Protesi mammarie difettose. Quale responsabilità per le istituzioni di certificazione CE? Il parere della Corte di Giustizia Europea
Il caso sollevata da una cittadina tedesca che si era fatta applicare protesi difettose fabbricate in Francia. La Corte ritiene che in presenza di indizi atti a suggerire che un dispositivo medico può non essere conforme ai requisiti posti dalla direttiva UE, l’organismo preposto alla valutazione della certificazione CE, deve adottare tutte le misure necessarie al fine di rispettare gli obblighi ad esso imposti ai sensi della Direttiva 93/42/CEE. LA SENTENZA.
21 FEB -
Il fatto. Nel 2008, la sig.ra Schmitt si è fatta applicare in Germania delle protesi mammarie fabbricate in Francia. Poiché nel 2010 le autorità francesi competenti hanno accertato che il fabbricante francese aveva prodotto protesi mammarie a base di silicone industriale non conforme agli standard di qualità, la sig.ra Schmitt si è fatta rimuovere le proprie protesi.
Nel frattempo, il fabbricante era fallito. La sig.ra Schmitt chiede ai giudici tedeschi la condanna della TÜV Rheinland, l’organismo incaricato dal fabbricante di valutare il suo sistema di qualità nell’ambito della certificazione CE, al risarcimento di un importo pari a EUR 40 000 a titolo di danno morale patito. Essa chiede inoltre che la TÜV sia dichiarata responsabile per qualsiasi danno materiale anche futuro.
A suo avviso, un esame dei documenti di trasporto e delle fatture avrebbe permesso alla TÜV di constatare che il fabbricante non aveva impiegato il silicone autorizzato. Secondo il Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia, Germania), affinché sorga la responsabilità della TÜV occorre che essa abbia violato una norma di protezione oppure un’obbligazione contrattuale.
Il coinvolgimento della Corte. Al fine di determinare se una siffatta violazione abbia avuto luogo, il Bundesgerichtshof chiede alla Corte di giustizia d’interpretare in via pregiudiziale* la normativa europea in tale settore, segnatamente, la direttiva 93/42 concernente i dispositivi medici.
Tale direttiva armonizza i requisiti che i dispositivi medici, quali le protesi mammarie, devono soddisfare affinché possano essere immessi in commercio.
Essa disciplina in particolare la procedura relativa alla dichiarazione di conformità CE nonché i compiti e gli obblighi degli organismi notificati nell’ambito di tale sistema di assicurazione di qualità.
Il parere della Corte. Con questa sentenza, la Corte risponde che, secondo tale direttiva, un organismo notificato che, come il TÜV, interviene nell’ambito della procedura relativa alla dichiarazione di conformità CE, non è tenuto, in via generale, ad effettuare ispezioni impreviste, a controllare i dispositivi e/o ad esaminare la documentazione commerciale del fabbricante. Nondimeno, in presenza di indizi atti a suggerire che un dispositivo medico può non essere conforme ai requisiti posti dalla direttiva, tale organismo deve adottare tutte le misure necessarie al fine di rispettare gli obblighi ad esso imposti ai sensi della Direttiva 93/42/CEE e successive modifiche.
La Corte dichiara inoltre che l’intervento dell’organismo notificato nell’ambito della procedura relativa alla dichiarazione di conformità CE è volto a proteggere i destinatari finali dei dispositivi medici.
Tuttavia, fanno parte del diritto nazionale le condizioni alle quali può insorgere la responsabilità del menzionato organismo nei confronti dei predetti destinatari per il colpevole inadempimento degli obblighi posti a suo carico dalla direttiva nell’ambito di tale procedura, fermi restando i principi di equivalenza e di effettività.
*Il rinvio pregiudiziale consente ai giudici degli Stati membri, nell'ambito di una controversia della quale sono investiti, di interpellare la Corte in merito all’interpretazione del diritto dell’Unione o alla validità di un atto dell’Unione. La Corte non risolve la controversia nazionale. Spetta al giudice nazionale risolvere la causa conformemente alla decisione della Corte. Tale decisione vincola egualmente gli altri giudici nazionali ai quali venga sottoposto un problema simile.
Fonte: Corte di giustizia europea
21 febbraio 2017
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