Eutanasia. Iniziato l’esame congiunto in commissione Giustizia e Affari Sociali
di G.R.
Avviato ieri l'esame delle proposte di legge Nicchi e abbinate, recanti norme in materia di eutanasia. Tra le novità principali, il medico che pratica l'eutanasia a seguito della dichiarazione anticipata da parte del paziente non è punibile. Previsto, per i pazienti, il diritto di rifiutare l'inizio e la prosecuzione di trattamenti sanitari. Proposta l'istituzione presso il Ministero della Salute di una commissione nazionale di valutazione e controllo.
04 MAR - Nella seduta di ieri le commissioni congiunte Giustizia e Affari Sociali hanno iniziato l'esame, in sede referente, delle proposte di legge
Nicchi e abbinate, recanti norme in materia di eutanasia.
Il relatore per la XII commissione,
Salvatore Capone (Pd), nel suo intervento, ha illustrato come all'articolo 3 della
proposta di legge C. 2973 Nicchi – dal contenuto pressoché identico a quello della
proposta di legge 2218 Di Salvo – venga disciplinata la
dichiarazione anticipata di trattamento, che può essere redatta per iscritto da ogni persona maggiorenne che tema di perdere la propria capacità di intendere e di volere, con cui il soggetto esprime la volontà che gli venga praticata l'eutanasia in presenza di alcune condizioni: una patologia grave ed incurabile con sofferenze fisiche o psichiche costanti e insopportabili; incapacità di intendere e di volere; diagnosi medica di patologia infausta con prognosi medica di irreversibilità. Nella dichiarazione anticipata sono indicate una o più persone di fiducia maggiorenni – che non possono essere il medico curante o quello consultato e i membri dell’équipe sanitaria – con il compito di informare il medico della volontà del paziente. Sono poi indicate le modalità in cui viene perfezionata la dichiarazione, che può essere ritirata e modificata in ogni momento.
Con regolamento del Ministro della salute, sono definite le modalità relative alla presentazione conservazione, conferma, ritiro e alla comunicazione della dichiarazione anticipata. Viene poi precisato che
il medico che pratica l'eutanasia a seguito della dichiarazione anticipata non è punibile se presta la propria opera alle condizioni stabilite dalla legge e se ha accertato la sussistenza delle medesime condizioni richieste per la compilazione della dichiarazione anticipata. Senza pregiudizio per le terapie che vorrà mettere a disposizione del paziente – prosegue Capone - il medico curante, prima di procedere all'eutanasia, è tenuto in ogni caso ai medesimi obblighi di consultazione di un altro medico o dell’équipe sanitaria, nonché di dialogo con la persona di fiducia del paziente, se nominata, e i familiari dello stesso, sulla volontà del paziente di essere sottoposto ad eutanasia. La dichiarazione anticipata, la documentazione relativa alla procedura seguita dal medico curante con i relativi risultati, il rapporto redatto dal medico o dai medici consultati sono inseriti nella cartella clinica del paziente.
Il deputato Pd osserva poi che all’articolo 4 si rescrive la registrazione di ogni atto medico finalizzato a praticare l'eutanasia. Un altro aspetto su cui Capone si è soffermato, nell'ambito della stessa proposta di legge, riguarda l'istituzione, presso il Ministero della salute, della
Commissione nazionale di controllo e di valutazione, disciplinata agli articoli da 5 a 9. È alla Commissione che l'articolo 6 rimette il compito di redigere un documento di registrazione che deve essere compilato dai medici curanti per ogni intervento di eutanasia da essi praticato.
L'articolo 7 descrive e disciplina gli adempimenti spettanti alla Commissione la quale esamina il documento di registrazione compilato e trasmesso dal medico curante e verifica se l'intervento di eutanasia è stato praticato secondo le condizioni previste dalla legge in esame. Nel caso di dubbio, la Commissione può chiedere di essere portata a conoscenza dell'identità del paziente e chiedere al medico curante la cartella clinica dell'intervento di eutanasia. Qualora rilevi la non conformità dell'intervento praticato alle condizioni previste dalla legge, la Commissione trasmette tutta la documentazione alla procura della Repubblica competente in relazione al luogo di decesso del paziente.
I successivi articoli 8 e 9 riguardano, rispettivamente, obblighi di informazione verso le Camere sull'attuazione della legge e le spese di funzionamento della predetta Commissione.
Capone è poi passato ad esaminare il contenuto della
proposta di legge C. 3336 Bechis, composta da un solo articolo, che garantisce ad ogni persona il
diritto di rifiutare l'inizio o la prosecuzione di trattamenti sanitari nonché ogni tipo di trattamento di sostegno vitale o terapia nutrizionale. Il personale medico e sanitario è tenuto a rispettare la volontà del paziente e non può dichiarare obiezione di coscienza. Il deputato dem ha reputato pertanto opportuno considerare tale imposizione verso il personale medico e sanitario nel quadro dei principi costituzionali. Al riguardo, fa presente che l'obiezione di coscienza consiste nel rifiuto individuale, pubblicamente espresso, di tenere il comportamento, imposto da un obbligo giuridico di fare, che la coscienza ritiene ingiusto in forza di una norma etica, religiosa, filosofica, sentita più vincolante della norma giuridica. Essa si concretizza nel “non fare” ciò che la legge impone di “fare”, per ragioni attinenti alla coscienza con efficacia imperativa. Rileva, al riguardo, che la Costituzione italiana, a differenza di altre Costituzioni (quali, ad esempio, quella tedesca), non prevede espressamente il diritto di obiezione di coscienza; ciò nonostante in dottrina risulta oggi prevalente l'interpretazione che riconosce l'obiezione di coscienza come un diritto costituzionalmente tutelato, che viene fondato sulla libertà di coscienza, ed implica il duplice diritto non solo di non ricevere imposizioni nella formazione dei propri convincimenti, ma anche di tenere comportamenti esterni secondo i dettami della propria coscienza, poiché è innanzitutto nelle manifestazioni esterne che deve estrinsecarsi la libertà giuridica di coscienza.
Viene, inoltre, rimessa ad un decreto del Ministro della salute – da emanare entro 180 giorni dall'entrata in vigore della legge – l'individuazione: delle procedure necessarie a garantire l'attuazione del diritto sopracitato eventualmente prevedendo la sostituzione del personale medico e sanitario che a in cura il paziente; della procedura idonea ad accertare l'espressione della volontà del paziente di cui sopra in modo pieno, libero, certo e consapevole; della procedura idonea alla raccolta, conservazione, accessibilità e variazione delle manifestazioni di volontà espresse in assenza di trattamenti sanitari, di sostegno vitale e di terapia nutrizionale da un soggetto sano che ha timore di perdere la propria capacità di intendere e di volere; di un soggetto responsabile del monitoraggio della corretta attuazione delle disposizioni con il compito di rimuovere gli ostacoli che si frappongono a tale attuazione, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Viene stabilito, inoltre, che
il personale medico e sanitario che non rispetta la volontà dei soggetti di esercitare il diritto di rifiuto delle cure nei modi indicati dal decreto di attuazione è tenuto, fermo restando le eventuali responsabilità di natura penale e civile, al risarcimento del danno morale e materiale provocato dal proprio comportamento. Le fattispecie penali previste dagli articoli 575 (omicidio), 579 (omicidio del consenziente), 580 (istigazione o aiuto al suicidio) e 593 (omissione di soccorso) del codice penale non si applicano al medico e al personale sanitario che hanno praticato trattamenti eutanasici, provocando la morte del paziente, purché quest'ultimo abbia espresso tale volontà nelle forme previste.
Fa presente, infine, che nella proposta in oggetto si prevede che la persona deceduta a seguito di un intervento di eutanasia praticato in conformità alle condizioni e alle procedure previste dalla legge in esame, è dichiarata deceduta di morte naturale a tutti gli effetti di legge.
Passando, poi, alla
proposta di legge C. 1582 (d'iniziativa popolare), il relatore per la commissione Giustizia,
Daniele Farina (Si-Sel), spiega come qui all’articolo 1 si attribuisce ad ogni cittadino la
facoltà di rifiutare l'inizio o la prosecuzione di trattamenti sanitari, nonché ogni tipo di trattamento vitale o terapia nutrizionale. Il personale medico e sanitario è tenuto a rispettare la volontà del paziente purché: provenga da un soggetto maggiorenne e che non si trovi, anche temporaneamente, in uno stato di incapacità di intendere e di volere; sia manifestata dall'interessato in modo inequivocabile, o, in caso di incapacità sopravvenuta, anche temporanea dello stesso, da persona nominata in precedenza, fiduciario per la manifestazione della volontà di cura, con atto scritto con sottoscrizione autenticata.
Farina ricorda poi che l'articolo 2 dispone che
il personale medico e sanitario che non rispetti la volontà manifestata nei modi di cui all'articolo 1, è tenuto al risarcimento del danno morale e materiale conseguente, in aggiunta ad ogni altra conseguenza civile o penale ravvisabile nei fatti. Fa presente, infine, che l'articolo 3 stabilisce che le disposizioni di cui agli articoli 575 (Omicidio), 579 (Omicidio del consenziente), 580 (Istigazione aiuto al suicidio) e 593 (Omissione di soccorso) del codice penale non si applicano al medico e al personale sanitario che hanno praticato trattamenti eutanasici, provocando la morte del paziente, purché ricorrano alcune condizioni, il cui rispetto deve essere attestato per iscritto dal medico e confermato dal responsabile della struttura sanitaria ove sarà praticato l'intervento: la richiesta, attuale ed accertata in modo inequivocabile, provenga dal paziente maggiorenne, che non si trovi, sia pure temporaneamente, in uno stato di incapacità di intendere e di volere; la richiesta sia motivata dal fatto che il paziente è affetto da una malattia portatrice di gravi sofferenze, inguaribile o con prognosi infausta inferiore a diciotto mesi; siano stati informati della richiesta anche i parenti entro il secondo grado ed il coniuge, messi nella possibilità di colloquiare con il paziente; il paziente sia stato congruamente ed adeguatamente informato delle sue condizioni e di tutte le possibili alternative terapeutiche e dei possibili sviluppi clinici e ne abbia discusso con il medico; il trattamento eutanasico rispetti la dignità del paziente e non provochi allo stesso sofferenze fisiche.
Giovanni Rodriquez
04 marzo 2016
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