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Lorenzin: “Ricerca italiana potrà contare su un fondo pubblico per sviluppare progetti e linee che non interessano agli investitori privati”

di Daniela Robles

"Penso ai vaccini e agli antibiotici che sono fondamentali per la salute pubblica". Così la ministra della Salute intervenendo al 5° Convegno Nazionale sulla Ricerca da Promotori no profit promosso da Fadoi. Per Andrea Fontanella, presidente nazionale Fadoi: "Per fare sistema c’è bisogno di una normativa più snella, di fiscalità agevolata, di un maggior numero di ricercatori che possano anche fare carriera”. 

21 MAR - La Ricerca italiana riparte da un fondo pubblico. Questo l’annuncio del ministro della Salute Beatrice Lorenzin oggi al 5° Convegno Nazionale sulla Ricerca da Promotori no profit promosso da Fadoi, che risponde all’allarme lanciato sulla rivista Nature lanciato dai ricercatori europei.
 
Il Ministro della Salute ha sottolineato anche il ruolo fondamentale dell’Università, che ancor prima di insegnare l’utilizzo della tecnologia, deve formare le persone dal punto di vista etico. “L’Università deve formare le persone dal punto di vista tecnologico ma soprattutto dal punto di vista etico, formare le coscienze e le menti per non essere travolti dalle nuove applicazioni delle scoperte, come l’intelligenza artificiale. La ricerca clinica oggi - ha continuato Lorenzin - richiede personalizzazione, rapporto più forte tra ricercatore e paziente e deve essere applicata ai nuovi modelli organizzativi e processi decisionali”.
 
La legge Lorenzin introduce la brevettabilità della ricerca no profit, la riduzione dei comitati etici e nuovi stanziamenti per la ricerca indipendente. "Nei prossimi anni ci sarà un fondo pubblico per la ricerca - ha spiegato il Ministro della Salute - per finanziare anche quelle linee che non vengono viste come opportunità di business per gli investitori, penso ai vaccini e agli antibiotici che sono fondamentali per la salute pubblica. E alla ricerca organizzativa e gestionale che è funzionale al Servizio Sanitario”.
 
L’Italia è il quinto Paese dell’Unione europea per il tasso di successo ottenuto dal programma quadro per la Ricerca e l’Innovazione (Horizon 2020) e si devono ai ricercatori italiani anche la prima terapia genica e il primo farmaco a base di cellule staminali approvati per entrare in commercio in Europa. “Eppure le eccellenze della ricerca made in italy non riescono a sopperire alle carenze del sistema, o meglio all’assenza di un vero e proprio sistema”, commentano i ricercatori sulla rivista Nature
 
“I risultati dei vari Paesi indicano che più gli investimenti in Ricerca & Sviluppo si avvicinano al target del 3% del Pil e maggiore è il livello di performance - spiega Andrea Fontanella, Presidente Nazionale Fadoi -. La presenza di strategie scientifiche nazionali si dimostra la tattica vincente. Negli stati più performanti si osservano iniziative nazionali di sostegno ai partecipanti ad H2020 in termini di advise e accompagnamento. Per fare sistema c’è bisogno di una normativa più snella, di fiscalità agevolata, di un maggior numero di ricercatori che possano anche fare carriera”. 
 
Presente anche il neo senatore della Lega Armando Siri che ha dichiarato: “È necessaria una figura che possa coordinare e far produrre al meglio tutte le attività di ricerca svolte all’interno del Servizio Sanitario Nazionale, per questo proponiamo di ripristinare il Ministero della Ricerca”.

Il neo Senatore leghista è intervenuto anche sul finanziamento alla ricerca e sull’UE: “Anche la richiesta di una quota fissa superiore a quanto attualmente investito in ricerca nel nostro Paese, come per esempio l’1% del Fondo Sanitario Nazionale, sarebbe una soluzione ragionevole. Mi auguro che questo non trovi ostacoli a livello europeo, considerandolo un aiuto di Stato. Sono alte le aspettative dei ricercatori, ma ancor più alti sono i timori di altri tagli di bilancio e del calo di interesse per la scienza. Anche la rivista scientifica Nature guarda con preoccupazione all’Italia e alla campagna elettorale appena passata e gli economisti avvertono che il sistema di ricerca italiano è in uno stato precario. Nonostante le eccellenze scientifiche italiane, il Paese non è riuscito a modernizzare il suo sistema, i budget per la ricerca restano bassi, le pratiche di assunzione accademica complicate, la burocrazia paralizzante”.  
 
Daniela Robles

21 marzo 2018
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