorale. Ma è pur vero che Di Maio e Salvini avrebbero dalla loro i numeri nei due rami del Parlamento, sia per indirizzare i lavori che per staccare la spina al Governo in qualsiasi momento. Un vera e propria 'golden share' che potrebbe far venir meno il timore di possibili 'giochi di palazzo'.
 
G.R.

01 maggio 2018
© Riproduzione riservata

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