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Vaccini. Informazione e consenso. Dalla circolare ministeriale più dubbi che certezze

di Daniele Rodriguez (Università di Padova)

La  circolare cui mi riferisco è quella del Ministero della Salute, datata 16 agosto 2017. Ed ecco perché, a mio avviso, oltre ad aggirare la questione del consenso, la circolare ignora la promozione di qualsivoglia iniziativa volta ad assicurare la partecipazione reale della persona

13 SET - La lettera aperta pubblicata in QS del 7 settembre 2017, in cui Luca Benci manifesta ed argomenta il suo fermo dissenso dalle posizioni assunte dalla Senatrice Elena Cattaneo a sostegno del decreto legge sui vaccini e della relativa legge di conversione, si conclude lamentando "le numerose aporie contenute nel testo che, ad oggi, ha avuto bisogno di ben quattro lunghe circolari ministeriali, che hanno alimentato ulteriore confusione".
 
Condivido tale conclusione e intendo rafforzarla riprendendo un altro spunto di Benci, in materia di informed consent, contenuto in quella lettera aperta.
 
Esprimo pertanto  le mie riflessioni su un aspetto di questa "confusione", relativo all'informazione ed al consenso, generato da una delle circolari ministeriali.
 
La  circolare cui mi riferisco è quella del Ministero della Salute, Direzione generale della Prevenzione sanitaria, Ufficio V – Prevenzione delle malattie trasmissibili e profilassi internazionale, datata 16 agosto 2017.
 
L'ultimo capoverso del paragrafo 10 di questa circolare ministeriale,  intitolato  "Ottimizzazione dell’offerta vaccinale", contempla quanto segue: "Le buone pratiche vaccinali prevedono che i genitori/tutori/affidatari siano informati sui benefici e sui rischi della vaccinazione e che, alla fine di questo colloquio, venga consegnato un modulo in cui si attesta che è stato eseguito questo passaggio. Questo modello informativo, in presenza di una vaccinazione raccomandata, ha assunto una valenza di consenso informato, ovvero di scelta consapevole a una vaccinazione raccomandata. Alla luce del decreto legge in epigrafe, si precisa che il modulo di consenso informato dovrebbe essere limitato alle sole vaccinazioni raccomandate; per le vaccinazioni obbligatorie verrà consegnato esclusivamente un modulo informativo."
 
L'ampia citazione è necessaria per consentire al lettore una propria autonoma comprensione e valutazione del testo.
 
Il passo riportato consta di tre periodi, l'ultimo dei quali si compone di due proposizioni esprimenti concetti diversificati.
 
Il secondo periodo e la prima proposizione del terzo periodo riguardano le vaccinazioni raccomandate. La seconda proposizione del terzo periodo concerne le vaccinazioni obbligatorie. Il primo periodo non reca delimitazioni di sorta ed è da intendere come riferito a qualsiasi vaccinazione.
 
Il primo ed il terzo periodo  descrivono a grandi linee le attività, di informazione e di consegna di modulistica, che devono essere poste in essere. Il secondo periodo non descrive procedure ed è di carattere meramente valutativo.  
 
Quest'ultimo periodo merita una analisi relativa ai concetti, del tutto non condivisibili, che esprime. Gli altri due periodi necessitano di un esame volto a ben comprendere le disposizioni ultrasintetiche che contengono, al fine di renderle più esplicite e tradurle in procedure articolate.
 
● Il primo periodo, quello che descrive le attività da espletare in ogni caso di vaccinazione (con evidente esclusivo riferimento a quelle da praticare sui minori), non dettaglia modalità e contenuto del "colloquio" previsto preliminarmente e non descrive la gestione complessiva del "modulo" citato.
Circa il colloquio, in mancanza di specifiche indicazioni nella circolare, è da ritenere che coincida con  quello contemplato nel PNPV (Piano Nazionale Prevenzione Vaccinale) 2017-2019 nella sezione "Descrizione delle attività, modalità operative e responsabilità""Il Medico (o l'assistente sanitario) del centro vaccinale impronta il colloquio al fine di comprendere le motivazioni della mancata vaccinazione e di mantenere un rapporto di collaborazione e fiducia con l‟interlocutore. Il colloquio deve essere sempre un momento di dialogo volto alla condivisione delle scelte. Qualora appaia evidente che si tratti di un generale atteggiamento di rifiuto della pratica medica “ufficiale”, il colloquio si propone non di superare eventuali diversità culturali, quanto di dare una corretta informazione sull'obiettivo individuale e collettivo della pratica vaccinale e i rischi per la salute derivanti dalla mancata prevenzione. Nei casi “difficili” deve essere sempre coinvolto il Pediatra di famiglia. Se emergono problematiche particolarmente complesse il Medico invia il caso per una consulenza ad hoc."
 
Quanto al "modulo" previsto dalla circolare ministeriale, è pacifico che sia il professionista sanitario che svolge il colloquio a consegnarlo all'interlocutore, alla fine del colloquio stesso.
 
Tale modulo "attesta che è stato eseguito questo passaggio", vale a dire che è stato svolto il colloquio informativo e che è stato consegnato il modulo.
 
A questo punto, nella circolare ministeriale, la descrizione della procedura si arresta ed è lasciato alla intelligenza del lettore comprenderne la successiva logica evoluzione. È da ritenere che il professionista sanitario condivida il contenuto del modulo con l'interlocutore e che il tutto sia suggellato da una duplice firma, sia di chi procede alla informazione sia di chi la recepisce.
 
Non è chiaro nella circolare a chi, poi, resti in mano tale modulo; è ragionevole ipotizzare che il modulo venga archiviato a cura della struttura sanitaria.
 
Nulla è in contrasto con l'ipotesi di realizzare un profilo organizzativo sovrapponibile a quello che disciplina il documento da redigere in caso di avvenuto colloquio finalizzato all’interruzione della gravidanza entro il novantesimo giorno, secondo la disciplina dell'art. 5 della legge n. 194 del 1978.
 
Optando per questa soluzione, il modello previsto cripticamente dalla circolare sulle vaccinazioni potrebbe constare di due copie, ciascuna con duplice firma. Sul punto non è di aiuto il PNPV 2017-2019, che dispone semplicemente che "il colloquio va documentato" e comunque aggiunge  "specificando i principali argomenti trattati".
 
Ma queste questioni procedurali legate al colloquio ed alla modulistica hanno rilievo modesto, stante il fatto che appaiono facilmente risolvibili dal punto di vista organizzativo, eventualmente ricorrendo anche ai più chiari enunciati – sui corrispondenti argomenti  –  del PNPV 2017-2019.
 
● Il secondo periodo del passo estratto dalla circolare ministeriale reca un disposto che attiene esclusivamente ai casi di "vaccinazione raccomandata" ed  esordisce riferendosi a "questo modello informativo". "Modello" ha in questo contesto il significato di cosa (o insieme unitario di cose) da utilizzare come esemplare da riprodurre; il "modello" disponibile è qui assolutamente generico, perché dal primo dei citati periodi della circolare ministeriale  possiamo estrapolare solo e soltanto il concetto che il "colloquio" sia il mezzo per fornire informazioni (strettamente riguardanti benefici e rischi della vaccinazione, come previsto dal periodo precedente).
 
"Modello" può essere invece  considerata la procedura articolatamente descritta nel PNPV 2017-2019. Se questa è l’idea che si intendeva esprimere, la circolare ministeriale avrebbe potuto essere più esplicita, anche se, in effetti, il passo della circolare citato è l'ultimo dei "punti" che costituiscono un elenco introdotto dalla seguente frase: "Sebbene questo tema sia diffusamente trattato nel PNPV, si ritiene opportuno sintetizzare alcuni punti fondamentali utili per l’attuazione della legge sull’obbligo vaccinale".
 
Il modello delineato dal PNPV 2017-2019 avrebbe potuto essere ripreso nella circolare ministeriale, evidenziandone, pur nella dichiaratamente ricercata sintesi, le caratteristiche metodologiche e di contenuto senza ridurlo alla caratterizzazione, così ovvia da risultare banale, di fornire informazioni "sui benefici e sui rischi della vaccinazione".
 
Il periodo in esame conclude esprimendo che detto "modello informativo", la cui peculiarità va ricercata – ribadisco – nel colloquio previsto dal PNPV 2017-2019,  "ha assunto una valenza di consenso informatoovvero di scelta consapevole".
 
Si tratta dell'affermazione di un principio assolutamente non condivisibile e poco rispettoso dell'autodeterminazione dell'interlocutore, limitato invero alle sole vaccinazioni raccomandate (ma quello che poi è previsto per quelle obbligatorie è ancor più imperscrutabile), slegato – come il successivo – da qualsiasi indicazione del PNPV 2017-2019, di cui quindi non può essere considerato sintesi, come invece precedentemente sostenuto nella stessa circolare.
 
Anzi il distacco dell’affermazione “ha assunto una valenza di consenso informato ovvero di scelta consapevole" rispetto al PNPV 2017-2019 è così marcato da ingenerare il dubbio che non siano pertinenti alla logica della circolare  le indicazioni esplicative, da me tratte dal PNPV stesso, sopra illustrate per interpretare i passi sommari della circolare.
 
In primo luogo, è da respingere l'adozione della forma verbale "ha assunto" coniugata al passato prossimo, come se il concetto che è espresso avesse radici in un qualche principio già riconosciuto in passato, ben consolidato ed a cui quindi occorre assoggettarsi.
 
In secondo luogo, ed è la questione nodale, è da respingere il concetto per cui il modello informativo ha valenza di consenso informato ovvero di scelta consapevole.
 
Ma che cosa vuole dire questa frase? Vuol dire che procedere all'informazione mediante colloquio (ed integrandolo con la fornitura di apposita modulistica) significa che l'interlocutoreaderisce consapevolmente alla procedura su cui è stato informato? In altre parole, fornire l'informazione equivarrebbe ad ottenere il consenso e a realizzare la scelta altrui?  Secondo ragione e nel rispetto delle indicazioni del PNPV 2017-2019 circa il colloquio, una risposta positiva a queste domande è improponibile.
 
Anzi, lo strappo rispetto al PNPV 2017-2019 è netto. Infatti, in quest'ultimo, circa il colloquio è conclusivamente scritto: "Qualora il colloquio riesca a chiarire i dubbi e l'interessato accetti l'offerta vaccinale si procederà alla somministrazione delle vaccinazioni."
 
L'espressione di volontà da parte dell'interessato è indefettibile presupposto per riconoscere l'espressione del consenso.
 
Ho già esposto il dubbio che chi ha proceduto alla stesura della circolare avesse chiaro il riferimento ai contenuti del  PNPV 2017-2019, posto che con l’affermazione in esame essi vengono ad essere completamente sovvertiti.
 
Le parole chiave del PNPV 2017-2019 circa il colloquio sono: rapporto di collaborazione e fiducia; dialogo volto alla condivisione delle scelte.
 
Queste premesse sono incompatibili con una conclusione che coarta completamente la volontà dell'interlocutore, dichiarando l'informazione equivalente al consenso.
 
Nella circolare, si pone enfasi  esclusivamente sulla attività di informazione, senza citare l'aspetto della consapevolezza, che compare come mera traccia sulla carta,  laddove viene recuperata nella locuzione "scelta consapevole" e che deve essere quindi ricavato dal PNPV 2017-2019.
 
Il fatto che l'interlocutore sia consapevole delle proprie decisioni è essenziale. Pertanto, l’affermazione il modello informativo ha valenza di consenso informato ovvero di scelta consapevole non ha alcun significato: non si comprende se l'estensore della circolare abbia confuso il concetto di informazione con quello di consenso o se abbia inteso  esprimere il concetto che sia sufficiente informare per rendere consapevole la persona o, addirittura,  se abbia operato una forzatura ideologica per semplificare la procedura taccomandata nel PNPV 2017-2019 che riguarda i "casi difficili" e le "problematiche particolarmente complesse". Ma allora lo strappo rispetto al PNPV sarebbe ancora più eclatante.
 
Forse esiste uno spiraglio di luce all'interno del linguaggio oscuro ed atecnico della circolare ministeriale; si può infatti immaginare che l'affermazione il modello informativo ha valenza di consenso informato ovvero di scelta consapevole sia sorretta da un pensiero di questo tipo:  trattandosi di una vaccinazione raccomandata, è attendibile che chi si rivolge al centro vaccinale sia già orientato a sottoporsi alla vaccinazione e pertanto il suo bisogno sia solamente quello di avere informazioni, essendo il suo consenso da considerare comunque scontato una volta che abbia ottenuto le specifiche informazioni richieste.
 
Questa stentata interpretazione è tuttavia facilmente confutabile: il consenso va esplicitato anche da parte di chi è già orientato verso una decisione ed ha bisogno di un supporto informativo per concretizzarla.
 
Senza contare che il colloquio informativo potrebbe indurre il cittadino ad astenersi dal sottoporre il minore alla vaccinazione raccomandata.
 
Non si vede perché, poi, essere sommari nella raccolta del consenso – limitandosi all'informazione e dichiarandola equivalente a quest'ultimo – proprio nell'ambito della casistica delle vaccinazioni raccomandate in cui non si evidenziano particolari problematiche, essendo in effetti prevedibile la frequente adesione della persona ed indifferente, sotto il profilo legale,  il suo rifiuto.
 
● Le due proposizioni dell'ultimo periodo della citazione tratta dalla circolare ministeriale sono oscure e contraddittorie. Dapprima si circoscrive alle vaccinazioni raccomandate l'adozione del "modulo di consenso informato" e non del modulo che attesta l'avvenuta informazione descritto nel primo periodo.
 
Successivamente si contempla un "modulo informativo" per le "vaccinazioni obbligatorie".  Le locuzioni che identificano le due tipologie di modulo non compaiono nel testo precedente, che menziona, per tutte le vaccinazioni, solo un modulo che "attesta che è stato eseguito questo passaggio" (quello del colloquio informativo). Inoltre, nella circolare, per le vaccinazioni obbligatorie, la consegna del modulo informativo è enfatizzata con l'avverbio "esclusivamente".
 
È imperscrutabile che cosa o quale eventualità si voglia specificamente eliminare con l'adozione dell'avverbio, che certo non può riferirsi al preliminare colloquio informativo, perché esso è espressamente previsto per tutte le vaccinazioni e quindi anche per quelle obbligatorie.
 
Da evidenziare (viste le assonanze fra modulo e modello, sostantivi che, adottati dalla circolare nello stesso contesto, potrebbero generare confusione) che la valenza di consenso informato è attribuita al modello (non al modulo) di informazione.
 
Schematicamente, fermo restando il colloquio informativo per tutte le vaccinazioni, sono dunque previsti:
I) un modulo che "attesta che è stato eseguito questo passaggio" per tutte le vaccinazioni;
II) un "modulo di consenso informato" limitato alle sole vaccinazioni raccomandate;
III) un "modulo informativo"esclusivamente per le vaccinazioni obbligatorie.
 
Ogni tentativo di comprendere se si tratti; a) di tre moduli diversi o b) di due moduli – uno per le vaccinazioni obbligatorie ed uno per le raccomandate – è vano  perché le indicazioni testuali sono insufficienti allo scopo.
 
Entrambe le due ipotesi differenzierebbero ambiguamente le procedure informative e di raccolta del consenso in relazione alle due tipologie di vaccinazioni. In più, l'ipotesi a) comporterebbe, in ogni caso, l'adozione di due moduli (il primo sempre, e l'ulteriore per l'un tipo o l'altro di vaccinazione).
 
● Oltre non conviene andare nell'inane tentativo di comprendere il disposto, non esistendo elementi concreti che permettano una interpretazione motivata.
 
Il punto focale della questione vaccinazioni – il tema dell'adesione o del rifiuto consapevole alle stesse – non meritava di essere disciplinato nella pratica da una procedura così oscura ed ambigua, strutturata in modo tale da rendere impossibile qualsiasi connessione, globalmente coerente, con le accurate prescrizioni del PNPV 2017-2019.
 
Il tema del consenso non meritava di essere aggirato con una costruzione formale di moduli, variamente denominati e di contenuto inimmaginabile, che negano qualsiasi rilievo al processo di acquisizione di informazione da parte della persona e di formazione di un giudizio proprio.
 
La costruzione formale di questi moduli è concepita senza tener conto del disposto della legge n. 833 del 1978  istitutiva del servizio sanitario nazionale, il cui articolo 33, recante le norme per gli accertamenti ed i trattamenti sanitari volontari e obbligatori, recita che "gli accertamenti e i trattamenti sanitari obbligatori di cui ai precedenti commi [ed il primo comma contempla"quelli espressamente previsti da leggi dello Stato”]devono essere accompagnati da iniziative rivolte ad assicurare il consenso e la partecipazione da parte di chi vi è obbligato". 
 
Oltre ad aggirare la questione del consenso, la circolare ignora la promozione di qualsivoglia iniziativa volta ad assicurare la partecipazione della persona. Ed ogni tentativo volto a identificare nella circolare riferimenti alle disposizioni del PNPV 2017-2019 a dimostrazione della ricerca della partecipazione della persona, naufraga miseramente di fronte all’affermazione che il modello informativo ha valenza di consenso informato ovvero di scelta consapevole.
 
● Mentre mi accingevo ad inviare questa nota, ho letto il testo integrale dell'intervento fatto nell'aula del Senato lo scorso 12 luglio dalla Senatrice a vita Elena Cattaneo, inviato a QS dal suo Capo segreteria.
 
È facile osservare che la maggior parte degli interrogativi sollevati da Luca Benci non trova risposta in questo intervento della senatrice Cattaneo, in cui fa spicco un passo che non può lasciare indifferenti perché si connette alla questione pratica del come informare: “Quindi, è vero che informare è importante, ma informare non basta. Vi sono già studi, proprio su famiglie che non vogliono vaccinare i propri figli, che dimostrano che una informazione correttiva è utile con una parte dei dubbiosi ma addirittura controproducente con i più scettici. Questi studi ci dicono, e dovrebbero davvero allenarci sulle politiche sul come informare, che è sbagliato correggere i falsi miti o rimuovere gli errori di giudizio così radicati nel nostro cervello evolutivo, perché così si stimola quello che è noto come backfire effect cioè l'effetto del ritorno di fiamma o il bias di conferma che rafforza il rifiuto. Così forse ci spieghiamo le radicalizzazioni delle posizioni.”
 
Il passo merita una meditata riflessione per la peculiarità del suo contenuto. Ma forse prima è necessario che esso sia chiarito, auspicabilmente da chi lo ha pensato e pronunciato,  perché – a causa della sintesi con cui sono espressi concetti originali – si può prestare a manipolazioni interpretative legate soprattutto all’adozione della locuzione “informazione correttiva”, il cui preciso significato ed eventualmente – secondo il dedotto significato appunto – la cui pertinenza  appaiono, in questo contesto, incerti.
 
Daniele Rodriguez
Professore ordinario di Medicina legale nell’Università degli Studi di Padova

13 settembre 2017
© Riproduzione riservata

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