La salute dei militari non è tutelata come dovrebbe. Le conclusioni della IV Commisisone d’inchiesta sull’uranio impoverito
di Domenico Della Porta
Dalle 100 pagine del Documento, approvato all’unanimità con l’astensione dell’on. Pili è emerso indubbiamente un quadro a tinte fosche in considerazione delle numerose criticità emerse nel delicato settore della tutela della salute delle Forze Armate. IL DOCUMENTO.
20 LUG - La sicurezza e la salute del personale dell’Amministrazione della Difesa sono adeguatamente tutelate? Cosa possiamo e dobbiamo fare per evitare in futuro tragedie come quelle che in tutti questi anni hanno colpito le famiglie di queste persone?
Così la premessa della
Relazione Intermedia sull’attività di inchiesta in materia di sicurezza sul lavoro e tutela ambientale nelle Forze Armate presentata ieri alla Sala Stampa della Camera dei Deputati dal Presidente della Commissione Parlamentare di Inchiesta sull’Uranio Impoverito
Gian Piero Scanu, alla presenza di numerosi componenti del medesimo organismo e dell’ex magistrato
Raffaele Guariniello, coordinatore dei Consulenti della Commissione.
Dalle 100 pagine del Documento, approvato all’unanimità con l’astensione dell’on.
Pili, è emerso indubbiamente un quadro a tinte fosche in considerazione delle numerose criticità emerse nel delicato settore della tutela della salute delle Forze Armate.
Sempre nella premessa viene sottolineato: “Perché una quarta Commissione d’inchiesta? Perché le tre Commissioni precedenti ebbero il merito di individuare le criticità e di proporre un ampio ventaglio di indicazioni e proposte volte ad eliminare queste criticità. Ciò malgrado, le criticità non sono state eliminate.”
“Ecco il motivo per cui, ha detto il Presidente Scanu, nell’intento di porre rimedio a una situazione tanto allarmante, la quarta Commissione si è mossa secondo metodologie d’indagine innovative.
“Coerente è, quindi, risultata la decisione, ha aggiunto Scanu, di condurre gli accertamenti e di valutarne gli esiti anche con l’ausilio di Consulenti esperti in
attività di polizia giudiziaria e con
magistrati inquirenti professionalmente abituati alle indagini in tema di salute e sicurezza. E proficua è stata l’ulteriore decisione di suddividere i Consulenti della Commissione in più
gruppi di lavoro, ciascuno incaricato di approfondire in specifiche relazioni la disamina delle risultanze investigative raccolte su temi basilari quali: documenti di valutazione dei rischi; organi di vigilanza; medici competenti; amianto; radon e altre radiazioni ionizzanti; vaccinazioni; monitoraggio epidemiologico; inquinamento ambientale e bonifiche nei poligoni sardi e non solo; misure di prevenzione adottate dalle FFAA di altri Paesi.
Con la
proposta di legge A.C. 3925 elaborata dalla Commissione è stato chiarito chiarito che le criticità già poste in luce dalle tre precedenti Commissioni non solo non sono state eliminate, ma sotto più aspetti si sono addirittura aggravate in quanto, è stato sottolineato dai numerosi interventi, la sicurezza militare “non è governata da norme adeguate.”
“C’è bisogno di una nuova legge, ha affermato con determinazione il presidente Scanu, per scongiurare che scelte strategiche paradossalmente trasformano il personale dell’Amministrazione della Difesa in una classe di lavoratori deboli o che umiliano i militari ammalati o morti per la mortificante sproporzione tra la dedizione dimostrata dal militare in attività altamente pericolose e la riluttanza istituzionale al tempestivo riconoscimento di congrui indennizzi.
“Non meno importante è la
seconda proposta di legge, viene precisato nella Premessa alla Relazione, parimenti ispirata dal lavoro della Commissione e diretta a integrare e modificare il codice dell’ambiente relativamente ai poligoni di tiro. Le criticità emerse dalle indagini sulla situazione ambientale inducono a prescrivere, tra l’altro, il monitoraggio continuo delle aree interne ed esterne ai poligoni e forme di controllo sulla gestione dell’attività di bonifica non dissimili da quelle previste per le aree industriali.
“A maggior ragione, si evidenza sempre nella Premessa, queste proposte di legge si rivelano di cruciale rilievo, ove si tenga presente che – come ha trovato conferma nel corso dell’inchiesta della Commissione - non appaiono sistematici gli interventi della magistratura penale a tutela della sicurezza e della salute del personale dell’Amministrazione della Difesa.
Il Presidente Scanu è stato chiaro: “In proposito, non possiamo nasconderci una realtà: vi sono zone del nostro Paese in cui non si celebrano affatto processi in materia, e altre in cui questi processi vengono avviati, a titolo di esempio, per omicidio colposo o lesioni personali colpose, ma successivamente le indagini risultano condotte con una tale lentezza o senza gli indispensabili approfondimenti, con la conseguenza che si concludono con il proscioglimento nel merito o per prescrizione del reato.
“La conseguenza è devastante, ha continuato il Parlametare. Si è diffuso un senso d’impunità, l’idea che le regole c’erano e ci sono, ma che si potevano e si possono violare senza incorrere in effettive responsabilità. E si è diffuso tra le vittime e i loro parenti un altrettanto devastante senso di giustizia negata.
“Sarebbe il momento di porre fine alle lamentele inconcludenti, e di passare dalle parole ai fatti. Dobbiamo, costruire una nuova organizzazione nel settore delle morti causate dal lavoro e dall’ambiente, una Procura della Repubblica nazionale, o quantomeno un’Agenzia nazionale, altamente specializzata e con competenza estesa a tutto il territorio nazionale.
Senza mezzi termini Scanu ha aggiunto: “Le tante Procure della Repubblica istituite in Italia –spesso procure di piccole dimensioni- non sono in grado di perseguire ipotesi di reato particolarmente complesse, quali quelle che possono verificarsi nel settore dell’ambiente e del lavoro, e ciò per difetto di specializzazione nella materia e per mancanza di esperienze pregresse sul campo.
Una Procura, o un’agenzia, nazionale sarebbe in grado di perseguire finalità basilari. Se ne indica una: porre rimedio all’attuale, fuorviante frammentazione delle indagini condotta nell’ambito di situazioni analoghe, quando non identiche, che si presentano in diversi luoghi del territorio nazionale. Ci si riferisce ai casi più eclatanti di tumori che si verificano tra il personale dell’Amministrazione della Difesa, e, dunque, a casi che non coinvolgono soltanto una circoscritta zona territoriale.
Ogni qualvolta esplode un’emergenza del genere, si avverte la necessità di una gestione unitaria del caso. Al contrario accade che o ogni singola Procura della Repubblica addirittura non valuti affatto il fenomeno, o che valuti autonomamente un solo aspetto difettando del quadro d’insieme, e non sia, pertanto, in grado di approfondire il fenomeno nella sua globalità.
Ogni Procura della Repubblica esamina un pezzetto della storia complessiva, e non ha la possibilità di ricomporre le diverse tessere in un mosaico coerente. Il risultato è che di rado si riesce a cogliere le effettive cause e le reali dimensioni del fenomeno, non sempre si riesce a comprenderne le ripercussioni profonde di tali ipotesi di reato sulla salute e sull’ambiente, troppo spesso le effettive responsabilità rimangono avvolte nel mistero. Come stupirsi allora se, ad esempio, le indagini su casi di tumori occorsi a personale dell’Amministrazione della Difesa esposto alla medesima noxa patogena si concludano in un certo luogo con una condanna e in altri luoghi nemmeno si aprano o finiscano con un’archiviazione?”
Uno degli importanti obiettivi raggiunti dalla Commissione è stato quello di concorrere all’approvazione di nuove norme in materia di vaccinazioni nelle Forze Armate, inserite nell’Articolo 206-bis del codice dell’ordinamento militare intitolato “
Profilassi vaccinale del personale militare”, modificato recentemente dal Governo il quale prevede che “
La Sanità militare può dichiarare indispensabile la somministrazione, secondo appositi protocolli, di specifiche profilassi vaccinali al personale militare per poterlo impiegare in particolari e individuate condizioni operative o di servizio, al fine di garantire la salute dei singoli e della collettività”, che “
Con decreto del Ministro della difesa adottato di concerto con il Ministro della salute sono approvati i protocolli sanitari di cui al comma 1 che recano altresì l'indicazione analitica degli adempimenti riferiti alle modalità di somministrazione dei vaccini, quali quelli di comporre il quadro anamnestico del paziente prima di iniziare le profilassi vaccinali e di registrare su apposita documentazione, anche elettronica, riferita a ciascun militare tutte le profilassi vaccinali adottate nei suoi confronti” ed infine che “
Se il militare dasottoporre a profilassi vaccinale rappresenta documentati motivi sanitari per non sottoporsi alla profilassi stessa, la valutazione di merito è rimessa alla commissione medica ospedaliera competente per territorio”.
Ecco il motivo per cui occorre leggere l’allegato documento diviso in due parti, la prima in cui vengono dettagliate le criticità con dichiarazioni testimoniali e prove documentali, comprendente: Un nuovo patto sulla sicurezza del lavoro; Un mondo assediato dai rischi; Gli organi di vigilanza: il problema della giurisdizione domestica; Il datore di Lavoro nel mondo militare; RSPP, medici competenti e organi tecnici operativi; La carenza nella valutazione dei rischi – DVR – DUVRI; I limiti della sorveglianza epidemiologica; Le insufficienze delle tutele assicurative. La seconda parte della Relazione è dedicata alle due proposte di legge.
Domenico Della Porta
Presidente Osservatorio Nazionale Malattie Occupazionali e Ambientali
Università degli Studi di Salerno
20 luglio 2017
© Riproduzione riservata
Altri articoli in Governo e Parlamento