“Il Governo non tentenni. Sulla sanità si deve investire o il Ssn va a picco. Il personale è la priorità”. Intervista a Emilia Grazia De Biasi
di Cesare Fassari
All’indomani della presentazione del Def la presidente della Commissione Sanità del Senato lancia l’allarme sulla spesa sanitaria: “Con quelle proiezioni si confermerebbe un peso sul Pil tra i più bassi d’Europa”. “E poi serve chiarezza sui fondi per il contratto e sulle politiche che vogliamo per il personale. Non può continuare a diminuire: la quantità in sanità è anche qualità”
13 APR - La presidente della Commissione Sanità del Senato la Dem
Emilia Grazia De Biasi ha letto attentamente il Def 2016 varato venerdì scorso dal Governo. E non ha dubbi: “Quelle previsioni sulla spesa sanitaria fino al 2019 con un calo della sua incidenza sul Pil fino al 6,5% sono un problema. Di questo passo resteremo, come già siamo, il lumicino dell’Europa per la sanità pubblica”.
E i 2 miliardi in più promessi nel 2017? “Speriamo che ci siano, altrimenti il Ssn andrà a picco”. Ma non basta, a De Biasi è l’assenza di prospettive e idee chiare sul personale che proprio non va giù: “Oltre che fare i contratti, per i quali ancora non sappiamo a quanto ammontano le risorse, c’è un problema di numeri: non possiamo veder calare progressivamente gli operatori, e non parlo solo dei medici, senza rimpiazzo. In sanità la quantità è anche qualità”.
E poi corruzione in sanità, farmaci per l’epatite, la fascia C, il ddl responsabilità professionale, la riforma degli Ordini e della medicina territoriale. C’è molta carne al fuoco al momento ma non manca una battuta sul nuovo Senato delle Regioni: “Ben venga, il bicameralismo paritario blocca il Paese. Ma penso che i cittadini debbano dire la loro su chi andrà al nuovo Senato”.
Presidente De Biasi lei ha criticato fortemente quanto detto dal presidente dell’Anac Cantone la settimana scorsa al convegno sulla corruzione in sanità, perché?
Il punto è che servono moderazione nei commenti e correttezza dei dati. Non possiamo stare in un sistema che mette a sospetto di corruzione tutti gli operatori della sanità. Bisogna andare con i piedi di piombo e colpire in modo rigidissimo laddove si deve colpire, ma senza sparare nel mucchio. La lotta alla corruzione deve essere una lotta fermissima e in questo senso mi sembra va il protocollo firmato proprio da Cantone con il ministro Lorenzin. Noi stessi abbiamo audito Cantone, l’Agenas ha in campo un lavorio serio con Lucia Borsellino su questi temi. Sempre Cantone, nel corso dell’audizione presso la nostra Commissione, ha ben circoscritto i problemi che per la sanità si concentrano soprattutto in tre filoni: pulizie, qualche problema negli acquisti e attività funerarie. Su questi aspetti si sta intervenendo con provvedimenti ad hoc come il codice degli appalti. Ma il fatto che esistano questi problemi non ci può far dire che una Asl su tre è corrotta sulla base di un’indagine sulla percezione spalmata in un arco di cinque anni!
Ha letto il nuovo Def. Come le sembra? Per la sanità alcune cifre sono state fatte ma il quadro complessivo è ancora incerto.
Andrei alla sostanza dei problemi. Per esempio i contratti sono ancora per aria e c’è un’ulteriore diminuzione del personale. E il Def di risorse per il personale non parla. Temo la proiezione effettuata dal Mef per la spesa sanitaria dei prossimi anni che ci porterebbe a un’incidenza del 6,5% rispetto al Pil che ci confermerebbe un’incidenza tra le più basse in Europa.
Ma il Def sembra recepire l’intesa Stato regioni dell’11 febbraio che per il 2017 darebbe 2 miliardi in più alla sanità.
E’ vero. Ma alla fine ci saranno questi 2 miliardi? Non ho la sfera di cristallo, ma certo non posso che augurarmelo perché altrimenti la sanità pubblica andrà veramente a picco. E sarà una partita che vedrà le Regioni protagoniste, almeno me lo auguro, perché questa non è certo una partita che si potrà giocare solo tra Governo e Parlamento.
Da più parti si torna a sollecitare un aggancio vincolante della spesa sanitaria al Pil. Che ne pensa?
In una situazione che ha tanti variabili, tra cui quella europea non è proprio l’ultima, agganciare in modo rigido la sanità al Pil può ovviamente avere vantaggi ma anche svantaggi. Il tema è politico: dobbiamo capire se il Governo decide realmente di investire sulla sanità pubblica. Questo è il punto.
Torniamo al personale senza contratto e per il momento senza risorse.
E’ il tema centrale insieme a quello della dotazione di personale nel Ssn. Non è pensabile mantenere in piedi un sistema come quello italiano continuando a perdere operatori senza rimpiazzarli. Perché la quantità di personale è anche qualità del servizio. E non basta la stabilizzazione dei precari che in qualche modo si sta avviando dopo la messa in mora dell’Italia sull’orario di lavoro. Servono nuove risorse in tutte le professioni sanitarie, dai medici ai tecnici, compreso il personale amministrativo che dovrà affrontare le grandi sfide dell’informatizzazione del sistema e per questo va formato e valorizzato. Lo stesso vale anche per la grande scommessa della sanità territoriale che non possiamo continuare a pensare si possa trasformare solo a colpi di convenzioni con i medici. Serve un nuovo assetto che preveda forme istituzionali ad hoc per il territorio con una sua dirigenza pubblica dedicata e che sia messa alla pari con quella ospedaliera e con essa si coordini per una vera integrazione.
Dopo l’approvazione alla Camera del ddl sulla responsabilità professionale sembrava che il passaggio al Senato dovesse essere quasi una routine e invece stanno emergendo molte perplessità su diversi punti del testo. Che ne pensa?
E’ una seconda lettura a tutti gli effetti, non dimentichiamolo. E anche per questo abbiamo avviato una serie di audizioni ascoltando tutti quelli che volevano essere ascoltati, anche in seduta notturna, per non discriminare nessuna voce. Le criticità emerse in realtà erano già emerse alla Camera ma penso che possano essere risolte abbastanza agevolmente. Mi riferisco in particolare al ruolo della Corte dei Conti e alla titolarità delle linee guida. Su quest’ultimo punto la mia opinione personale è che le linee guida debbano far capo all’Istituto superiore di sanità. Ma vedremo gli emendamenti ormai prossimi. In ogni caso faremo presto perché questo è probabilmente il più importante disegno di legge sulla sanità di questa legislatura e ne sentiamo tutta la responsabilità.
Un’altra patata bollente nelle vostre mani è il ddl per la riforma degli ordini delle professioni sanitarie. A che punto siete? E a proposito ci sarà anche il riconoscimento degli osteopati e dei chiropratici?
Siamo in fase di chiusura. Ci sarà il riconoscimento degli osteopati e dei chiropratici che avranno un loro albo nell’ambito del neo Ordine dei Tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione. L’appello che faccio è che le professioni si mettano la mano sulla coscienza e capiscano che bisogna lavorare insieme. Non ci possono essere atteggiamenti timorosi verso “altre” professioni. In ogni caso spero che entro l’estate il ddl sia approvato. E si tratta di una legge importante, anche nei confronti dell’Europa e contro la piaga dell’abusivismo professionale.
Ieri sera a Ballarò un nuovo scontro tra i fautori della liberalizzazione dei farmaci della fascia C. Lei che ne pensa?
I farmaci di fascia con C devono restare in farmacia. Il farmaco non è una merce come le altre. D’altra parte conosco e condivido le preoccupazioni delle parafarmacie ma il problema non è quello della fascia C. Il problema è pensare a una diversa prospettiva per questi esercizi, anche alla luce dell’arrivo dei grandi capitali nel settore come previsto dal ddl concorrenza. Dobbiamo fare un ragionamento serio sulla missione delle parafarmacie. Chiedo al Governo di porsi il problema e di farsene carico, ammesso e non concesso che abbiano ancora una funzione come tali. Per questo lancio una provocazione: ma non è forse il caso di pensare a una loro trasformazione in farmacie a tutti gli effetti, anche con una sorta di sanatoria? E questo anche alla luce del nuovo ruolo che il Patto per la Salute affida alle farmacie come veri e propri servizi del Ssn. Non mi sembra ci sia spazio per altre tipologie in questo settore.
L’Aifa ha aggiornato i dati sui pazienti trattati con i nuovi farmaci per l’epatite C. Siamo arrivati a quasi 42mila. Ma le stime sui malati italiani variano tra i 500 mila e il milione. In sostanza ne abbiamo trattati, nel migliore dei casi, meno del 10%. Si può andare avanti così? Non serve una diversa politica di negoziazione dei prezzi?
Non penso che il problema stia nella negoziazione del prezzo. In una logica di prezzo/volume ritengo che il prezzo si abbasserebbe a prescindere. La soluzione sta nell’emendamento che presentai l’anno scorso in legge di stabilità rendendo autonomo il Fondo per l’innovazione rispetto alle dinamiche del tetto farmaceutico e contestualmente prevedendo un monitoraggio dei bisogni regione per regione. Dobbiamo partire da un dato certo della domanda di questi farmaci e anche sapere le modalità di erogazione attuali. Poi una volta nota la mappa va incrementato il fondo nazionale in base al fabbisogno. Questa è la via.
Presidente, ieri la Camera ha votato la fine del Senato così come lo conosciamo dalla nascita della Repubblica. Come si sente?
Benissimo. La fine del bicameralismo paritario è importante e non poteva non essere votata. Con l’attuale contesto costituzionale fare le leggi è diventato quasi impossibile con tempi di approvazione ormai inaccettabili per una società che viaggia a ritmi velocissimi. Ora attendo alla prova dei fatti la costituzione del nuovo Senato. Per il quale sarà importante vedere quali meccanismi elettorali saranno messi a punto e mi riferisco al come si procederà per la selezione dei nuovi senatori espressione delle Regioni. Il mio auspicio è che si trovi un meccanismo tale da far sì che il cittadino possa dire la sua. O prevedendo elenchi separati nelle schede elettorali regionali o prevedendo ad esempio che al Senato vadano i primi eletti delle varie liste. Insomma un sistema si può trovare agilmente ma l’importante è che il cittadino possa dire la sua anche nella formazione del nuovo Senato delle Regioni.
Cesare Fassari
13 aprile 2016
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