Il “reo folle” e le modifiche dell’Ordinamento Penitenziario
di Mario Iannucci e Gemma Brandi
Il Governo potrebbe varare in questi giorni il Decreto legislativo di riforma dell’ordinamento penitenziario che ha già ottenuto parere favorevole dal Parlamento e dalla Stato Regioni. Il decreto prevede profonde innovazioni per le norme riguardanti l’assistenza sanitaria dei detenuti, con aspetti positivi ma anche con molte criticità che meritano attenzione per le ricadute negative che potrebbero avere soprattutto nel regime di assistenza dei pazienti psichiatrici autori di reati
10 FEB - E’ curioso. Nelle Commissioni parlamentari si è discusso molto di recente
[3], e tra poco il Governo deciderà forse in proposito, di provvedimenti destinati a mutare in maniera radicale il trattamento del paziente psichiatrico autore di reato. Quasi nessuno però, fra gli psichiatri, fa sentire la sua voce per commentare le modifiche proposte.
Lo ha fatto
Pietro Pellegrini sul sito di StopOPG
[4], Associazione che si è costituita e si batte per abrogare il sistema del “doppio binario”, abolendo nel diritto e nei codici la figura del soggetto non responsabile per infermità di mente, per restituire cioè al reo folle il “diritto alla pena”. Non meraviglia, quindi, che Pietro Pellegrini, in risposta alle pertinenti osservazioni pubblicate su Diritto Penale Contemporaneo da un magistrato,
Paola Di Nicola, il 13 dicembre 2017
[5], abbia perorato l’adozione delle norme dello “schema” di Decreto legislativo
[6] di riforma dell’ordinamento penitenziario.
C’è da dire che anche la Società Italiana di Psichiatria, nell’aprile 2017, su QS
[7], si era opposta fermamente alleindicazioni che la L. 103/2017 aveva dato accogliendo l’emendamento
Mussini (ricovero nelle REMS dei “condannati con sopravenuta infermità” ex art. 148 cp, dei soggetti sottoposti a misura di sicurezza provvisoria ex art. 206 cp, di taluni osservandi ex art. 112 del Regolamento di Esecuzione). La SIP aveva invece “sposato appieno” le posizioni della senatrice
De Biasi[8],che sono state travasate per intero nello “schema” di Dlgs.
Le norme dello “schema” di Dlgs appaiono estremamente contraddittorie. Nello “schema” vi sono certamente alcune parti apprezzabili, altre sono neutre e altre, infine, sono francamente negative e potenzialmente pericolose.
Le parti apprezzabili sono costituite: 1) dalla possibilità di estendere il “rinvio facoltativo dell’esecuzione della pena” alla infermità psichica oltre che a quella fisica; 2) dalla previsione di estendere ai pazienti con turbe psichiche l’affidamento in prova e la detenzione domiciliare (con Alessandro Margara avevamo avanzato tale proposta fino dal 1997 e ci fa piacere che si arrivi infine a questa previsione, poco importa se con venti anni di ritardo); 3) la sottolineatura dell’importanza del Servizio Sanitario all’interno dei penitenziari, che assume sempre più autonomi compiti di garanzia nel momento in cui assume quelli di cura (con aspetti critici di cui diremo); 4) dalla ribadita necessità di predisporre, all’interno degli Istituti Ordinari di pena delle “Sezioni per detenuti con infermità” psichica (anche qui con aspetti molto critici).
La parte neutra è costituita dall’abrogazione dell’art. 112 del Reg. di Esecuzione dell’OP, che è stato travasato, con diversi elementi peggiorativi, nel nuovo art. 11-bis dello”schema”.
Le parti negative e pericolose dello “schema” sono molteplici.
Il primo elemento negativo è costituito dall’abrogazione dell’art. 148 cp (
Infermità psichica sopravvenuta al condannato). Tale abrogazione è solo
apparente, visto che lo stesso “schema” prevede che vi siano “soggetti affetti da infermità psichiche sopravvenute” che, in assenza di altre soluzioni trattamentali, andrebbero inseriti nelle sezioni psichiatriche penitenziarie. Non si capisce, però, come il giudice di sorveglianza possa disporre tale inserimento, visto che non avrebbe modo di ricorrere ad alcuno specifico articolo di legge. L’abrogazione dell’art. 148 cp sortirebbe in ogni caso un’unica e immediata conseguenza: i soggetti con sopravvenuta infermità non andrebbero più ricoverati, come accadeva finora, nelle REMS, ma rimarrebbero detenuti.
Il secondo elemento negativo è costituito dal tentativo di non fare entrare nelle REMS (strutture esclusivamente sanitarie) soggetti per i quali, in precedenza, era previsto il ricovero negli OPG (poi diventati REMS). Non potendoli abrogare, si sono “svuotati” gli artt. 89 e 219 cp (relativi al
vizio parziale di mente) e si è stabilito che i
minorati psichici, che prima erano ospitati negli OPG (in apposite sezioni autonome, peraltro come tali mai di fatto costituite), restino in carcere quando, come inevitabilmente avverrà, non saranno reperibili per loro soluzioni terapeutico/trattamentali “esterne”, che dovrebbero essere predisposte dai riluttanti Servizi di Salute Mentale. Si è ribadito che le
Osservazioni Psichiatriche non vadano più in alcun modo effettuate nelle REMS (nemmeno come
extrema ratio, cosa peraltro già disposta dall’art.112 che si vorrebbe abrogare e ribadita dall’emendamento Mussini).
Le
Osservazioni Psichiatriche dovrebbero essere effettuate solo nelle sezioni psichiatriche penitenziarie e non più, come l’art. 112 prevedeva che venisse fatto in prima battuta, nelle sezioni ordinarie del carcere. Ciò che costituirebbe un vero elemento regressivo e farebbe gravare sulle sezioni psichiatriche penitenziarie un insostenibile e inopportuno carico di lavoro: le
Osservazioni Psichiatriche hanno preminenti funzioni diagnostiche e prognostiche, quindi niente impedisce in genere che siano effettuate nell’istituto di pena dove il soggetto si trova.
Altro elemento estremamente negativo è costituito dalla affermazione che le previste “Sezioni per detenuti con infermità” psichica, ancorché collocate all’interno degli Istituti ordinari di pena, siano “ad esclusiva gestione sanitaria”. Non si capisce davvero (ma gli esperti di legge che hanno elaborato lo “schema” troveranno senz’altro un escamotage) come possa accadere che di una sezione di un carcere siano responsabili “gestionali” gli operatori sanitari. Coloro che propongono adesso tale illuminata soluzione sono gli stessi che hanno detto (non senza qualche ragione per come stavano le cose) che gli OPG, i quali erano degli “orrori indegni di un Paese appena civile”, lo erano eminentemente poiché al loro interno si realizzava una commistione insostenibile tra funzioni di cura e di controllo.
Per evitare tale commistione nelle nuove sezioni psichiatriche penitenziarie, allora, si affiderebbe l’esclusiva gestione al personale sanitario, ma le si collocherebbero all’interno delle carceri. Siamo al teatro della contraddizione e dell’assurdo. Specie considerando che in tali sezioni verrebbero ospitati i reclusi più problematici, il cui trattamento l’istituzione penitenziaria volentieri delegherebbe per intero al personale sanitario: i detenuti “con sopravvenuta infermità” psichica (si tratta in genere di psicotici o di pazienti affetti da gravissime turbe della personalità), quelli da sottoporre a
osservazione psichiatrica e i
minorati psichici.
Persone dalla cura particolarmente difficile, che nessuno vuole prendere in carico (tantomeno i Servizi esterni) e che hanno in genere una elevata
pericolosità sociale (sappiamo bene che, usando questa locuzione del tutto realistica, si rischia di essere messi alla gogna in Italia, ma non è questo il tempo della codardia). Inaspettatamente gli operatori penitenziari, in particolare gli psichiatri, non si esprimono sull’argomento, per quanto intuitivo sia che il peso di una responsabilità pressoché insostenibile ricadrà interamente sulle loro deboli spalle, a conferma di una inclinazione autopunitiva di chi abita le galere, al di là e al di qua delle sbarre.
Dimenticavamo: tutte i suddetti miglioramenti dell’Ordinamento Penitenziario, compresa la dotazione di spazi e di personale delle sezioni psichiatriche, lo “schema” prevede che siano effettuati a costo zero.
Col che si confermerebbe il carattere effimero e pericoloso di quelle che abbiamo definito “
leggi Alcina”: si presentano bene nelle intenzioni dichiarate, ma sono pessime alla prova dei fatti, in quanto prodotto di ideologie e non delle pratiche e della teoria che da queste scaturisce.
Mario Iannucci[1]
Gemma Brandi[2]
Psichiatri Psicoanalisti
[1]Responsabile della Residenza ‘Le Querce’ per pazienti psichiatrici autori di reato
[2]Direttore f.f. SOC Salute in carcere USL Centro Toscana
10 febbraio 2018
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